Capitolo 6

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La prima cosa che feci il lunedì, successivo alla fine della realizzazione del quadro, fu quella di farmi accompagnare all'ospedale, avevo deciso che era giunta l'ora di entrare in uno dei gruppi di sostegno che offrivano ai pazienti che avevano subito una determinata malattia.

Fu mia madre ad accompagnarmi, dovetti litigarci per più di dieci minuti, non voleva che andassi da solo, ma non aveva capito che era un passo che dovevo compiere solo, un passo verso l'accettazione della mia condizione.

Entrai con titubanza e fermai la prima infermiera che trovai per avere le indicazioni su dove trovare i gruppi di sostegno.

Fu molto carina e professionale con me tanto da portarmi lei stessa verso il reparto adatto.

Giunto nel settore di psicoterapia andai a sbattere contro qualcuno.

«Ehi! Ma sei cieco! Stai attento!» urlò una voce femminile, poi sentii un verso strozzato, immaginai avesse notato il bastone, infatti la voce un po' meno sicura occupò l'aria: «Ah...Scusa...Non avevo visto che tu sei realmente cieco, scusami realmente». Sentii un fruscio e ipotizza che si stesse sfregando le mani tra loro.

Decisi di non rimanere in silenzio ancora, non volevo che la ragazza si sentisse ancora più in colpa di così: «Tranquilla, non sei la prima a dirmi che sono cieco, è divertente notare la reazione successiva delle persone che se ne accorgono, io sono Sebastiano, tu?».

Sentii la ragazza ridacchiare imbarazzata, poi però con la voce un po' più calda mi rispose: «Io sono Nicole», le sorrisi contento che l'imbarazzo fosse un po' sparito, poi schiarendomi la gola le chiesi: «Ebbene Nicole, tu sai dove si trova il gruppo di sostegno Blu?». Avevo scoperto che i colori, tanto amati dai pazienti e dagli infermieri, avevano dato nome ai vari gruppi di sostegno, la trovavo una cosa molto piacevole.

«Sei un nuovo iscritto Seba? Ti posso chiamare così vero? Non ti dà fastidio? Sennò la smetto.».

«Si, sono un nuovo iscritto e Seba va più che bene.» le risposi sorridendo.

«Oh, che bello!» la sentii battere le mani tra loro «Dai, ti faccio strada» e iniziò a camminare. I suoi passi leggeri e il suo comportamento mi fecero salire la curiosità: quanti anni aveva Nicole?

Dopo cinque minuti di silenzio non ce la feci e glielo chiesi: «Nicole, posso farti una domanda?», «Si, certo dimmi pure».

«Quanti anni hai? Scusa la domanda ma hai una voce così acuta che non riesco a identificare la tua età», ci fu un attimo di silenzio, che fu presto riempito «Ne ho dodici, e tu Seba quanti anni hai?».

Dodici anni? Una bambina di dodici anni vagava per il corridoio del reparto di psicoterapia da sola! «Mi stai prendendo in giro vero? Me l'hai fatta, ma ora dimmi quanti anni hai realmente», la sua voce si fece seria, quasi cupa: «Non ti ho preso in giro, non vedo il motivo di farlo visto che ci siamo appena conosciuti.» il discorso cadde e nessuno parlò più fino all'arrivo alla sala blu.

Sentii una porta cigolare prima che Nicole mi dicesse che eravamo giunti a destinazione, entrammo nella stanza e sentii Nicole salutare tutti prima di presentarmi alle persone presenti nella stanza.

«Ragazzi, lui è Sebastiano, il nuovo arrivato, è già arrivata la dottoressa Ricci?», una voce maschile, di un uomo intorno ai quarant'anni, le rispose molto gentilmente: «No, Nic, non ancora,» poi si rivolse a me con lo stesso tono «Benvenuto Seba, parlo a nome di tutto il gruppo augurandoti di trovarti bene qui con noi. Speriamo che tu possa stare meglio parlandone.». Sorrisi e fece un cenno con la testa in segno di gratitudine, la voce non riusciva ad uscirmi, mi sentii un peso sul petto, ansia, ecco cosa era, non feci in tempo ad uscire dalla stanza che un rumore di tacchi annunciò l'ingresso nella stanza di una donna.

Ipotizzai fosse la dottoressa e non potei fare altro che sedermi indirizzato da una voce.

Cercai di respirare profondamente ma la cosa non mi risultava per nulla semplice.

Iniziai a pensare ai miei colori e la cosa parve andare un po' meglio, poi a interrompere la mia meditazione fu una voce femminile matura: «Ansia da primo giorno?» Annui non capendo bene da dove provenisse, «Qua dentro tutti l'hanno provata almeno una volta, comunque io sono la dottoressa Ricci, ma mi puoi chiamare Noemi.».

Cercai di fare uscire la voce per risponderle ma lei mi anticipò: «So benissimo chi sei Sebastiano, è sei mesi che ti attendiamo con ansia.» poi si rivolse a Nicole: «Nicole, vai a prendere un bicchiere d'acqua a Sebastiano, per favore».

Sentii il movimento della sedia e successivamente una piccola manina con un bicchiere freddo a contatto con le mie. Ne bevvi un sorso e mi sentii subito meglio. Noemi, notandolo, prese subito parola: «Bene, ora che Sebastiano sta meglio possiamo iniziare a presentarci.» una ad una le voci si presentarono dicendo nome e malattia, fino a che non toccò a me. Respirai profondamente prima di parlare: «Io sono Sebastiano, ho ventidue anni e sono affetto da glaucoma giovanile da più o meno sei mesi», lo dissi velocemente, non pensandoci, eppure stetti meglio. Fu come se un peso avesse finalmente abbandonato il mio petto.


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