Dopo l'incidente il rapporto tra me e mia madre migliorò: se prima avevo a che fare con un'indifferente, poi scoprii che mia madre poteva essere molto apprensiva.
Nei primi nove mesi, quando avevo deciso di lasciarmi andare completamente, mia mamma non faceva altro che bussare alla mia porta con la speranza che io le aprissi. La sentivo litigare con mio padre per il suo comportamento, così come la sentivo piangere fuori dalla mia stanza.
Saperla in queste condizioni mi aveva fatto stringere il cuore, ma non ce l'avevo fatta ad aprirle.
Eppure la mia porta non era chiusa a chiave e così come entrava mia sorella, speravo che anche lei entrasse da me.
Ho aspettato sei mesi prima di vederla spalancare quella porta. La voce combattiva ma allo stesso tempo tremante, la determinazione a condurmi fuori, caricarmi in macchina e, sotto la pioggia delle mie lamentele, portarmi a quella mostra d'arte.
Pazza? Forse. Io l'ho pensato, ma mi va bene, io amo la mia mamma pazza.
Dopo la mostra ho goduto del suo appoggio in tutto ciò che riguardava le mie scelte, sia artistiche che di vita.
Mi ha aiutato lei a scegliere un gruppo di sostegno e ammetto che senza di lei non avrei mai avuto il coraggio di iscrivermi.
Alice, mia madre, da quando io avevo iniziato a dipingere, aveva preso la curiosa abitudine di scattare fotografie e attaccare i miei quadri al muro.
Spesso e volentieri in casa si sentiva il suono ritmico del martello contro il muro oppure lo scatto della macchina fotografica.
Non so cosa stesse combinando e sinceramente non mi interessava particolarmente, la percepivo felice in ciò che faceva, alle volte persino euforica, e mi bastava.
Fu un giorno che, per puro caso, lo scoprii: Ascanio se ne era andato ormai da due mesi e io avevo fatto di tutto per occuparmi, tanto che non sentii neanche il primo squillo del campanello.
Ce ne fu un secondo e anche un terzo, ma io sentii solo il quarto ed ultimo squillo; canticchiando mi diressi alla porta e l'aprii. Un profumo d'arancia invase i miei sensi, fu così improvviso e così forte che mi sentii stordito.
Una voce femminile si aggiunse all'intensa fragranza: «Mi scusi, abita qui Alice Bianchi?», mi ripresi con fatica e mi schiarii la gola prima di rispondere: «Si, è mia madre, chi la cerca?».
«Le può dire che sono arrivata? Io sono Clara, io e sua madre avevamo un appuntamento oggi pomeriggio». Non seppi con certezza se mi avesse sorriso, ma lo immaginai e a mia volta risposi a quel sorriso, che reputavo gentile per via del tono e del modo in cui si era rivolta a me.
La feci entrare in casa e la condussi nello studio di mia madre. Il ticchettio sul pavimento annunciò l'entrata di una splendente e raggiante Alice. Si accomodò sulla sua poltrona dietro alla scrivania e poco prima che me ne andassi dalla stanza mi fermò: «Tesoro, potresti portare a me e a Clara della limonata?» annuii uscendo e, poco dopo, fui di ritorno con ciò che serviva.
Dal momento che il mio studio era posto esattamente nella stanza accanto, non misi la musica ad alto volume per dipingere avendo paura di disturbare.
Non so quanto tempo fosse passato, minuti o ore, quando sentii il profumo di arance invadere il mio studio; mi girai verso la porta convinto che fossero lì entrambe.
Posai il pennello e mi pulii le mani su uno straccetto che tenevo nel camice, poi parlai: «Vi serve qualcosa?». Fu mia madre a rispondere per entrambe, cosa che sinceramente mi aspettavo visto il suo carattere così deciso. «Clara sta andando via e ci teneva a salutarti».
Rimasi piacevolmente sorpreso dalla rivelazione di mia madre: Clara, la ragazza dall'essenza di arancia, mi voleva salutare. Sorrisi verso di lei e la salutai gentilmente: «Grazie mille del pensiero Clara, spero che tu e mia madre abbiate parlato senza essere disturbate dalla mia musica. È stato un piacere conoscerti.».
«Tranquillo, la tua musica non ci ha recato alcun disturbo. È stato un piacere conoscerti Sebastiano, ci vediamo presto a Venezia». Sentii i suoi passi allontanarsi dalla stanza, seguiti da quelli di un'Alice entusiasta.
Venezia? Cosa c'entrava la laguna con me? Ma soprattutto cosa c'entrava questa ragazza con me?
Attesi il ritorno di mia madre trepidante, ma quando lei tornò non rispose ad alcuna delle mie numerose domande.
Rimasi con il dubbio per diverso tempo
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Luce oltre i miei occhi
General FictionLa pittura è una professione da cieco: uno non dipinge ciò che vede, ma ciò che sente, ciò che dice a sé stesso riguardo a ciò che ha visto. (Pablo Picasso) Cover Credits: @skadegladje