Goloso

10.8K 291 49
                                    

CAPITOLO 10

Goloso

Dimitri:

Sotto il suo sguardo attonito le porsi il tubino nero: «Dovrebbe essere della tua misura», affermai. Sapevo d'aver centrato la taglia giusta, avevo occhio per i dettagli. Soprattutto per i fisici femminili.

Eleonora sbiancò in volto e sgranò gli occhi di nero inchiostro. I capelli raccolti dietro la nuca, risaltavano il viso livido di paura. Indietreggiò fino al lavabo, urtandolo con la schiena. «C-Che cosa vuoi fare?», balbettò con voce tenorile e velata dall'ansia.

Mi avvicinai a lei con tutta la calma possibile, braccandola con le spalle al muro. Non avevo alcuna fretta e volevo godermi ogni attimo. Quando le fui di nuovo vicino, mi chinai per osservarla meglio. Mi leccai le labbra, sapendo che avrebbe assistito inerme a ciò che le avrei fatto. «Non gridare, voglio solo assaporarti un'altra volta», sussurrai maliardo. Non saremmo stati disturbati da nessuno, e incuterle tutto quel terrore, mi esaltava.

La sollevai di peso e la deposi sul lavabo del bagno, cingendola con un braccio, mentre con l'altro le strattonavo lo chignon verso il basso, disfacendolo. La sorella di mia sorella – faceva ancora uno strano effetto formulare quel pensiero – gemette di dolore, inarcando il collo proprio come desideravo. L'acconciatura, già rovinata, si districò e io sogghignai soddisfatto, incominciando a leccare la sua carne esposta. All'inizio solo dove c'erano pezzi di dolce, provocandole brividi d'estasi grazie al piercing alla lingua ed infine, anche sul decolté, scendendo sempre più giù con le labbra. Strofinai il naso sulla sua clavicola esterna, quella sinistra. Il profumo di Nora mischiato a quello della crema pasticcera e panna, era una miscela paradisiaca. Percepivo le sue esili dita affondarmi nel tessuto della camicia, ancorate alle mie spalle come se dovesse stare a galla nell'aria. Le unghie calcavano la pelle, donandomi una dolce e lenta agonia, fitte di piacere e brividi incontrollati. Sentii anche il suo corpo sussultare a ogni toco di labbra nonostante non pesasse nulla. Era morbida e snella... peccato per torace acerbo. Lasciai andare la folta chioma corvina, solo per scostarle una spallina del vestito bordeaux, scoprendole un seno. Quello sì che sarebbe stato dolce. Me lo misi tutto in bocca, aveva una bella forma ed era più chiaro del resto del corpo. La sentii ansimare e riprendere fiato come fosse stata in apnea, mentre le succhiavo avidamente un capezzolo roseo, al punto di addentarlo. Aveva un sapore particolare, tra bagnoschiuma e l'odore esotico, rovente a contatto con la mia lingua. Non potevo farle un succhiotto sul collo, ma nulla mi vietava dal non farlo in un altro punto coperto dal tessuto. Le scoprii anche l'altro, trovandolo delizioso quanto il primo, e affondando la faccia nel suo petto. Il tumulto del suo cuore era fragoroso e incessante. Quando terminai di stuzzicarle i capezzoli con la lingua, ne accarezzai uno col pollice, sapendo ch'era molto sensibile al tatto. Ammirandoli entrambi notai che aveva le aureole pallide, in armonia con il resto del suo incarnato esangue. Le chiazze purpuree, contrastavano sull'incarnato, spiccando come gocce di sangue sulla neve fresca.

Eleonora non provò a respingermi, anzi, rimase aggrappata alle mie spalle, a riprendere fiato. E non lo permisi.

La baciai in modo brusco, togliendole quel poco di respiro che l'era rimasto, ansante dalla carenza di ossigeno. Non gridò, proprio come le avevo ordinato. Sapevo che mi avrebbe assecondato. Percepii il fisico, incollato al mio, fremere ancora una volta dall'eccitazione. Ormai sapevo riconoscere certi segnali e le sollevai l'orlo della gonna, sfiorandole appena le mutandine in cotone. «N-Non possiamo...», mugugnò fra un morso e l'altro, anelando aria con disperazione. E aveva ragione. Non dovevamo, eppure non volevamo fermarci. Intrisi di lussuria, la nostra frenesia divenne implacabile. Forse era tutto quell'odio represso a scatenare impeti di brama tale, da ignorare i divieti famigliari e infilarle la mano nel suo intimo.

Ansimò con forza e col mio nome sulla punta delle labbra, sillabandolo senza voce. Labbra gonfie e tumide, di un colore che ricordava il sangue. Ogni parte di lei aveva una bella forma; persino la vulva: fradicia dei suoi umori, bollente e incredibilmente stretta.

La volevo. La volevo nuda e tutta per me. E questo fu il primo segnale d'allarme.

Stavolta, fui io a trattenere il fiato e reprimere ogni impulso, respingendola. Imposi un certo autocontrollo, soffocando ogni malsana intenzione. Mi allontanai dal suo esile corpo, voglioso quanto il mio, con gesti bruschi e sgraziati. Perse l'equilibrio, inciampando sul pavimento e cadendo in ginocchio difronte a me.

Che ironia, pensai. Mi toccai il pacco attraverso il tessuto dei pantaloni – per sistemarlo nella posizione migliore dentro ai boxer. Non era il momento neanche per quello.

Affannata, provò a rialzarsi, affaticata nel restare in piedi. Traballava ancora sui suoi tacchi alti, aggrappandosi al lavandino per aiutarsi. Era tenera, innocente, e l'espressione da cerbiatto spaventato le donava più di un bel vestito addosso. Infilai le dita in bocca. Quelle con cui l'avevo accarezzata dentro le mutandine e ne gustai la linfa viscosa. Aveva la sostanza del nettare e il sapore che ricordava un dolcificante naturale: la polpa succosa di un frutto maturo. Un frutto proibito.

Вкусные.

Gustoso.

Vol 1 // XXX - PERVERSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora