Capitolo 13

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- Spiacente ragazzi, non rinuncerò alla gloria per tutti gli angeli e i demoni del mondo! - esclamò Myron imbronciato, dondolandosi sulla sedia come se avesse troppe energie addosso per riuscire a starsene fermo un solo istante.

Crowley e Azraphel si scambiarono un'occhiata scettica mentre Hazel, seduta di fronte allo studente, serrava i pugni e le labbra per impedirsi di gridare.

Non aveva più nulla di Ebony, la ragazza sexy che cercava di circuire Hanner per piegarlo al proprio volere. Adesso era soltanto sé stessa, gli occhiali da sole appoggiati sulla scrivania a fianco di quelli di Crowley, gli occhi rossi che dardeggiavano da un lato all'altro della stanza mentre contava mentalmente fino a dieci per calmarsi.

- Ok, - disse alla fine, prendendo un grosso respiro, - Come vuoi. Sarò costretta a darti una piccola spinta per aiutarti a capire cos'è importante davvero.

Troppo rapida perché Myron riuscisse a scansarsi, in un istante si protese verso di lui poggiandogli entrambe le mani sugli occhi. Dai palmi iniziò a baluginare una luce violetta, che parve quasi penetrare nella mente del ragazzo attraverso le palpebre chiuse.

- Cosa...? - chiese lui, improvvisamente nel panico. Si rese conto di non essere in grado di muoversi e, ben presto, nemmeno di parlare. Immerso in quell'immobilità irreale, si ritrovò solo coi propri pensieri.

Flash.

Un bambino correva in un prato enorme spazzato dal vento, trascinandosi dietro un coloratissimo aquilone. Il profumo dell'erica pervadeva l'aria serale e le nubi a ovest erano tinte di rosa e giallo come i petali di un fiore. Si sentiva in pace, libero, forte come non lo era mai stato. Il mondo intero era nelle sue mani.

Flash.

Il bambino si era sbucciato un ginocchio andando a pesca sul greto del fiume. Sua madre gli medicava la ferita con un largo sorriso rassicurante, poi gli preparava i pancakes caldi col miele che a lui piacevano tanto. Il tepore del buon cibo gli scaldava lo stomaco, e il cuore.

Flash.

Era un ragazzo, adesso, in vacanza in una città di mare. Aveva trovato una stella marina trascinata sulla sabbia dalle onde e si era precipitato a raccoglierla per gettarla di nuovo nell'acqua. L'aveva osservata fluttuare nel liquido cristallino e aveva giurato, sì, giurato al Mondo intero che si sarebbe preso cura di lui a qualunque costo.

Flash.

Era un vecchio, ora. Le navi spaziali si staccavano da terra portando con sé soltanto chi poteva permetterselo, e non erano in molti ad avere sufficiente denaro. Chi restava era povero, malato, affamato. Gli animali morivano a causa dell'inquinamento e gli umani a causa delle guerre e lui era lì, in piedi in una stanza piena di stupidi pezzi di carta col suo nome scritto sopra, un biglietto stretto in mano.

Si sentiva in colpa, dannatamente in colpa per quello che aveva scatenato, ma ormai era troppo tardi per interromperlo. Una lacrima solcò la sua guancia rinsecchita. Voglio tornare indietro e cambiare le cose. Era tutta colpa sua.

- Quando aprirai gli occhi, tutto questo ti sembrerà solo un sogno molto realistico e ti sarai dimenticato di noi, - disse una voce conosciuta da qualche parte in fondo alla sua testa, - Ricordati che si tratta del futuro che ci aspetta se non farai qualcosa per impedirlo.

Lui avrebbe voluto annuire, dire che gli dispiaceva. Avrebbe voluto tornare bambino, chiedere perdono per qualche marachella, imparare di nuovo le tabelline e giocare nel fango, ma sapeva di essere un uomo, ormai, pieno di responsabilità che adesso sembravano soffocarlo.

The Future That Wasn't | CompletaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora