05 • Cause we be going back and forth

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All'aeroporto li aspettava il delirio: centinaia di ammiratori accolsero i NoName, urlando in preda all'eccitazione, con tanto di striscioni e cartelli.

Eren scese la scaletta dell'aereo, stringendo tra le braccia il fascicolo che racchiudeva tutti gli impegni di Levi. Aveva già deciso che quella sera li avrebbe organizzati in un modo per lui più pratico: alla fine, l'importante era che Levi fosse dove doveva essere, no?

Col suo zaino sulle spalle, camminava guardandosi attorno, circondato dalle urla dei fans. Un paio di giorni prima, era stato tra loro. Dal nuovo punto di vista, tuttavia, c'erano diverse cose che poteva notare e che prima gli sfuggivano.

Quando il gruppo giunse all'entrata, dove le auto li stavano aspettando, Eren aveva le lacrime agli occhi e rideva insieme a Moblit, l'assistente di H, per alcuni di quei cartelloni che avevano visto sollevati nella folla. Quelli dedicati a Levi erano i più ricorrenti. "I love you, L", "Marry me", ma il migliore di tutti, quello che aveva tolto il respiro ai due ragazzi per le troppe risate, era stato "I'm your pig", riprendendo le parole di uno dei loro testi più famosi.

«È incredibile quali livelli possa raggiungere la gente!» disse Moblit, camminando al suo fianco.

Nel parcheggio, la security separò la band dall'entourage. Non permisero neanche a Eren, Nanaba e Moblit di entrare insieme ai loro capi nell'auto. Nonostante le proteste degli artisti, solo il loro manager venne fatto accomodare nella limousine ed Eren rimase buono, mentre l'unica persona che conosceva si allontanava, lasciandolo solo nella città sconosciuta.

Conosceva, era una parola grossa. Anatomicamente certo, avrebbero potuto riconoscersi tra mille, ma non erano amici. Non erano neanche lontanamente vicini ad esserlo. Il ragazzo rimase con i due assistenti, con cui il tempo sembrò volare nonostante i tre fossero molto presi a organizzare il recupero dei bagagli della band. Moblit e Nanaba furono fondamentali ad Eren, guidandolo e insegnandogli le prime basi del suo nuovo lavoro.

Mancava un'ora alla cena quando qualcuno bussò alla porta della stanza di Levi.

Il corvino aprì, trovandosi davanti il proprio assistente coi capelli ricoperti di gel, pettinati all'indietro e vestito di tutto punto. Non era troppo casual, ma neanche troppo formale: jeans, camicia bianca slim e al collo una cravatta sottile, infine una giacca dall'aspetto elegante ma non eccessivamente raffinato. I suoi occhi, già notevoli, spiccavano in modo impressionante, illuminandogli il volto dalla carnagione scura.

«Buonasera, Mr. L» lo salutò, prima di entrare nella stanza.

Quando la porta si chiuse ed Eren si fu assicurato che nella stanza con Levi non ci fosse nessun'altro, si appoggiò con la schiena alla parete, sospirando.

«Uff, scusa se ci ho messo tanto. Ho avuto parecchio da fare... Spero sia andato tutto bene...»

Levi osservò il ragazzo. Tentò di darsi un contegno, perché gli sarebbe volentieri saltato addosso, ma non voleva gettare al vento i suoi evidenti sforzi di fare buona impressione. Di certo sarebbe uscito da lì con un nido di rondini in testa, piuttosto che ben acconciato. Dedicò quindi la sua attenzione nell'allacciare l'orologio al proprio polso.

«Sì, non preoccuparti. Tu piuttosto, hai avuto difficoltà?»

«No. Moblit e Nanaba mi hanno aiutato molto...» rispose, giocherellando con la cravatta che aveva tirato fuori dalla giacca ben abbottonata.

I suoi occhi verdi seguivano senza sosta ogni movimento di Levi, che sembrava essere già pronto nonostante mancasse ancora quasi un'intera ora prima della cena e non sembrava aver bisogno di alcun aiuto da parte sua. Eren attraversò quindi la stanza, poggiando la borsa tracolla che si era portato sul tavolo ed estraendo i vari fogli dal raccoglitore.

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