14.

490 28 14
                                    

Nel buio di quella stanza, solo la mano di Niccolò parla per noi.
Si fa strada tra le lenzuola per cercare la mia e una volta trovata, la stinge fortissimo.

"È la prima volta che sono nel letto con un altro uomo dopo di lui, per di più con uno sconosciuto."
dico a bassa voce.
Sento Nic lasciare la presa della mia mano e voltarsi sul fianco verso di me.

"Io non ti sento come una sconosciuta." dice.

Sorrido al soffitto e voltandomi a mia volta mi soffermo a guardarlo bene.
Vorrei fosse lui.
Penso egoisticamente, ma al cuor non si comanda.

"Stai pensando a lui.. non è così?" mi chiede nic.

"Come lo sai?" rispondo agitandomi.

"Da come me ne hai parlato poco fa, ho immaginato che sia il tuo unico pensiero."

"Lo è stato per molto tempo.
Soprattutto quando era ancora in vita.."
dico accennando ad un sorriso per nascondere il dolore che provo nel dire questa frase.

""Ancora in vita""

"Posso farti una domanda?" mi chiede scrutando il mio volto, cercando di capire se fossi in grado di sostenerla.

"Vuoi sapere cos'è successo quella sera?" gli chiedo consapevole che la domanda fosse quella.
Voglio solo parlargliene.
Ne ho bisogno.

Niccolò rimane in silenzio ed aspetta che io prenda una decisione.
A questo punto mi metto seduta contro la parete e prendo coraggio

"Probabilmente volevi chiedermi altro, però voglio raccontarti di quella sera.
So che è sbagliato, so che ti sto chiedendo tanto, molto più di quello che si può pretendere da una persona appena conosciuta, ma ho davvero bisogno di raccontarlo a qualcuno ed evidentemente tu sei quella persona.
Non ne ho mai parlato con nessuno, se non con i poliziotti che mi hanno interrogata la mattina seguente all'accaduto.
Nei mesi successivi mi volevano portare da uno strizza cervelli per "aiutarmi a superare il trauma";
come se fosse possibile."
accenno ad un sorriso sarcastico.

"Non ci sono mai andata.
I miei genitori mi pregavano di andarci o almeno di parlarne con loro, ma in realtà speravano solo che io parlassi.
Di qualsiasi cosa, dato che avevo smesso di farlo.
Avevo smesso di mangiare
O di dormire
O di sognare
O di ridere
O di piangere.
Avevo smesso di funzionare molto semplicemente.
Mi sono trasferita qui a Roma con un unico obbiettivo:
tornare a vivere.
Lo facevo per me stessa, per la mia famiglia, ma soprattutto per lui anche se in realtà non facevo altro che detestarlo ogni giorno sempre di più.
Arrivata qui, ho ripreso in mano la mia vita e da sola sono riuscita a rianimarmi.
Sogno ancora di rivivere quel momento, però a volte se mi concentro riesco a cambiarne il finale."
Il suono della mia voce rimbomba nelle mie orecchie.
Questa volta le lacrime non ci sono.
Niccolò ascolta le mie parole come se fossero sacre.
Guarda le mie mani che tremolano e giocherellano con il bordo della maglia.

"Non piangerò nel raccontarti come si è tolto la vita, ma piangerò sempre se ti dovrò raccontare di lui."
dico con la voce spezzata.
Respiro profondamente e faccio un grande sospiro prima di riprendere a parlare.

"Come ti ho già raccontato, quella sera sono andata a casa sua e l'ho trovato in condizioni pietose su quel divano dove per anni avevamo fatto l'amore tra una risata e un pianto.
Appena mi resi conto che era strafatto, non ci capii più nulla.
Hai presente quella sensazione che percepisci quando sei ubriaco e la stanza non vuole fermarsi?
Ecco, io mi sentivo così, persa in quella stanza.
Mi ricordo che iniziai ad urlargli contro con tutto l'odio che avevo.
Lui mi aveva promesso di essere pronto a migliorare.
Voleva imparare a vedere la vita come una sua amica e non come una nemica.
Parlava di voler crescere e maturare per me, perché diceva che io mi meritavo un uomo tale."
Guardo Niccolò e mi accorgo che non riesce a guardarmi negli occhi così decido di posare la mia mano sulla sua gamba, per cercare la sua attenzione.
Appena lo sfioro, i suoi occhi si spostarono prima sulla mano e poi su di me.
Lo guardo un secondo prima di togliere la mano e riprendere a parlare.

"Lui stava immobile.
Non disse una parola per tutto il tempo che parlai.
Guardava fuori la luna.
Una lacrima gli scese sul volto.
Tutto qui."
Inizio a giocherellare con l'anello che indossavo sul dito medio.

"Infuriata, uscii da casa sua sbattendo la porta e pochi istanti dopo la sentii riaprisi dietro di me.
Il suono della sua voce mi fece gelare il sangue..
Le sue parole sono ancora incise nella mia mente.
"Ti amo Ev e tu ami me.
Questo è quello che conta per me, lo sai Ev?
Vieni qui, dai, siediti vicino a me.
Ev dove vai?
Su, parliamone.
Ev vieni qui.
Ev.. ti ho detto di venire qui.
EV CAZZO!"
Queste furono le sue esatte parole.
Voleva che mi sedessi vicino a lui sulle scale, voleva che gli parlassi in modo "civile", voleva che lo capissi e che lo amassi, voleva che restassi..
ma io non l'ho fatto
e ora

...ne pago le conseguenze."

Chiudo gli occhi e posso ancora vedere il suo viso.
Sorrido mentre il cuore mi piange.

"Non hai colpe per essertene andata quella sera."
Interrompe il mio silenzio Niccolò.

"Anche io me lo sono detta tante volte nic, ma non è così.
La colpa c'è l'ho eccome.
Quando mi disse quelle parole io lo guardai trasformarsi in qualcuno che non conoscevo.
Era arrabbiato, molto.
Mi ricordo che mi faceva paura vederlo così.
Glielo dissi e lui mi guardò dritto negli occhi.
Il silenzio più assoluto ci assalì e nei suoi occhi vidi tutta la tristezza e il dolore che si portava sulle spalle da tempo.
Volevo abbracciarlo, dirgli che le cose si sarebbero sistemate e che anche se la vita era stata crudele con lui, io invece ero stata buona, così buona da avergli dato la mia in regalo, ma non lo feci.
Cerco ancora oggi di convincermi che i miei occhi l'abbiano fatto per me.

Dopo qualche istante mi voltai e continuai a scendere gli scalini senza fermarmi, aprii la porta del palazzo e uscii in strada.
Camminavo veloce lungo il marciapiede e mentre le lacrime mi scendevano pensavo a quello che avrei potuto dirgli o fare per aiutarlo.
Nulla sembrava andare bene.
Ero talmente nervosa e in preda alle mie emozioni che non mi accorsi che mi stava seguendo per tutto quel tempo.
Me ne accorsi solo quando mi prese il polso e mi tirò a se.
"Ev, possiamo tornare a casa.
Per Favore?" mi disse mentre singhiozzava; sembrava un bambino spaventato.
Non potevo vederlo così e non volevo più sentirmi come mi stavo sentendo, per questo decisi di tornare indietro con lui, ma se solo avessi saputo cosa sarebbe successo dopo....

Beh, non sarei mai tornata."

Sono tornata!
Vi devo delle scuse.. sono mesi che non scrivo un capitolo nuovo, ma ho avuto mille problemi e con l'università mi sono distratta completamente.
Ringrazio tutti per i feedback positivi nonostante l'assenza.
Spero vi piaccia questo capitolo, fatemelo sapere lasciando una stellina.
Un bacio,
xF🍓

Niente di più stupido di sognare// Niccolò Moriconi - UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora