From Germany to France

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"Sei pronto ad ospitare un giovane studente di chissà dove a casa tua? Dovrai cucinare per due, mettere in ordine e portarlo in giro. Vorrei quasi essere al tuo posto!", esclamò Hanji, piena d'entusiasmo.

"Stai zitta, stupida quattr'occhi."

Levi Ackerman voltò una pagina della rivista che stava leggendo, cercando di ignorare l'amica che non la smetteva di fantasticare sul giovane studente in arrivo. Mancavano meno di ventiquattro ore.

"Dai, Levi, ti farà bene questa esperienza. Fammi vedere una sua foto", brontolò, accostandosi all'uomo per afferrargli la rivista e sfilarla dalle sue dita.

"Ridammela prima che ti prenda a calci", disse lui severamente, rimanendo composto sulla sedia del bar ma con uno sguardo che avrebbe spaventato anche un assassino.

La donna gli rivolse un sorriso sghembo e agitò l'oggetto davanti al suo viso per provocarlo.

"Mi basta alzarmi in piedi e sollevarla verso l'alto, nanetto", lo canzonò divertita.

"Tienitela pure", rispose l'uomo prima di alzarsi e sistemare la sedia vicino al tavolino, "e ricordarti di pagare anche il mio caffè."

Sollevò una mano verso la propria testa su cui aveva adagiato gli occhiali da sole, poi li sistemò sul naso e si incamminò verso la strada, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni scuri.

"Ah, va bene! Volevo solo vedere una sua foto", si lamentò Hanji dopo aver lasciato delle monete al primo cameriere di passaggio. Raggiunse velocemente l'amico, mettendosi al suo fianco sulla stradina del centro storico di Cluny.

"Accidenti, guarda qua", sbottò lui dopo tutta quell'insistenza. Tirò fuori il telefono, armeggiò con esso e poi lo porse alla donna. Hanji sorrise ampiamente davanti a ciò che mostrava lo schermo.

"È carino! Magari riuscirà a sciogliere quel cuore di ghiaccio che h-"

Levi rifilò una gomitata alla donna e riprese il proprio telefono, facendolo scivolare nella tasca del pantalone. Hanji gemette piano, toccandosi la parte colpita, "sei cattivo, Levi."

***

Quando Eren arrivò in Francia era sera e l'aria era più calda rispetto al suo paesino di montagna. Aveva preso due voli per raggiungere l'aeroporto più vicino a Cluny e sapeva che mancavano ancora 70 km prima di poter dormire.

Guardò i bagagli che sfilavano davanti a lui sul nastro trasportatore, cercando di immaginare la casa dove sarebbe stato per dieci mesi. Non aveva avuto molta fortuna nella scelta del luogo, era capitato in una nazione di fianco alla propria e in un paese notevolmente piccolo. Aveva cercato su internet, gli abitanti erano 4.000. Sarebbe stato ancora più noioso di vivere in Germania.

Afferrò le due grosse valige che si era portato e oltrepassò le porte scorrevoli assieme alle poche persone che erano presenti sull'aereo.

Non ci volle molto prima di individuare chi lo avrebbe ospitato. Un uomo non molto alto, irritato e con i capelli neri teneva un cartello in mano con il proprio nome sopra. Mentre camminava verso di lui lo osservò meglio: non era male.

"Ah, eccoti, ragazzino", lo salutò bruscamente, appallottolando il foglio con una mano. Il suo accento, mentre parlava in inglese, era forte. La sua voce era bassa e bella da sentire.

Eren gli rivolse un sorriso sghembo, nonostante i suoi modi burberi sembrava un uomo affascinante.

"Si, piacere signore", gli rispose educatamente, porgendogli una mano sudaticcia. L'uomo sollevò un sopracciglio sottile e ignorò il gesto. Però prese con se una delle due valige e gli fece cenno di seguirlo verso l'uscita dall'aeroporto.

Riren// That damn student Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora