L'incontro

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CAPITOLO 1
L'incontro

CAPITOLO 1 L'incontro

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Eleonora:

Esisteranno storie che risuoneranno nella memoria di ognuno di noi, definendoci, rammentandoci chi eravamo, e perché giungemmo a tanto...

La danza fu la massima espressione della comunicazione non verbale, a parlarmi. Affascinata di come il ballo narrasse vicende fiabesche; in particolare quelle de: "Lo Schiaccianoci". Un balletto eseguito in due atti: tra realtà e sogno, raccontando l'agognato desiderio di crescere, le paure legate all'età adulta, la nostalgia della fanciullezza persa, e i turbamenti dell'esistenza umana; regalando allo spettatore la speranza, e la volontà di superare avversità erranti, malgrado i pericoli.

Era un'afosa mattinata di ferragosto e mia sorella si sposava. Aspettava questo momento da molto tempo, eppure Irina era tutto fuorché entusiasta di questo; anzi, in lei c'era nervosismo e agitazione. Non aveva ancora indossato l'abito bianco – e non sembrava intenzionata a metterselo tanto presto – steso inerme e lasciato incurante sul letto matrimoniale, accanto a me, a osservarla intimorita.

La stanza in stile coloniale rendeva il giusto sfondo di drammaticità alla scena a cui assistevo con preoccupato interesse. Seduta rigidamente sulle sponde del materasso, guardai apprensiva l'orologio da polso della sposa, abbandonato sulle coperte, accanto a me. Erano quasi le 10: 00 e la cerimonia sarebbe iniziata alle 11: 00.

Mia sorella doveva sbrigarsi.

«Rina...», pronunciai appena, esitante se proseguire o no. Lei mi interruppe all'istante alzando una mano smaltata di bordeaux. Richiamava il colore del mio abito da damigella d'onore – per i miei gusti alquanto succinto – una versione semplice del vestito da sposa. Dubitavo che il sacerdote della chiesa lo apprezzasse, ma quello non era il momento adatto per rifletterci. Le lancette ticchettavano inesorabili, incidendo ogni secondo del piccolo riquadro di marca, divorandosi tempo prezioso. Tempo che lei stava sprecando. Continuava a muoversi avanti e indietro per l'intera stanza come se fosse stata una trottola impazzita, anzi indemoniata: la vestaglia, ancora stretta in vita, la chioma bionda, da fissare, e i piedi scalzi, freschi di pedicure.

Corrugai la fronte. Non capivo il suo strano atteggiamento e non sapevo che fare, finché qualcuno non bussò alla porta e una donna, bellissima, si presentò sulla soglia. Era vestita con un elegante tubino a scacchi, tacchi vertiginosi ai piedi – che la rendevano ancora più alta e magra di quanto già non fosse – e un elegante cappello, intonato all'abito, restituivano la visione di una diva retrò. Dimostrava all'incirca quarant'anni, sfoggiava un'acconciatura fiammeggiante, e lo sguardo nocciola. Pesantemente truccata e agghindata, era senz'altro abituata a presentarsi in tutta la sua gloriosa avvenenza. Nel posare lo sguardo su di me però, le sopracciglia si contrassero e la sua espressione divenne fredda e severa. «Lei cosa ci fa qui?!», tuonò glaciale, provocandomi un sussulto. Una domanda formulata come se fosse stata un'accusa. Parlava di me con tono sprezzante, ignorando la mia presenza.

Vol 1 // XXX - PERVERSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora