~Mocciosa~

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Il campanello suona. È troppo tempo che sono davanti allo specchio a guardare come sono vestita, credo sia arrivato il momento di scendere. Passo le mani sulla camicetta color pesca per sistemarla meglio nei pantaloni celesti, batto i piedi per terra pregando a me stessa di non cadere su questi maledetti stivali a carrarmato. Ho sistemato le treccine, non avevo voglia di scioglierle e rifarle l'acconciatura. In realtà non avevo e non ho voglia di niente se non prendere il tempo e far finire velocemente questa cena. Dovrei essere felice, lo so, ma la sola idea di dover parlare con tutti loro mi fa rizzare i capelli.

Per l'agitazione, non per altro.

La risposta che mi ha dato qualche ora fa rimbomba nella mia testa come se continuasse a sussurrarlo al mio orecchio.

Un vocio si espande per le scale e subito riconosco la voce di Candy, le risate di suo marito Matthew e la porta che si chiude dopo un po'.

«Sei pronta? Sono arrivati», sbuca May dal corridoio e mi convinco a scrivere sulla porta "si prega di bussare prima di entrare". «Sono così in ansia e non so perché, vorrei tanto che fossero rimasti i ragazzini del primo anno di superiori con il loro aspetto infantile e divertente», mia sorella parla velocemente e sembra grondare paura per l'imminente incontro. Indossa una gonna di jeans con la mia camicetta bordò che tanto odio, un paio di stivaletti e i capelli sciolti. Ha un trucco parecchio marcato.

Sarebbe bellissima anche con un sacco dell'immondizia.

I nostri stili sono molto diversi fra loro nonostante la somiglianza. Lei è un po' più bassa di me e ha qualche chilo in meno. Abbiamo entrambe la pelle molto chiara e gli occhi azzurri come nostra madre, solo che lei ha i suoi capelli neri, le labbra sottili e la passione per gli abiti scuri e il trucco marcato. Io invece preferisco i colori vivaci e il trucco non mi interessa più di tanto.

Annuisco lentamente e provo e sorriderle, con scarsi risultati. La seguo per le scale fino al piano di sotto. «Buonasera», dice May allegra, mutando velocemente il suo comportamento. Saluto tutti calorosamente, tranne Alan a cui rivolgo un solo cenno del capo. Lui fa lo stesso. «Buonasera», affermo meno certa di mia sorella e abbraccio Matthew che ricomincia la recita precedente di sua moglie: complimenti, mancanza e tante cose da raccontare.

«Questa casa non è cambiata di una virgola», dice James guardandosi intorno e avvicinandosi a me con un solo passo. «Quanti ricordi eh?».

«Si, davvero molti», la mia voce è sottile e si sente chiaramente la malinconia. Sento il suo braccio che fa per alzarsi e venirmi incontro da dietro, ma improvvisamente si blocca e fa per scendere. James infila le mani in tasca e io inizio a contemplare i ricordi.

Mi volto di scatto quando mi sento chiamare ma, sfortunatamente, vado a sbattere contro uno dei presenti, ovviamente contro l'ultima persona a cui avrei voluto andare addosso.

Alan mi guarda dall'alto come un avvoltoio e strizzo gli occhi dopo aver sbattuto la testa contro il suo petto. Che botta...

«Tutto ok?», chiede suo fratello da chissà dove ma né io né Alan ci voltiamo a guardare lui e gli altri presenti.

Ci stanno sicuramente tutti fissando e mi sento bollire dall'imbarazzo.

«Si, la mocciosa sta bene», dice Alan e io non credo alle mie orecchie. Fa un sorrisetto provocatorio e indietreggia senza smettere di guardarmi. Poi si volta. «Mocciosa a chi? Come ti permetti?!», dico a volte alta e arrabbiata mentre gli altri ridono, di me o per quello che Alan ha detto.

«Ti ha sempre chiamata con quel nomignolo ricordi? Il tempo non cambia parecchie cose in fondo», il vocione di suo padre riecheggia nella stanza e la mia mente viene occupata da un ricordo.

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