Capitolo 10

46 6 0
                                    

Quella mattina mi svegliai abbastanza presto, avevo annullato le lezioni con Mastro Ascanio perché volevo lavorare al quadro per Nicole.

Non fu semplice, ci misi delle ore e scegliere i colori fu difficilissimo.

Lei, la dipinsi come l'avevo descritta, bella, sorridente e piena di vita.

Verso metà mattina mi tornò quel senso di inquietudine che avevo provato il giorno prima.

Cercai di cancellarlo dovevo essere al pieno delle forze per Nichi.

Aspettai che il quadro si asciugasse e chiesi a mia madre di accompagnarmi in ospedale.

Arrivai trafelato cercando di orientarmi al meglio, il senso di inquietudine aumentò di colpo, lo scacciai ormai ero sul corridoio del reparto di Nicole.

Quando fui vicino alla stanza mi resi conto che qualcosa non andava, sentivo qualcuno piangere, sperai che non fosse per Nicole.

Quattro, Cinque, Sei, la stanza di Nicole.

L'ansia attanagliava il mio corpo rendendo ogni movimento complicato.

Spinsi la porta con fatica e la chiamai, la chiamai e la chiamai di nuovo. Sette, otto, nove le volte in cui chiamai Nicole e non ebbi risposta.

Mi accasciai a terra senza forze, il dipinto poggiato davanti a me e le lacrime pronte a fuoriuscire.

Non sentii i passi che ruppero il silenzio della stanza, né riconobbi le parole e le voci di chi mi parlò.

Qualcuno mi toccò la spalla e solo allora mi ripresi.

«Nichi?» chiesi con una flebile speranza ad accendermi il cuore.

«No...» mi rispose una voce sottile e piegata dal dolore.

«Sono la mamma di Nicole» continuò tirando su con il naso.

«Dov'è lei?» chiesi deglutendo il groppo che mi chiudeva la gola.

«Se ne è andata, ha concluso il suo cammino qui.» disse singhiozzando.

«No... Non è possibile...», mi presi la testa tra le mani e le lacrime iniziarono il loro flusso lungo le mie guance.

«Tu... Sei un amico di Nicole?».

Annuii.

«Sei Sebastiano?»

Annuii nuovamente, la voce non voleva uscire e le lacrime non volevano fermarsi.

«Nicole... Lei ti ha lasciato qualcosa... Mi ha detto che dovevo darla a te.»

Una busta bianca mi scivolò tra le mani e sentii la madre uscire dalla stanza per lasciarmi solo.

L'aprii.

Tirai fuori un foglio, riconobbi al tatto la grammatura dei fogli Braille, ne rimasi sorpreso.

Iniziai a toccare il foglio alla ricerca di un qualcosa, fui sorpreso di trovare parole su parole, messe a caso perché lette in ordine sparso, ma tutte scritte con l'alfabeto di Braille.

1 giugno 2010

"Caro Seba,

Questa lettera è un esperimento, ho costretto l'infermiera ad aiutarmi a scrivere con il punteruolo.

Aveva paura che mi facessi male, come se non avessi mai fatto lavoretti in tutta la mia vita.

Comunque tornando al punto, volevo dirti che sei stato un ottimo amico.

Mi hai aiutato tantissimo in questo periodo difficile.

Oggi quando mi hai detto come sono per te mi hai quasi fatto piangere.

No, non è vero, sono quasi scoppiata a riderti in faccia quando mi hai detto "capelli verdi".

Volevo scusarmi con te per averti mentito.

I medici ieri hanno comunicato ai miei che forse non avrei superato la notte.

Non ho voluto dirtelo perché volevo godermi la giornata con te.

Scusami.

Non sono riuscita a dipingere il quadro, la forza mi ha abbandonato appena te ne sei andato.

Ti ringrazio per la gioia che mi hai donato.

Ho una sorpresa per te, te la daranno tua sorella e tua mamma appena tornerai a casa.

Ti chiedo un ultimo favore, non piangere per me, pensami in uno di quei luoghi che ami tanto.

Ti voglio bene.

Nicole"

Ripassai quei solchi fatti con un cartoncino con la mano tremolante, mi asciugai le lacrime.

Appoggiandomi al bastone e facendo un po' di pressione mi alzai e uscii fuori dalla stanza.

Tornai a casa più morto che vivo; la voglia di chiudermi in camera e dormire era predominante su tutto il resto.

Eppure mia madre e mia sorella non me lo permisero, mi abbracciarono, mi stettero vicino e mi consolarono con frasi dolci.

Non ne ascoltai mezza, ero come perso, un'unica cosa fu in grado di riportarmi con la testa sulle spalle, un verso.

Girai la testa alla ricerca di quello strano rumore, ma non riuscii a capire da dove provenisse.

«Cos'è?» chiesi a mia madre.

«Cosa?».

«Questo verso, sembra un abbaio.», sentii una pressione sulle gambe e qualcosa di bagnato sulle mani.

«Cosa c'è sulle mie gambe e perché ho le mani bagnate?»

«Tesoro, hai presente che Nicole ti ha scritto che aveva una sorpresa per te?», annuii, «Ecco questa è il tuo regalo, Nicole è andata in un allevamento e l'ha scelto personalmente, è un Golden Retriver addestrato per la guida, Nicole desiderava che avessi anche tu degli occhi.».

Sorrisi e passai la mano nel pelo folto.

«È morbido, molto, sembra un batuffolo di pelo.».

«E se lo chiamassimo Buffy? Ricorda batuffolo come nome, che ne dici, Seba?»

«È una bellissima idea, Margherita! Che ne dici, Buffy, ti piace il tuo nome?» il cane mi leccò la mano in risposa e noi tutti scoppiammo a ridere.

Quella sera in camera mia pensai al dolce gesto di Nicole, pure prima di morire aveva pensato agli altri.


Luce oltre i miei occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora