Proposta Indecente

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CAPITOLO 5
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Eleonora:

Rimasi esterrefatta da tale comportamento. Lo studiai di sottecchi, critica nei suoi riguardi quanto affascinata. Dmitri appariva incomprensibile: era un eroe oppure un vile?

Tornai ad assistere alla scenata di pocanzi con svogliatezza. Mio padre e la sua ex moglie iniziarono a ignorarsi per la felicità della sposa. Chissà perché si detestavano tanto? Eppure si erano amati, un tempo.

Confusa, provai a distrarmi dai miei dilemmi, applicandomi su altro: il cibo. Deglutii la poca saliva accumulatasi in bocca, e di nuovo a disagio. Il primo piatto che venne presentato fu un semplice antipasto di melone, accompagnato da un paio di fettine di prosciutto crudo. La variante prevedeva sedano avvolto in una fettina di salmone.

Avevo l'imbarazzo della scelta, ma se avessi potuto, avrei evitato entrambe le portate. Gli invitati incominciarono a chiacchierare, dimenticandosi presto della vicenda avvenuta, e compiendo brindisi con spumante importato dal nord Italia.

I festeggiamenti dedicati ai novelli sposi proseguirono senza intoppi. Ero davvero felice per loro nonostante io non lo fossi per me. Le ragioni si sprecavano e tra queste, c'era la nutrizione. Avevo disturbi del comportamento alimentare di vario genere da qualche anno, ormai. Il rapporto conflittuale coi carboidrati, la frutta zuccherina, la carne rossa e, mangiare assieme a tutte quelle persone, in parte sconosciute, erano un qualcosa che faticavo a digerire. Se mai avessi confessato questa mia colpa, avrei potuto incriminare la disciplina che praticavo. Era un dato di fatto che l'anoressia, e i DCA, fossero diffusi nel mondo tersicoreo: nel periodo formativo, in cui il giudizio per il talento e le capacità artistiche per il balletto erano strettamente legate alla massa corporea, mantenere il fisico leggero, agile, e snodato, era quasi inevitabile cascare nel controllo alimentare. Mi sottoponevo a diete forzate, costante esercizio fisico, e digiuno, il più delle volte. La competitività era spietata, dopotutto.

Dopo un tempo che mi parve infinito, nel fissare quell'esimia pietanza, mi decisi ad afferrare le posate. La parte della mia vita che detestavo di più era fingere appetito, sbarazzarsi di ciò che non mangiavo, rotolando nei tovaglioli i tristi resti, e nasconderli nella borsetta con discrezione. In un secondo momento avrei scaricato il tutto nello sciacquone del water. Mi affrettai a infilzare la forchetta nel melone, pronta a recitare la mia parte, quando venni colpita una seconda volta. Sussultai per il dolore, e alzai lo sguardo su Dmitri. Fingeva di piluccare tranquillo, elegante e posato nell'addentare, uno dietro l'altro, boccone dopo boccone. Corrugai le sopracciglia, afflitta.

Che invidia.

Abbassai la mancina, massaggiandomi lo stinco dolorante. Se l'intento era quello di mettermi a disagio di proposito, era la perfidia in persona.  Preoccupata, guardai la signora Ivanov – temendo altre ripercussioni – e scorgendo quanto si somigliassero. Le pose, l'espressione, la postura... avrei potuto fare un elenco infinito. Si vedeva che erano mamma e figlio. Il signor Ivanov non era venuto con loro, quindi non avrei saputo dire con certezza cosa avesse ereditato dal padre. Sicuramente non la galanteria visto che non la possedeva. Come se avesse potuto leggere nel pensiero, sentii un altro calcio e lui alzò lo sguardo, sfidandomi in silenzio a fermarlo. Si comportava come un bulletto delle scuole medie, e chi ero io per essergli superiore? Crucciata, ricambiai il calcio, nottando sul suo viso l'esatto momento in cui provò sorpresa più che sofferenza. Intimorita da lui, strisciai la sedia indietro di qualche centimetro, convinto che si sarebbe vendicato. La sua espressione era decisa. La mia per niente. Persa in stupidi ragionamenti, e congelata dall'ansia, rimasi immobile. Io, a differenza di Irina e del fratello, non ero affatto una persona intrepida, non lo ero mai stata. Nemmeno una volta. Io, ero io.

Vol 1 // XXX - PERVERSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora