Imprevisti

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CAPITOLO 8

Imprevisti

Dmitri:

Trattenni un risolino. Quella ragazzina era esilarante. Ero così divertito dal suo buffo comportamento, che trascurai mia madre. Lei, una donna imprevedibile, si alzò in piedi, sollevando sopra le nostre teste il suo calice di cristallo: «Propongo l'ultimo brindisi unanime ai festeggiati e a questi festeggiamenti. Che possano avere tutto ciò che vogliono dalla vita e che abbiano quello che io non ho mai avuto, un matrimonio felice», proclamò. Seguii a ruota la ragazzina maldestra, tossendo nell'ascoltarla, e prevedendo altri guai in vista.

Prima che potessi preannunciare qualsiasi possibile risultato finale, e intervenire di conseguenza, il padre di Eleonora borbottò: «Arpia», e la mamma, nell'ascoltarlo, gli svuotò il bicchiere addosso. A quel punto anche la signora Astrofiamma perse le staffe, gettando una forchettata di torta sull'abito della mamma.

Cyka Blyat!*

Quella fu l'ultima goccia – di spumante, per essere ironici – ad annunciare la guerra aperta. I pochi bambini presenti, iniziarono a tirare pezzi di dolce ai rispettivi genitori e, in pochissimo tempo, divenne un'agguerrita battaglia di cibo, sfuggita al controllo di tutti. In un momento di lucidità, scansando ospiti armati di posate e famigliari alla riscossa, scorsi Eleonora nascondersi sotto al tavolo, evitando la calca battagliera. La raggiunsi anch'io, trovandola rannicchiata in posizione fetale. Parve timorata dalla confusione generale, assumendo le fattezze d'una bambina impaurita. Per parlarle fui costretto a incurvare la schiena e il collo: «Ma che fai, ti rifugi qui sotto?! Sei ridicola».

«E tu sei crudele, perché mi hai baciata?!», sbottò, rossa per l'imbarazzo.

Quindi aveva qualcosa che si avvicinava a del carattere.

Nel sollevare il capo, si ritrovò il mio a un palmo dal naso, piantandomi i suoi occhi addosso. C'era una certa complicità fisica fra di noi; qualcosa che si poteva percepire a fior di pelle. Invece di risponderle, avvicinai il volto al suo, con l'intento di morderla. L'odio contribuiva ad accrescere il desiderio. «Perché tu l'hai permesso», mormorai a un soffio dalla sua bocca, sconvolgendola ancora una volta, e lasciandola retrocedere a una spanna da me.

Samuel, lo sposo, si inginocchiò al suolo, in cerca di riparo, esausto e macchiato di panna, con pezzi di pandispagna attaccati alla giacca, ignaro di ciò ch'era appena accaduto.

«Dobbiamo fermarli!», intervenne, ma faticai a trattenere le risa. L'ilarità della situazione restituiva una visione comica all'insieme.

«No, non dobbiamo», celiai in tono sagace. La giornata sfiorava l'assurdo, e questo mi divertiva. La giovane Astrofiamma mi rivolse un'occhiata preoccupata, ascoltando le urla e le grida, simili a quelle dei piccoli. Si strinse le ginocchia al petto, timorata dal caos.

Sotto alla grande tavolata si aggiunse nostra sorella, imbrattata di torta e spumante. Di bene in meglio.

Entrambi gli sposi erano una visione alquanto tragicomica, ma sapevo bene che nessuno dei due lo trovava divertente quanto me... soprattutto se il matrimonio rovinato era il loro. «Perfetto, la cerimonia è ufficialmente un disastro. Lo sapevo che non avrei dovuto invitare tutta la mia famiglia e i loro dannati amici accasati. Dovevo sposarti solo in presenza di pochi intimi!» si lamentò col marito. Lui, dal canto suo, stava fallendo miseramente nel vano tentativo di consolarla.

Scoppiai in una fragorosa risata, incapace di trattenerla ancora: «Rina, Расслабься и наслаждайся».

Rina, rilassati e divertiti.

Mia sorella mi diede un pizzico sulla guancia destra, risentita. Ricordava nostra madre quando se la prendeva sul personale: «Хватит смеяться надо мной, Dima!» mi rimproverò, assumendo un broncio infantile.

Smettila di ridere di me, Dima! Ecco, per l'appunto.

Era sull'orlo di una crisi di nervi e la nostra lingua madre non aiutava i presenti a intuirlo – anche se non era difficile presumerlo. Samuel e la ragazzina si scambiarono uno sguardo di circostanza. Estranei al russo quanto potevo esserlo io col romanticismo.

«Dobbiamo uscire fuori, allo scoperto, e fermare questa bambinata colossale, e alla svelta, oppure il proprietario del ristorante ci sbatterà fuori di qui a calci nel sedere», aggiunse lo sposo, aiutando la moglie e la damigella a uscire allo scoperto, mentre la battaglia a colpi di dolce proseguiva imperterrita. Avrebbe anche continuato a intrattenermi se non fosse stato per le lacrime di Irina. Erano il mio punto debole.

Salii s'una sedia vicina, per attirare l'attenzione dei presenti, e cominciai ad applaudire. Prima lentamente, poi sempre più forte, finché l'unico rumore in sala furono le mie mani che si schiaffeggiavano a vicenda. Una mossa semplice, ma efficace: «Bravi, complimenti a tutti. Sono rimasto illeso dai vostri gesti, non certo dalla vostra stupidità. Dovreste guardarvi e farvi schifo». Guardai il mare di gente, ammutolita ed immobile, fissarmi come degli allocchi. Non ce n'era uno che non fosse compromesso o macchiato di torta nuziale.

Anche la sposa si armò di coraggio: «Sono disgustata da tutti voi», proclamò, incenerendoli tutti con un'espressione astiosa e che non ammetteva repliche: Vieni con me Eleonora, accompagnami in bagno. Ti sei sporcata il vestito anche tu per colpa di questa marmaglia». A quelle parole, piccate, mi voltai nella loro direzione, notando con stupore che anche lei era stata colpita. Il decolté imbrattato di crema pasticcera e panna era diventato il punto focale del mio interesse.

Sogghignai. Ero ghiotto di dolci.

*Cyka Blyat: è un'imprecazione in russo intraducibile in italiano.

Vol 1 // XXX - PERVERSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora