Capitolo 20

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Mi ritrovavo in piedi nei banchi della chiesa, al mio fianco la mia dolce Clara mi sosteneva emotivamente. Non ero triste, dispiaciuto sì, ma sapevo che era morto felice.

Venni a sapere della morte di Mastro Ascanio in una giornata soleggiata di maggio, l'aria leggermente ventilata non disturbava minimamente. L'erba, leggermente bagnata ancora dalla rugiada, inondava con il suo profumo i viandanti. Era morto d'infarto, nella sua bottega circondato dai suoi amati colori e i suoi meravigliosi quadri.

La chiesa era gremita; con gli anni avevo imparato a gestire i miei sensi, affinandoli sempre di più, riuscivo a riconoscere la quantità di persone in una stanza dal loro respiro.

Durante il funerale furono spese delle bellissime parole fin quando non giunse il mio turno.

«Ascanio, o meglio Mastro Ascanio, è stata la persona che mi ha salvato la vita. Chi mi conosce sa che ho passato un orribile periodo successivamente alla scoperta della mia malattia. Ero molto giovane quando l'ho conosciuto, eppure lui mi ha trattato con estrema serietà, come se fossi un uomo adulto. Cosa più importante lui mi ha trattato come se fossi una persona sana e non un cieco. Ha preteso serietà, rispetto, disciplina in ogni incarico che mi dava, dal pulire i pennelli all'utilizzare i colori. Abbiamo avuto una conversazione prima che lui mi ritenesse pronto e se ne andasse, parlavamo della morte, gli chiesi dove avrebbe voluto morire una volta giunta la sua ora, mi disse che amava ciò che faceva e per quel motivo voleva morire nel suo atelier tra i suoi quadri e il suo materiale. Venire a sapere che è morto così come desiderava lui mi rende felice. Non sono triste per la sua morte, non fraintendetemi mi manca da morire, ma se ne è andato perché ormai aveva insegnato e dato tutto ciò che poteva. Da quando è uscito da quella porta la mattina che mi ha detto che ormai ero pronto, io non l'ho più né visto né sentito.» feci una pausa e respirai profondamente poi continuai, consapevole che le persone mi ascoltavano attentamente: «Caro Maestro, sei stato una insopportabile, ma ce l'hai fatta mi hai cambiato e mi hai reso una persona migliore, è per questo che ti ringrazio tantissimo e ti auguro un paradiso fatto di tele e pennelli. Che la tua più grande passione ti accompagni in questo cammino.».

Appena finii il mio discorso scesi dall'altare e mi diressi fuori dalla chiesa con Clara, reputavo inutile stare ancora lì, il mio saluto lo aveva ricevuto, era giunta l'ora che lui proseguisse e io pure.

Ci dirigemmo verso casa quando Clara decise di fare una piccola deviazione: mi portò in un parco, ai piedi di una collinetta, ci sedemmo su una panchina.

Lei poggiò la testa sulla mia spalle e inspirò. L'aria profumata era intrisa dalle urla dei bambini che giocavano davanti a noi, riconobbi il luogo e sorrisi malinconico.

Il mio quadro, la Collinetta.

Era tutto perfetto.

Luce oltre i miei occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora