Perverso

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CAPITOLO 6

Perverso

Dmitri:

Soggiunsi un distacco con immensa fatica, infastidito dall'attrazione che esercitava su di me quel corpo tanto esile quanto etereo. Diedi la colpa al profumo, un'essenza dalle note dolci e fresche. Doveva esserlo per forza. Odorava di primi germogli selvatici e pallide mattine invernali... avrei voluto che fosse stomachevole e nauseante, invece di cedervi con tanta facilità, stordendomi. L'involontaria attrazione mi suscitava della frustrazione. Sentivo prudere le mani ogni volta che la guardavo: «Una sfida. Cinque prove a mia scelta che dovrai affrontare per compiacermi», le risposi serafico, osservando ogni dettaglio del viso; in particolar modo gli occhi contornati dal folte e lunghe ciglia. Il loro interno era labirintico e ipnotico, un luogo da cui rischiavo di non far mai più ritorno. E non mi sarebbe dispiaciuto.

Anche questo mi irritava.

Aveva un atteggiamento guardingo, quasi reverenziale, al punto da ricordarmi Biancaneve; ma non la principessa sbiadita della Disney. Quella vera, di un'antica fiaba sovietica: "La Zarevna morta e i sette Bogatyri"*. Una bella fanciulla, tanto ingenua quanto credulona, da accettare e addentare un frutto avvelenato. Una povera sciocca che avrebbe dovuto dubitare dalle apparenze fin dall'inizio.

«E perché dovrei assecondarti?», domandò con tono tenorile. Apparve insicura, quasi bambinesca, e non una ragazza emancipata. Eleonora differiva dalla concezione moderna dell'indipendenza femminile. Parve sottomessa al proprio disagio, e preda di paure inconsce, che caparbia nel volermi respingere. Era facile da odiare, e ancor più semplice da maltrattare.

Limitai un'alzata di spalle: «Perché non dovresti?». In verità, di motivi ce n'erano anche troppi: Irina, il disprezzo per le nostre reciproche famiglie, e la differenza culturale e sociale, ma chi li contava. Lei, di fatto, non ne aveva alcuno.

Corrugò la fronte, accigliata: «Hai detto di odiarmi».

«Ho affermato anche che mi intrigassi», precisai.

«Perché?», esalò ancora. Sembrava incapace di comprendere una realtà molto basilare e semplice.

Di tutte le domande stupide, questa era la più sciocca che avessi mai ascoltato.

Sbuffai in silenzio, esasperato dai tutti i suoi perché, quando sarebbe stato divertente sapere il come. Le donne erano complicate e tutte in egual modo: non si accontentavano mai. Doveva sempre esserci una risposta alle loro infinite domande. «Non è ovvio?», ostentai mentre arrossiva di nuovo.

Non sapeva fare altro? Deludente.

I miei desideri convergevano nelle sensazioni. Sfogare le mie pulsioni crudeli su qualcuna mi affascinava, soprattutto a letto. Era una cosa da malati e sadici, lo sapevo, ma comprendevo anche che ero fatto così, non volevo coinvolgimenti sentimentali o del sesso banale. E quale partener migliore se non la ragazzina che disprezzavo di più al mondo?

Di sicuro sarebbe stato ricreativo.

La mia interlocutrice rimase senza fiato e con le mani strette al petto come se stesse pregando Dio; ma nessuna divinità sarebbe corsa in suo aiuto. C'era nostra sorella che svolgeva quel compito. Prima che potesse darmi un'affermazione infatti, Irina ci richiamò dentro per degustare il primo piatto. Lei distolse lo sguardo dal mio, forse per paura che io potessi leggervi dentro una riposta, e tutta la tensione del momento si infranse in un battito di ciglia. «Dovremmo rientrare o qualcuno penserà male di noi», mi avvisò in imbarazzo, avviandosi all'interno.

Le bloccai ancora una volta il passaggio. Volevo un altro assaggio delle sue labbra esangui: «E tu lasciali fare, in fondo non avrebbero torto», confermai con una punta di sagacia.

«Come?», sussurrò confusa, ma era già troppo tardi. Ingoiai la sua incognita e ne divorai le labbra una seconda volta.

*La Zarevna morta e i sette Bogatyri: Fiaba sovietica di Aleksandr Sergeevič Puškin, somigliante alla classica fiaba di Biancaneve dei fratelli Grimm.

Vol 1 // XXX - PERVERSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora