Capitolo 9

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Era passato circa un mese da quando avevo conosciuto Nicole, l'estate stava finalmente giungendo e con essa la possibilità di dipingere i soggetti più svariati.

Purtroppo però con l'arrivo della stagione Nicole peggiorò.

La mancanza di un midollo compatibile e il rigetto di uno compatibile al 90% avevano contribuito a far preoccupare tutti.

Sapeva che se non fosse arrivato il midollo lei sarebbe morta.

Avevo provato a vedere se il mio midollo fosse compatibile, mi ero iscritto all'associazione, ma nulla da fare non potevo donare a Nicole.

In quei giorni così complicati per lei, io le stavo vicino, passavo le giornate con lei, andavo a casa solo per dormire e neanche sempre.

Il vetro che ci divideva era spesso, non potevamo stare in contatto, era immunodepressa, qualsiasi malattia anche un semplice raffreddore avrebbe potuto ucciderla.

Nonostante il dolore e la stanchezza la bambina non perdeva il suo dolce sorriso.

Tutto di lei stava andando: i suoi morbidi e dolci boccoli erano diventati secchi e sottili, la pelle non era più così morbida e delle sue guancette prima piene non rimanevano altro che dei piccoli profondi solchi.

Avevo deciso che quel giorno l'avrei dipinta, volevo che di lei rimanesse qualcosa, volevo che quel piccolo angelo rimanesse con noi.

Armato di pennelli, colori e tavole mi appostai nel corridoio di fronte alla sua stanza.

Dovevo aspettare che la bambina si svegliasse prima di poter entrare e parlarle, forse per l'ultima volta.

Fu un'infermiera molto gentile ad avvisarmi che Nicole mi attendeva nella sua stanza.

Entrai facendo attenzione a non sbattere, non volevo rompere o urtare qualcosa di importante.

A differenza della stanza precedente, che conoscevo a memoria, non ero ancora in grado di orientarmi.

«Nicole, tesoro, mi daresti una mano a muovermi? Perché questo povero cieco non sa come muoversi al buio» dissi scherzando, sentii una risatina e poi dei pesi in meno.

Mi aveva tolto lo zaino delicatamente e lo aveva messo da qualche parte nella stanza.

«Seba dammi la mano che ti aiuto a venire sul letto vicino a me», tesi la mano e la seguii, inciampai in uno sgabello ma riuscii a non cadere per terra.

«Che imbranato che sei!» esclamò la bambina ridendo di me.

«Guarda che è colpa tua sei tu che mi stai portando in giro, ti ricordo che io non vedo» dissi facendo il finto offeso incrociando le braccia.

«Certo che sei ancora una primadonna come quando ci siamo conosciuti, ti offendi per tutto!» ribatté lei allungando l'ultima vocale in tono canzonatorio.

«Vedo che anche tu non sei cambiata, rispetto a un mese fa, comunque visto che sono una primadonna posso sempre andare via e fare quello che volevo fare un'altra volta.», le girai la schiena e tentai di andare verso la porta, pregando di non ammazzarmi.

«No, non andare via, è da stamattina che non ho compagnia e mi sento sola e annoiata.», sorrisi senza farmi vedere e ritornando fintamente serio mi girai verso di lei: «Quindi mi vuoi solo perché ti annoi?» la bambina sbuffò e la immaginai alzare gli occhi al cielo spazientita, la sua voce non si fece attendere: «Ovvio che no! Dai Seba smettila di fare storie e dimmi cosa volevi fare.».

Mi sedetti sullo sgabello su cui ero inciampato e le dissi: «Apri lo zaino e dimmi cosa ci trovi dentro.», sentii la cerniera aprirsi e la bambina trattenere il respiro.

«Seba perché c'è del materiale per dipingere dentro la tua sacca?», sorrisi cercando di immaginare la sua sorpresa e la sua perplessità.

«Perché è quello che faremo oggi. Sai Nicole è da un po' di tempo che vorrei dipingerti.», le lenzuola frusciarono e la voce si fece più vicina: «Come puoi dipingere Seba, tu sei cieco! Non puoi vedere come sono esteticamente, né puoi vedere il cielo o il mare.», sorrisi alla sua domanda, aveva ragione.

«Nicole tu quando incontri una persona cosa guardi di lei?»,

«I capelli, gli occhi, se è bassa o magra, o se è alta e grassa.» disse come se la cosa fosse ovvia.

«Beh vedi Nic, io non posso vedere questi particolari, io ascolto la voce, il suono dei suoi passi e le emozioni che mi passa. A me non serve sapere se una persona è alta o bassa, io, le persone, le conosco tramite il loro comportamento.»

Il silenzio dall'altra parte mi spaventò.

«Nic, tutto ok?»

«Si, è che sto cercando di immaginarmi come mi vedi», mandai fuori l'ansia che avevo accumulato con un respiro profondo.

«Ti prego la prossima volta avvisami che sennò mi preoccupo...» la rimproverai poi continuai: «Se sei così curiosa posso dirti come sei ai miei occhi.»

«Si! Ti prego» urlacchiò battendo le mani.

«Dunque vedo una bellissima bambina, che mi arriva al petto, con dei bellissimi boccoli biondo-verdi e dei bellissimi occhi color speranza»

«Boccoli biondo-verde? Occhi speranza?», la confusione palese della bambina mi fece sorridere.

«Il verde è un riflesso, sai chi mi diceva sempre che aveva i capelli biondo-verde?»

«No, chi?»

«Mia nonna, l'aveva letto in un libro di cui non ricordo il titolo, ed era convinta che i suoi capelli fossero uguali alla nonna della protagonista.»

«Tua nonna è proprio strana»

Scoppiai a ridere: «Sì, è proprio buffa. Vuoi che vada avanti con la descrizione?»

«Sì, dai.»

«Hai un bellissimo sorriso che non va mai via e che coinvolge sempre i tuoi occhi, delle lentiggini piccole abbelliscono il tuo naso a patata.»

«Vuoi sapere se sono realmente così?».

Una domanda innocente e del tutto adeguata.

«No, Nicole, non voglio, tu per me sei così e non voglio associarti ad un qualcosa che non conosco.» feci una pausa e cambiai argomento.

«Vedi il materiale che ti ho portato? Ecco voglio che tu dipinga qualcosa questo pomeriggio e magari anche domani mattina. Hai l'obbligo di usare i colori che più ti piacciono e raffigurare il paesaggio che ami di più.»

«E tu cosa farai?»

«Io farò lo stesso, ti va bene?»

«Sì!»

Il cellulare mi avvisò che era giunto il momento di andare via.

La salutai con un bacio sulla testa, promettendole che sarei tornato l'indomani pomeriggio.

Me ne andai con un senso di inquietudine.


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