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- Kim Namjoon. - Al mio richiamo si gira con grazie e con spettacolo, aprendo le braccia larghe e mostrando un sorriso controllato.

Mi guarda dalla testa fino ai piedi, come se mi esaminasse. - Y/n...Sei tu la causa dei miei disturbi di eterosessualità. - Mi dice con una grossa risata, venendomi incontro, stringendomi in un forte abbraccio.

Per molti lui è solamente RM, il ragazzo punta di diamante dell'illegalità. Se dovessi descriverlo con una parola, molto probabilmente sarebbe: Chanel n.5 

Faccio attenzione a non stropicciare il suo completo bianco. 

- Ora, prego, stasera sei mio ospite. - Con la mano mi fa segno di seguirlo attraverso un corridoio, le cui estremità sono sorvegliate da uomini armati da fantasiose Katane. - Parlami dei tuoi studi. Frequenti ancora quella scuola? La Duchessa Yuki, ogni volta che vado a casa vostra, mi delizia con gli elogi che ti fa. Dimmi mio caro amico, sei così bravo come ella racconta? - 

Lo seguo due passi dietro, distante abbastanza da non rischiare. - Mia madre esagera sempre. Tengo sempre ad affermare che sono uno studente semplice. - 

Saliamo una scala coperta da un grosso tappeto nero fino ad arrivare nell'ufficio personale di Namjoon. Si siede sulla poltrona singola, versando in due bicchieri di cristallo del liquore olandese. Sospira divertito, guardando prima me poi il grande vetro che funge da parete, mostrando così l'intera sala principale dello stript club.

Si accende un sigaro subito dopo il mio rifiuto. - Non sei convincente, nemmeno tu credi alle tue parole. Tu vorresti essere parte del mondo nominato "semplice", ma la pistola che nascondi dietro funge da testimone. Nel tuo corpo scorre sangue reale e criminale, e vedi... - Si piega in avanti, poggiando i gomiti sulle gambe aperte. - ...qualsiasi casata tu scelga, non ti porterà ad essere una persona "semplice". -

Incollo la schiena allo schienale morbido della poltrona, estraendo la pistola. Namjoon la guardo, e con un sorriso mi fa l'occhiolino. - Jimin sarebbe geloso di quello che tieni in mano. -

Irrompe cadendo a terra una ragazza; il vestito corto è strappato ai lati e le lacrime hanno spalmato il mascara lungo tutto il viso.

La guardo meglio, e quasi non rimango colpivo nel riconoscere il viso da bambina: Tzuyu.

RM sorride in modo scaltro, portandosi il bicchiere alla bocca, facendo sfiorare le labbra carnose al costoso cristallo. Alza lo sguardo verso di me.

- Una tua compagna. - 

L'uomo che l'ha trascinata qui, sotto un sbilenco segnale del capo, se ne esce, mostrando educazione.

Namjoon si alza, e continuando a tenere il bicchiere in mano, fa una serie di giri intorno alla ragazza. I passi erano lenti, e le scarpe eleganti calzavano con il colore della moquette. 

- Lei è Chou Tzuyu, nata a Taiwan, il 14 giugno 1999, da genitori di imprenditori autodidatti. - Si ferma proprio davanti a lei, in piedi. La mano libera la tiene dentro al tasca dei pantaloni grigi, e con sguardo irridente, seppur mascherato, continua il suo discorso.

- Le ho detto più volte di stare alla larga da certa gente, da questo luogo e dal mestiere delle mie ragazze, ma continua a fare i suoi capricci da bambina viziata. -

Tzuyu, ascoltando tutto, abbassa gli occhi al pavimento, nascondendo il viso in lacrime dietro i capelli scuri e scompigliati.

RM si abbassa, mettendosi in ginocchio. La tira verso di lui, chiudendola in un braccio amorevole, lasciando che la ragazza si potesse sfogare sulla spalla del capo.

Seppur continuando a dare piccoli e dolci baci sulla testa della ragazza, mi rivolge parola. - Portala a scuola e fai in modo che le passi l'effetto della droga che le hanno fatto assumere. Fai quel che vuoi di lei, quando è fuori dal mio locale, non mi interessa che fine fa. -

Mi alzo, togliendosi la giacca e coprendo Tzuyu. Gli occhi sono rossi e gonfi, mentre sulle labbra il rossetto è sbavato, lasciando intravedere un piccolo taglio al lato della bocca. La prendo in braccio, facendole appoggiare la tesa sulla spalla sinistra.

RM si alza, finendo il suo drink. - Grazia cucciolo, ora, se non ti dispiace, ho un incontro con un vecchio amico. - Il sorriso radioso e la voce vivace entra in contrasto con i suoi movimenti. Si alza le maniche della camicia bianca, che lascia intravedere una pelle liscia e curata. Estrae dal cassetto della sua scrivania un tirapugni e scortandomi fuori dalla porta, mi parla.

- A volte, bisogna anche sporcarsi le mani. - Continua a mantenere un tono solare.

Annuisco, disinteressato del suo intento. Esco dal locale dal retro, e mentre Tzuyu dorme tranquilla, sento il telefono vibrare.

Dio, fa che non sia Jennie.

Don't play with me./Kim Jennie/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora