12 • Maybe this thing here just ain't meant for us

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Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, gli impegni si susseguivano, riempiendo le loro giornate, a volte a dismisura. Sembrava proprio -ma ormai tutti avevano la certezza che fosse esattamente così- che Smith scandisse i loro appuntamenti e riunioni, di modo che fosse praticamente impossibile per artisti ed assistenti incontrarsi al di fuori del regolare orario di lavoro, sotto lo sguardo attento del manager stesso.

Le loro stanze da letto erano sempre più lontane, i meeting di revisione ad orari sempre più imprevedibili. Non si poteva dire che non ce la stesse mettendo tutta per rimarcare il proprio controllo sulle vite di tutti loro.

Eppure, ogni giorno era un giorno in meno che separava Eren da qualunque cosa sarebbe accaduta, dopo la fine del tour. I dettagli non erano chiari neanche a lui.

Levi aveva parlato di villa a Mitras e camera da letto, ma non immaginava il proprio futuro come quello di una specie di concubino mantenuto e non c'era alcuna garanzia che il suo ruolo di assistente personale venisse rinnovato, al tour successivo, il quale sarebbe comunque avvenuto non prima di un anno.

Avrebbe sicuramente dovuto trovarsi, nel frattempo, qualcosa da fare. Un lavoro, un'occupazione. Aveva evitato di far parola di questi pensieri con Levi. Sapeva già cosa gli avrebbe detto: «Non hai bisogno di lavorare, resta con me e goditi il tuo meritato riposo», oppure «Potresti scrivere qualche canzone. Vuoi che ti faccia incontrare un agente discografico?», o ancora «Tu sei alle mie dipendenze e se ti dico che il tuo lavoro è dormire tutto il giorno, quello sarà il tuo unico compito e per quello verrai pagato!»

Non apprezzava nessuna di queste prospettive.

Certo, non gli sarebbe dispiaciuto tornare ad avere il tempo di scrivere e comporre, ma non riusciva a rilassarsi ed abituarsi alla pressione che lasciar leggere i suoi testi a qualcuno avrebbe comportato. Già solo consegnare il suo quaderno nelle mani di Levi aveva richiesto sforzi non di poco conto. La sua paura più grande era forse quella di sentirsi dire che quel che scriveva era carino, sì, ma non abbastanza. Si era sempre limitato a sognare il proprio futuro nel mondo della musica, e se non aveva mai fatto nulla per farlo avverare era perché l'idea di vederselo strappare via gli era ancora più insopportabile del vederlo incompiuto per causa propria.

Quelle, tuttavia, erano preoccupazioni che avrebbero dovuto attendere. In quel momento, ogni fibra del suo corpo, ogni minuto della sua giornata, veniva prosciugato. La sera, crollava addormentato quasi ancor prima che potesse accorgersene e non ricordava quand'era stata l'ultima volta in cui aveva fatto l'amore con Levi.

L'impegno di Smith era stato totalmente ripagato.

*****

«Smettila di perdere tempo, quattrocchi.»

«Shhh, che è un momento importantissimo!»

La luce dello schermo si rifletteva sulle lenti di Hanji, dandole un aspetto piuttosto sinistro.

Si trovavano nella sala ristorante dell'hotel, momentaneamente vuota ad eccezione di pochi membri dell'entourage della famosa band. L'albergo, in vista del loro ultimo concerto, era letteralmente sotto assedio e il numero degli ospiti era enormemente ridotto. Non che il direttore ne fosse molto dispiaciuto: oltre a un'enorme pubblicità, aveva incassato un buon indennizzo per l'inconveniente.

Il trillo del cellulare di Levi si udiva a malapena, tra i rumori della stanza. Scambiava messaggi con Eren ormai da tutto il pomeriggio. Gli sembrava di essersi improvvisamente trasformato in uno di quei ragazzini internet-dipendenti, incapaci di rimanere più di cinque minuti senza digitare parole su un touch screen e riceverne altrettante.

Spesso comunque, se impiegava troppo tempo a rispondere, quando sbloccava il cellulare si ritrovava la chat room invasa da decine di brevi messaggi formati solo da emoticon di cuori di vari colori. Un modo per esprimere affetto ed attirare la sua attenzione al tempo stesso.

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