Pensieri Impuri

13.4K 349 68
                                    

CAPITOLO 2
Pensieri Impuri

CAPITOLO 2 Pensieri Impuri

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Dmitri:

Un antico proverbio italiano recitava: "Al peggio non c'è mai fine". Io preferivo quello russo, più adatto alla situazione: "Я ненавидел ее. на худой конец"*.

Mi ritrovai disgustato e affascinato dalla sorella di mia sorella – che stupido gioco di parole –sconvolta dalla mia provocazione. Provenivamo da culture, e ceti sociali, diversi, eppure mi sarei aspettato uno schiaffo, o una spinta per allontanarmi, come avrebbe fatto qualsiasi ragazza dotata di buon senso, offesa da attenzioni fin troppo intime e invadenti; invece lei non aveva mosso un solo dito contro di me. Seduta a bordo del materasso, con uno sguardo scioccato, perso nel vuoto della stanza, restò immobile. Parve una bambola, inanime e priva di vita, adagiata in un angolo della camera per essere osservata. Era bella – agghindate a festa lo sembravano tutte – e passiva.

Mi leccai il labbro superiore inarcato in un ghigno felino, lasciando tintinnare il piercing alla lingua, allettato da una malsana idea.

Ci volle tutto il mio autocontrollo per riprendere la situazione in mano. Eleonora dovette accorgersene perché tornò a guardarmi con espressione assente, da cerbiatto smarrito. Socchiusi gli occhi e affinai lo sguardo. Cominciava a piacermi: pregustare una piccola vendetta sulla principessina di papà... Era figlia di un verme viscido, dopotutto.

«Irina, dovresti iniziare a prepararti. Non per metterti fretta, ma ti sposi fra poco meno di un'ora», annunciai ancora sovrappensiero, oscillando l'oggetto che avevo afferrato in precedenza e mostrandole l'ora tarda.

La sposa si agitò più di prima, allontanandomi per vestirsi e acconciarsi con l'aiuto di quella ragazzina. Anzi, quasi mi prese a calci in culo per cacciarmi fuori. Fu necessario l'aiuto di altre volontarie per ottimizzare i tempi.

Rivolsi un'ultima occhiata a Nora, divertito dal misero tentativo di nascondersi dietro Irina. Ero sempre più tentato...

Mi tolsi la giacca e arrotolai le maniche della camicia fino ai gomiti, svelando all'interno dell'avambraccio sinistro il mio tatuaggio in stile giapponese. Due carpe che si rincorrevano, inchiostrato di tre colori diversi: rosso, bianco e nero. Raggiunsi mia madre appoggiata al muro esterno, fuori dalla chiesa, con delle grosse lenti scure a coprirle parte del viso. Fumava una sigaretta, segno che era molto nervosa. Irina l'avrà sgridata per qualcosa che avrà fatto o detto prima del mio arrivo. La ghiaia scricchiolava a ogni passo, e in lontananza, udivo le onde del mare infrangersi sugli scogli biancastri della Puglia. L'odore di salsedine, rendeva tutto più suggestivo mentre i raggi solari bagnavano con la loro luce il panorama circostante. Il paesaggio rurale dell'Italia meridionale lasciava senza fiato – o forse questo era causato dal forte caldo. Un sole così cocente non esisteva in Russia. «Не будь злой мама», la presi in giro. Non provavo alcuna pena per lei, mi dissi, nascondendo il principio di un sorriso. A stento non le risi in faccia.

Non essere arrabbiata, mamma.

Lei assunse una smorfia: «Dima, иичего не говори я не хочу слушать твой голос», rispose arrabbiata, tirando un'altra boccata fumosa. Amava dare il peggio di sé, comportandosi alla pari di una ragazzina viziata e, come tale, bisognava trattarla, a volte.

Dima, non dire nulla. Non ho voglia di ascoltare la tua voce.

La ignorai ed entrai nella cattedrale di paese per cercare riparo dalla calura soffocante. Le pareti, affrescate da dipinti sacri e abbellite da statue angeliche, erano motivo di ammirazione e stupore per la calca d'invitati. Invasori di quel posto benedetto dall'ombra. Non riuscii nemmeno a compiere qualche passo lontano dal pubblico che, nel presbiterio, intravidi Samuel – lo sposo – chiacchierare col testimone di nozze, uno dei suoi quaranta cugini. Nel vedermi, smise di dialogare all'istante e, per mia sfortuna, venne ad accogliermi. Prima che potessi evitarlo mi abbracciò con vigore, causandomi una fastidiosa orticaria. Detestavo essere toccato quando non lo volevo. Astioso al contatto umano, lo scostai un poco. Пожалуйста уйди.

Per favore, va' via.

«Finalmente sei arrivato, che bello averti qui, sono così agitato! Porti buone notizie, come sta Rina?», mi chiese entusiasta. Gli brillavano gli occhi e non riusciva a smettere di sorridere. Se fosse stato una cane, avrebbe scodinzolato e saltellato contento. Magari con un osso in bocca.

Che cosa strana l'amore, meditai. Un sentimento instabile che paragonavo a un morbo incurabile. Per fortuna non lo avevo mai contratto. Non volevo ammalarmi di quello schifo. «Bionda come al solito», commentai ironico. Celavo riflessioni ciniche dietro a battutine disinteressate, «Conosci Irina, stai per sposarla tu e non qualcun altro, perciò calmati. Si sta ancora preparando. È in ritardo, come suo solito». Non amavo conversare, ma ci tenevo a mia sorella e lei, amava Sam. N'era infetta. Отвратительный.

Disgustoso.

Disgustoso

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Vol 1 // XXX - PERVERSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora