~O tutto o niente~

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Mi trovo letteralmente scaraventata nel bagno dello spogliatoio maschile dove le docce si fanno strada lungo le pareti e gli specchi mi riflettono da diverse angolazioni. Sono al centro della stanza.

Alan mi lascia andare il braccio di scatto e inizia a girare in tondo con una mano tra i capelli e l'altra sul fianco. Si ferma di colpo dedicandomi i suoi occhi furibondi e i respiri profondi per calmare la rabbia. Sembra sul punto di parlare ma chiude la bocca, fa un passo indietro e ricomincia a girare.

Mi sta già venendo mal di testa tra la sua frenesia e l'incomprensibile motivo per cui sono qui.

«Che cosa ti è saltato in mente!?», tuona la sua voce improvvisamente. «Entrare nello spogliatoio dei maschi? Sei impazzita o cosa!?».

«Ma che c'è di male nel farlo scusa? Sono solo entrata in una stanza piena di ragazzi mezzi nudi», dico trattenendo a stento le risate. So che quello che ho fatto è sbagliato, tanto è vero che neanche volevo entrarci, ma stuzzicarlo non mi dispiace affatto. Voglio approfittare di questa sua situazione per divertirmi con le sue emozioni.

Come d'altronde ha fatto lui con me.

«Mi stai davvero chiedendo cosa ci sia di male?», domanda e io annuisco sorridente. »Non lo so, forse perché ho trovato una ragazza che conosco da una vita nello spogliatoio di una squadra di football maschile... non c'è nulla di strano vero?», domanda avvicinandosi un po', quanto basta per farmi fare un passo indietro. Le sue parole mi ronzano in testa per un po' prima che riesca a rispondere.

«Ah, intendi la ragazza che hai abbandonato per tre anni senza farti sentire o vedere una sola volta? Si, hai proprio tutto il diritto di fare il protettivo con lei», sputo acida e lui alza le sopracciglia come se non immaginasse una risposta simile.

«Questo cosa c'entra adesso...», dice a voce bassa guardandosi le scarpe. Non mi è sembrata molto una domanda. «C'entra eccome. Vorresti negare quello che ho detto forse?», continuo senza problemi.

Mi guarda con occhi sottili e poi domanda: «Non vorrai aprire questo discorso vero?».

«Oh, invece si, eccome se voglio aprire questo discorso», gli rispondo e faccio un passo avanti guardandolo convinta. Fa una mezza risata mentre si guarda attorno, poi porta una mano sulla bocca facendola scendere sul mento e poi sul fianco.

«Meglio di no, non ho voglia di litigare ora, non con te almeno», mi risponde e ora rido io imitando le sue mosse. «Perché sai di essere nel torto, ecco perché. Sai di non poter vincere questa discussione, sai che ho ragione e questo ti infastidisce. Meglio evitare di affrontare l'argomento piuttosto che prendersi le proprie colpe», affermo io e il suo sorrisetto svanisce facendo posto a una mascella serrata e un respiro profondo. «Se ci tieni così tanto allora parla, che aspetti, fallo, poi vediamo come finisce».

Alan mi guarda dall'alto con fare superiore, se non lo conoscessi da tutta la vita potrei quasi pensare che lo stia facendo apposta.

«Allora parliamone. Tu ora mi hai portata qui perché vuoi fare il protettivo, il ragazzo che vuole difendere la “sorellina”, ma non capisci di essere davvero ridicolo e fuori luogo?», disegno in aria le virgolette e faccio qualche smorfia involontaria. «Non hai nessun diritto di fare una cosa simile perché tu per tre anni non ci sei stato per me, perché tu per tre anni sei sparito senza farti vedere o sentire una sola volta, perché tu per tre anni non ti sei neanche disturbato a farti vivo. Quindi adesso non osare venire qui e rimproverarmi per una cosa stupida come questa», finisco di parlare e mi aspetto che dica qualcosa.

Lui però tace.

Mi bolle il sangue nelle vene a guardare la sua faccia ora, quest'espressione la vorrei tanto prendere a schiaffi.

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