6. Incubi

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Credo di star per vomitare.
Cassie mi sta facendo venir il volta   stomaco con le sue tecniche di seduzione.
Da quando la lezione è incominciata non smette di guardare o toccare "per sbaglio" Chris.

Con sua grande fortuna, e l'aiuto del Professore Black, Chris e lei sono vicini di banco.
Ovviamente approfitta di questa opportunità per farsi notare, ma Chris non l'ha mai degnata di uno sguardo, fino ad oggi almeno.

Lei lo fissa con aria sognate mentre lui le fa il suo sorrisetto da cattivo ragazzo.
Questa situazione è rivoltante.
Non sono gelosa, sia chiaro, è solo che non mi piacciono le manifestazioni d'amore in pubblico.

«La smetti di fissarli? Stai diventando inquietante» mormora Sophie dietro di me.
«Non sono io quella inquietante ma loro. Insomma guardala» indico Cassie con la mano per farle notare l'ovvio.
«Sono certa che nel suo armadietto ci sia un mini altare dedicato a Walker»
«Probabile» Sophie fa spallucce tornando a concentrasi sulla lezione di cui non so neanche l'argomento.

Ieri sera le ricerche sulla porta segreta sono andate per le lunghe, ma in compenso ho scoperto molte cose.
Okay non è vero.
Tutto quello che ho trovato era inutile.
Ora ho solo un mal di testa micidiale, anche perché non ho dormito.

Appoggio la testa sul banco e chiudo gli occhi.
Ora va meglio.

Improvvisamente nell'aula cala il silenzio. So già che se alzo la testa mi troverò davanti il mio carceriere.
«Signorina Hale per caso la mia lezione la sta annoiando?»
Mi siedo diritta sulla sedia di plastica rossa per guardare in faccia il professore Black.
«No?» mormoro assonata.
«Ne è sicura? Sembra più una domanda che una affermazione»

La vena che ha sul collo si sta ingrossando, brutto segno.
Sophie tira un calcio alla mia sedia per risvegliarmi dal mio stato di trans.
«No prof, stavo solo... riposando gli occhi. Non mi sento molto bene oggi»
«Beh allora è meglio che se ne vada in infermeria e dato che c'è può passare dalla presidenza»

Qualcuno ridacchia mentre mi alzo raccogliendo le mie cose.
Sophie mi guarda contrariata, ma non sono i suoi occhi che mi fissano intensamente, sono i suoi.

«Che cosa hai combinato sta volta» mi chiede Mary con sguardo severo.
Porto una mano sul cuore.
«Così mi offendi Mary, sono venuta qui solo perché sentivo la mancanza della mia segretaria preferita»
Aggiro la scrivania per abbracciarla ma lei mi ferma subito guardandomi male.
«Okay hai vinto, Il professor Black mi ha cacciato dalla classe perché mi sono accidentalmente addormentata»
Mary scuote la testa esasperata.
«Cosa devo fare con te?»
Prendo una caramella gommosa dalla scrivania e me la lancio in bocca.
«Sappiamo entrambe che mi adori così come sono»
«Cioè una peste?»
«Esatto» rispondo prendendo un altra caramella prima che allontani la ciotola.

«Mia zia è occupata?»
«Si, sta lavorando»
«Allora posso entrare nel suo ufficio dato che io sono una parte del suo lavoro» dico avvicinandomi alla porta con su scritto "Ufficio preside Julie Morris"
Entro senza bussare facendo trasalire mia zia.

«Mio Dio, Helena perché non bussi mai?»
«Scusa. Che stai facendo?» chiedo sedendomi difronte a lei.
Queste sedie sono davvero comode.
«Stavo compilando alcuni documenti. Ma tu non dovresti essere a lezione in questo momento?»
«Si dovrei» mormoro masticando la caramella al gusto fragola.
«Che hai fatto?» si porta le mani alla testa con fare rassegnato.
«Non ho fatto niente di male. Mi sono sentita poco bene durante la lezione così ho pensato di venirti a salutare»
Corruga la fronte guardandomi in modo strano.
«Se venuta qua di tua spontanea volontà?»
«Beh diciamo che un piccolo suggerimento me lo ha dato il professore Black»
«Immaginavo»
«Posso fare un riposino su quel divano comodo? per favore»
«Davvero non ti senti bene?»
Annuisco.
«Stenditi pure per un po' avverto io i tuoi prof»
«Grazie»
Mi sdraio sul divano grigio di mia zia tenendo il mio cuscino blu preferito sotto la testa.
Magari ora riuscirò a dormire.

Freddo.
Tutto quello che sento è solo un freddo glaciale che mi entra nelle ossa rendendomi difficile persino respirare.
Apro gli occhi ma i raggi solari mi infastidisco.
Giro la testa di lato per vedere cosa mi circonda.
Sono sdraiata su della neve, è morbida e candida attorno a me.
Cerco di alzarmi ma le gambe mi cedono e cado in ginocchio.
Dove diavolo sono finita?
Attorno a me, oltre alla neve, ci sono delle rovine che una volta dovevano essere un castello.
Il vento ulula fra le foglie degli alberi rendendo l'ambiente molto più tetro.
Finalmente riesco ad alzarmi, seppur con fatica.
Mi avvicino a quella che una volta era l'entrata.
Il rumore di un bambino che piange mi fa trasalire.
«C'è qualcuno?!» urlo ma non ricevo nessuna risposta.
Mi addentro nel bosco per capire da dove proviene questo suono.
Insomma è impossibile che un bambino sia solo in mezzo al nulla.
Il freddo mi sta indebolendo sempre di più e le gambe non mi sosterranno ancora per molto.
Io suono del bambino che piange si fa sempre più vicino.
Cammino più velocemente e noto solo ora che i miei piedi non lasciano impronte.
Questo è davvero strano.
In lontananza vedo un cesto abbastanza grande per metterci dentro un bambino.
Corro verso di esso chinandomi per guardare meglio.
Arrotolato fra una coperta di lino rossa c'è un bambino in lacrime.
Mi porto una mano alla bocca sconvolta.
Chi potrebbe abbandonare il proprio figlio in mezzo ad una foresta con questa temperatura.
Mi tolgo la giacca nera con il logo della scuola per avvolgerla attorno al bambino.
Lo prendo in braccio cullandolo e sembra calmarsi.
Lo guardo meglio, la pelle pallida con le guance rosee, i capelli di un castano ramato, e gli occhi, gialli, identici ai miei.
«Non avresti dovuto farlo»
Una figura incappucciata si avvicina a me e al bambino.
«Il libro non aveva predetto questo»
«Stai lontana da me!»
Continua ad avanzare e io scappo con in braccio il bambino.
Guardo alle mie spalle e noto la donna vestita di nero raggiungermi.
Le mie gambe cedono e cado di schiena per proteggere il bambino che continua a piangere.
«Non doveva andare così»
«Chi sei? Cosa vuoi da me?!» gli chiedo terrorizzata.
«Quel che è stato scritto deve avvenire»
«Cosa intendi?»
«Per liberarci dovrai colorare di rosso la rosa bianca più pura o l'oscurità invaderà tutti noi»
Striscio per allontanarmi da quella pazza ma sono senza forze.
«Il rubino deve sanguinare o moriremo tutti!»
La figura incappucciata mi prende la caviglia tirandomi verso di lei.
Urlo con tutta la forza che mi rimane ma il buio torna ad avvolgermi.

«Helena! Helena svegliati è solo un incubo»
Apro gli occhi di scatto mentre Will mi scuote le spalle
«Cavolo stavi urlando come una posseduta»
«Cosa...»
«Ti senti bene?»
«Si, ho solo un po' freddo»
Mi tocco la fronte imperlata di sudore mentre il mio cuore batte fortissimo.
«Certo che hai freddo, dove hai lasciato la giacca?»
«Io pensavo di avercela...»
Mi guardo attorno disorientata. Prima di addormentarmi ero sicura di avercela avuta addosso.
Will si siede sul divano accanto a me mentre si toglie la giacca.
«Tieni, prendi la mia»
«Grazie» dico con un filo di voce.

«Mi spieghi cosa è successo?»
«Devo aver avuto un incubo»
«Questo l'ho notato ma sembravi terrorizzata»
Predo la tazza di tè bollente che mi offre e ne bevo un sorso.
«Da quanto sei qui?» gli chiedo per cambiare discorso.
«Sophie mi ha detto che non ti sentivi bene così sono venuto a cercarti»
«Si ma da quanto tempo mi hai guardata dormire»
Distoglie lo sguardo dal mio e arrossisce.
«Qualche ora. Ero preoccupato per te»

Studio attentamente il suo viso.
Gli occhi verdi, come smeraldi, gli zigomi alti e pronunciati gli conferiscono un aria da duro mentre le labbra, rosa e piene, addolciscono i suoi lineamenti.

«Grazie Will» dico sincera.
«Di niente zuccherino, adesso è meglio che torni in classe, tua zia mi ha fatto un permesso di solo un ora»
«Ci vediamo sta sera alla partita?» gli chiedo.
«Certo, dobbiamo mettere in atto l'operazione apriti sesamo»
Sorrido «Sei un idiota»
«Un idiota che ti fa sorridere però. Ci vediamo sta sera zuccherino»
Esce dall'ufficio di mia zia e mi sembra di sentire ancora la stretta glaciale di quella donna mentre mi trascina verso di lei.
"Il rubino deve sanguinare"

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