La città era davvero bellissima. Poco caotica, pulita e per niente inquinata. Quasi ogni due metri, spuntava un albero dai lati del marciapiede, uno sempreverde, che rendeva la città più bella, in ogni stagione.
Mi ero un po’ distaccata da Arin. Quei sentimenti che avevo capito di provare per lui, mi rendevano talmente vulnerabile che avrei fatto di tutto pur di non provarli, compreso ignorarlo.
Avevo portato con me la carta di credito,in modo da comprarmi qualcosa di decente da indossare per la festa.
Arrivammo in una piazzetta, dove tutti si sedettero per riposare, con una birra da 66 tra le mani. Il leggero vento fresco continuava a scompigliarmi i capelli. E proprio mentre li sistemavo vidi un negozio, davvero molto piccolo, ma che mi incuriosì.
Non appena entrai, vidi il vestito adatto alla festa che si sarebbe svolta quella sera: in pelle nera, privo di una spallina, che copriva giusto il sedere e forse poco più di un quarto della coscia. Al fianco vi era un enorme strappo, che avrebbe mostrato gran parte del corpo.
Subito lo provai. Mi piaceva tantissimo come il tessuto aderiva alla mia pelle morbida, mostrando le curve perfette del mio corpo.
Mi rivestii, poi mi diressi alla cassa. Raggiunsi in fretta i miei amici, giusto in tempo per andare tutti insieme al supermercato, che distava quasi tre isolati, per mangiare qualcosa e divertirci un po’.
Il supermercato era davvero enorme. L’entrata era sormontata da un’enorme insegna giallo shock.
Subito di fronte all’entrata c’era un piccolo bar dove si potevano comprare dei panini. Quella fu la nostra prima tappa. Io presi un enorme panino con dentro due wurstel e tantissimo ketchup.
Una volta finito, iniziò il delirio.
Ci dividemmo in gruppi. Io subito rimasi con Ernando e Charlie, poi Arin decise di rimanere con noi.
“Papà, ora mi controlli?” Dissi con tono di sfida ad Arin. Il mio obiettivo era solamente allontanarlo, per non farmi sentire così maledettamente debole e fragile.
“Si figliola, ne hai bisogno!” Mi rispose a tono. Io sbuffai. Per prima cosa andai nel settore “Campeggio”.
Delle tende erano aperte, per farle vedere meglio ai clienti. Io e Ernando iniziammo ad entrare in ogni singola tenda, scherzando, picchiandoci per gioco e a volte facendo finta di fare sesso, solo per far agitare alcune delle signore anziane che si trovavano di passaggio.
Poi presi la canna da pesca, la provai. Per sbaglio l’amo si impigliò nella camicia di un ragazzo, alto, con dei tatuaggi bellissimi, così lasciai la canna e mi diressi in fretta da lui.
“Scusami!” Gli dissi in fretta.
“Non ti preoccupare. Mi sa che dovresti prendere lezioni ,se vuoi pescare!” Mi disse ridendo.
Gli tolsi l’amo, poi gli accarezzai il petto muscoloso.
“Tu dici? Io credo di aver pescato un bel pesce!” Gli dissi con voce seducente ed uno sguardo malizioso. Lui mi sorrise.
Arin e gli altri mi chiamarono.
“Beh, mi tocca andare, ciao bello!” Gli diedi un veloce bacio a stampo e corsi via.
Dopo qualche metro ci imbattemmo nel settore dedicato allo sport. Senza esitare ci entrammo, iniziando a fare più casino del previsto. Un commesso chiamò in fretta la vigilanza, che in un batter d’occhio iniziò ad inseguirci. Erano degli uomini di mezza età, un po’ grassi, quindi seminarli non sarebbe stato difficile.
Così, ci divertimmo a farli stancare un po’, correndo in ogni angolo del supermercato. Quando li vedemmo cadere in ginocchio o fermarsi dalla fatica, uscimmo.