Mi alzai in fretta e aprii la porta. Vidi dei ricci, poi riconobbi la figura magra di Arin.
"Entra". Gli dissi accennando un sorriso e quindendo la porta dopo che fu entrato. Ci sedemmo sul letto, sprofondando nel materasso morbido.
"Baby, scusami per la paternale che ti ho fatto in aereo, io voglio s..". Gli impedii di parlare, facendolo io.
"Non ti devi scusare, ho pensato alle tue parole, probabilmente hai ragione." Intravedevo le sue labbra, ormai sorridenti, grazie alla luce della luna.
"Ma ti ho svegliata?"
"No, tranquillo, non riuscivo a dormire". Ci abbracciammo. Il mio cuore stranamente iniziò a battere all'impazzata. I nostri petti erano l'uno contro quello dell'altro, senz'altro si era reso conto del mio battito accelerato.
Lui si alzò, mi diede un bacio sulla fronte.
"Buonanotte piccola Jes". Me lo disse dolcemente, poi si girò, iniziando a camminare verso la porta.
Afferai il suo avambraccio caldo, rendendogli impossibile arrivare alla porta.
"Aspetta! C'è spazio, ti andrebbe di restare a dormire qui?" Sentivo di aver bisogno di lui, anche se non sapevo bene il perchè di questa neccessità.
Si girò, sorridendomi.
"Va bene, baby."
Gli feci spazio tra le coperte calde, poi gli diedi un bacio sulla guancia e poggiai la testa sul suo petto.
"Grazie Ar". Il suo braccio circondò le mie spalle, le sue mani si intrecciarono tra i miei capelli, che accarezzò dolcemente.
Il mio orecchio si trovava proprio nella zona del suo petto in cui si trovava il cuore. Riuscivo a sentire il battito cardiaco, che somigliava quasi al ritmo della canzone "Scream". Quel dolce rumore mi tranquillizzava, così, quasi subito, mi addormentai.
Quando ci svegliammo erano le nove. Felicia ci buttò giù dal letto.
"Su, su, ragazzi! Sveglia! Oggi dobbiamo fare un giro in città!"
Le risposi con dei mugolii, buttando la mia faccia nel cuscino.
"Jes, non mi costringere a farlo."
Io ignorai la sua voce. Proprio come in un film horror, lei prese la mia caviglia, tirandomi via dal letto e facendomi cadere sul pavimento freddo.
Lei, trionfante, poggiò i pugni sui fianchi, somigliando a Capitan America.
Sbuffando, e con i capelli in disordine mi alzai.
Arin e Felicia ridevano, divertiti dai miei capelli simili alla criniera di un leone.
Mi ricomposi, così, dopo che lei ebbe verificato che fossimo svegli, uscì, dicendo:
"Giù fra mezz'ora. Colazione all'americana." E ci sorrise, prima di scendere le scale.
Non appena scese i miei occhi fissarono in modo severo quelli di Arin.
"Ah così ridi dei miei capelli?" Gli dissi ridendo.
"No, no! Rido di te, sciocchina!"
"Ah si?" Gli feci una linguaccia, poi iniziammo a scherzare, spingendoci.
Io decisi di spingerlo sul letto, così iniziò una vera e propria lotta, intanto Zacky, che si trovava fuori dalla mia stanza, mise la testa dentro, guardandoci e ridendo.
"Ragazzi, almeno chiudete la porta a chiave!" Io e Arin ci staccammo immediatamente, arrossendo violentemente.
"N-no, ma c-che dici? G-giocavamo!" Disse Arin prontamente.
"Si, bei giochi quelli!" Disse con sarcasmo e ironia.
"Zacky aspettami, scendo con te, tu vieni Jes?"
"Aspettatemi giù, arrivo subito."
Vidi i due ragazzi andarsene. Mi sdraiai sul letto, fissando la parte superiore del baldacchino e continuando a pensare. Ero convinta che il mio cervello si stesse sovracaricando: in due giorni avevo pensato più di quanto lo avessi fatto in 17 anni.
Mia nonna, quando era in vita, mi diceva sempre che la notte portava consiglio, che era sempre meglio dormire prima di prendere una decisione.
Quel giorno più che mai, capii che la sua affermazione era vera, infatti, tutto ora nella mia mente era più chiaro. Nulla era più confuso. Era come se una colf fosse entrata nel mio cervello e avesse sistemato tutto.
Solo in quei momenti capii il perchè Arin mi attraesse in modo diverso rispetto agli altri, riuscii a capire che quel ragazzo così dolce e pacato mi stava iniziando a piacere.
Ero terrorizzata da questo sentimento, del tutto nuovo per me.
Credevo che non pensandoci, pian piano mi sarebbe passato, perchè avevo solo 17 anni, e non mi sentivo nemmeno lontanamente pronta ad essere innamorata di qualcuno o a iniziare una relazione seria.
Mano a mano che aumentava ciò che provavo per lui, aumentava anche la mia vulnerabilità. Anche questo mi spaventava, probabilmente non ero pronta a perdere la mia corazza. Lui era la mia più grande debolezza.
Sentii un lieve, ma invitante, profumo di pancetta, che fece brontolare il mio stomaco.
Quel rombo dovuto alla fame, mi fece 'tornare sulla terra' ricordandomi che avevo diritto ad una colazione all'americana.
Scesi in fretta, sedendomi al tavolo insieme ai ragazzi e agli amici di Felicia.
Ero seduta tra Arin e Ernando. Quest'ultimo era uno dei ragazzi che viveva in quell'enorme villa, e che ci aveva accolti la sera precedente. Mi accolse con un sorriso.
Era un ragazzo molto attraente. Alto, muscoloso, con il septum dilatato di tre millimetri, i capelli rasati e gli occhi molto scuri, così tanto da rendere il suo sguardo intenso e penetrante.
Guardai la tavola: c'erano uova, bacon, frittelle, miele, sciroppo d'acero, fiocchi d'avena e tantissimo altro cibo.
Tutti iniziammo a mangiare. Quel curioso ragazzo mi squadrò, sorridendo a Charlie, un altro dei ragazzi.
Iniziammo a parlare di cosa avremmo fatto durante la giornata. Felicia, somigliando ad una hostess, ci disse:
"Allora, alle 11.30, quindi fra quindici minuti, andiamo in città, vediamo un pò il centro, le piazze principali e qualche altra sciocchezzuola del genere, poi pranziamo per strada, come i barboni, e poi fate ciò che cazzo vi pare con chi vi pare. Alle 22.00 c'è una festa, gli interessati si facessero trovare pronti alle 21.30 in salotto."
Giornata impegnativa, ma almeno sarei andata ad una festa!
Non appena finimmo di mangiare, salii in fretta in camera. Iniziai a frugare nel borsone. Alla fine optai per un pantaloncino di jeans molto corto, con delle calze a rete, i miei anfibi e una felpa dei Misfits.
Mi vestii in fretta, poi notai una figura enorme nella stanza.
"Sai, sono arrivato tardi, ma vederti senza robe mi sarebbe piaciuto."
Era Ernando.
"Beh anche tu non sei da meno."
Perfetto, un altro pesce stava abboccando. Ogni volta che qualcuno guardava o toccava le mie forme mi sentivo appagata.
"Cerca di non spogliarmi troppo con gli occhi, è tardi, dobbiamo andare" Gli dissi sorridendogli maliziosamente.
Si alzò.
"Sai, sei una ragazza interessante!" Mi sorrise, mettendo il suo braccio intorno alle mie spalle e stringendomi a sè.
"Me lo dicono in molti!". Scendemmo le scale.
Continuammo a ridere e scherzare,finchè non arrivarono tutti in salone.
"Pronti a far casino?"
Tutti in coro rispondemmo. "Yeeeeeeah!"Eravamo tutte persone un pò alternative, e, come una mandria di tori, eravamo pronti a creare un pò di scompiglio in quella tranquilla cittadina spagnola.