Riflessione

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CAPITOLO 7

Riflessione

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Eleonora:

Il sole, ancora alto nel cielo, era stato l'unico spettatore silente. Dmitri offriva qualcosa che andava ben oltre al mero intrattenimento. La mia fervida immaginazione galoppava in un susseguirsi di sogni, e illusioni, costruiti su fantasie oscene, ricordi onirici, e immagini di noi due avvinti. Le gote si tinsero di un verginale rossore e la bocca divenne arida e secca. Rientrai dentro con un nodo in gola e una sensazione sgradevole in corpo peggiore di prima – il ché era tutto dire.

Era una situazione incomprensibile. I miei ideali romantici si basavano sull'amore e il rispetto reciproco, non certo sul divertimento momentaneo e l'avversione altrui.

Mi morsi il labbro inferiore, in profonda riflessione. Che fare: accettare o rifiutare?

Nel profondo speravo nell'impossibile. Lui era e sarebbe stato il mio sogno. La cotta adolescenziale, e segreta, che non avrei mai dimenticato. Lenii la sconsolata decisione con dolci pensieri e aspri ammonimenti, combattuta sul da farsi, finché non mi riscossi del tutto, scuotendo il capo con vigore. Ed era off limits!

Irina ci riportò alla realtà dei festeggiamenti prima che potessi dargli una risposta. Era stato grazie a questo se ero riuscita a sfuggirgli, ritornare nell'affollata sala da pranzo, e trovare riparo al nostro tavolo, dove mi attendeva un risotto ai frutti di mare. Per chi non tollerava il pesce, allergico a cozze e vongole, il menù intavolava spaghetti al pomodoro fresco. Mi sedetti senza proferire parola intanto che Dmitri prendeva posto difronte a me, ignorandomi e comportandosi come se non fosse successo nulla. Cominciavo a invidiargli questa sua estraneità sentimentale verso situazioni compromettenti che, al contrario, io non sapevo affrontare, né gestire.

Abbassai lo sguardo sul cibo, toccandomi le labbra carnose con l'indice e percorrendone i lineamenti pieni, verificando che il rossetto fosse in ordine. Non percepii la minima sbavatura di trucco, e sulla sua bocca, non vidi traccia del cosmetico rosso scuro. Avevo adoperato una tinta che non macchiasse per non lasciare nessun segno su tovaglioli, posate o bicchieri. E sulle labbra altrui a quanto pare. Mi domandai se lui se ne fosse accorto già in precedenza.

Il giovane Ivanov scorgeva dettagli che alla maggior parte delle persone sfuggivano. Chi era davvero?

Nessuna prova tangibile, o testimone oculare, di quello che era accaduto fra noi, ci tradiva. Il nostro gioco perverso era appena iniziato e io non avevo nemmeno accettato. Un segreto era per sempre, ricordai a malincuore.

Il pasto proseguì con chiacchiere animate da parte di ogni tavolo e risate ebbre; presto ci sarebbe stato anche l'augurio e l'innumerevole brindisi ai novelli sposi. Sbocconcellai qualcosa del primo e del secondo: salmone alla piastra accompagnato da rucola fresca, o coscia di pollo con insalata. Non contava cosa ingerissi o ciò che celassi all'interno della borsetta, nutrirmi era più angosciante di quanto fosse un sollievo soddisfare la fame. E quando arrivò infine il turno della mega torta nuziale, sbiancai in volto, credendo di sentirmi male. A forza di vedere portate interminabili, mi venne la nausea e assunsi una smorfia disgustata.

Ebbi un conato di vomito che trattenni a stento.

Il mio stomaco si rifiutava di toccare quel mastodontico dolce a tre piani e, d'altronde, non ero mai stata golosa, ma se non ne avessi assaggiato neanche una fettina, sapevo bene che Irina si sarebbe offesa. Accontentare gli altri, senza pensare a ciò che volessi io, sembrava essere diventata la mia vocazione dopo la danza e gli studi classici.

E questo non giovava mai a me.

Assorta nelle mie elucubrazioni pessimistiche, sorseggiai un po' di spumante nel calice di cristallo, percependo in bocca le bollicine frizzanti come piccoli fuochi d'artificio sulle papille gustative, solleticandomi la lingua. Nel gustarlo, posai lo sguardo su chi avevo dinnanzi e notai Dmitri imitarmi. Afferrò anche lui il suo calice semi pieno e lo svuotò, trangugiandolo con tutta la non curanza possibile, leccandosi le labbra come un felino, mostrandomi quel maledetto piercing al centro di quella lingua dispettosa. Nel ricordarmi la catena di eventi che ci avevano condotto lì, insieme, mi andò di traverso quel liquido frizzante e tossicchiai come un ossesso, attirando l'attenzione dei miei genitori e di qualche altro invitato, al tavolo vicino al nostro.

Fui un caso perso e imbarazzante.

Rattristata da quella mia ennesima figuraccia, mi coprii il viso con le mani, nel patetico intento di nascondermi agli occhi degli altri, e far cessare la crisi passeggera: «Scusate», bofonchiai tra un conato di tosse e l'altro.

Sarebbe stato meglio fingermi morta.

Sarebbe stato meglio fingermi morta

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Vol 1 // XXX - PERVERSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora