01 • We do it like we rock star

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Un biglietto dorato, ecco cosa Eren stringeva tra le mani, come fosse la cosa più importante della sua intera esistenza.
Lo mostrò all'uomo della security che lo accompagnò lungo un corridoio all'apparenza infinito. Riflesso negli specchi alle pareti, Eren vide il proprio volto: i capelli spettinati, sudati ed appiccicati al viso arrossato, la giacchetta rosa, con la scritta NoName che lui personalmente aveva disegnato, qualche mese prima. L'aveva ricalcata con un pennarello la sera precedente, in occasione del concerto a cui aveva appena assistito.
Attorno alla fronte, come tocco finale, indossava una fascia con le iniziali degli artisti.
L'uomo si fermò di fronte ad una porta rossa. A prima vista sembrava essere morbida, fatta di stoffa imbottita e piccoli bottoni, ma ad uno sguardo più attento il ragazzo si rese conto di star guardando un disegno così realistico da apparire tridimensionale.

«Aspetta qui. L'evento comincerà a breve» gli disse lui, con voce professionale.

Lo guardò entrare, poi chiuse la porta alle sue spalle.
Eren rimase solo.
La stanza era buia al punto da essere soffocante. La luce non mancava, anzi il lampadario sospeso al centro della stanza compiva perfettamente il proprio dovere. Era il colore delle pareti, nero pece, ad assorbire ogni goccia luminosa che veniva prodotta.
Si avvicinò al tavolo di vetro, sul quale erano posate piccole ciotole di snack, bicchieri e bottiglie. Non toccò niente. Per qualche motivo, nonostante sapesse che quella stanza era stata approntata apposta per lui, sentiva di non averne il diritto.
Si mise invece seduto su uno dei due grandi divani di pelle rossa che occupavano la stanza. I suoi piedi calpestarono un tappeto di pelo bianco, che si chinò per toccare con le dita.
Soffice.
Il biglietto dorato scivolò e cadde a terra. Lo raccolse ed accarezzò la L in corsivo che vi era stampata sopra.
Ogni minuto che passava, lo avvicinava al momento.
Stava per incontrare il cantante della sua band preferita, dopo l'ultimo concerto di quella tournée, e quel piccolo pezzo di carta dorata era ciò che gli assicurava un'ora con L, un autografo ed una foto insieme.

«Stai calmo Eren, calmo...» mormorò a sè stesso, tormentosi nervosamente le dita delle mani.

Ma il cuore, invece di rallentare, accelerava ad ogni secondo.

* * * * *


«Mr. L, è pronto?»


La voce dell'assistente di scena arrivò chiara e squillante, attraverso la porta chiusa del suo camerino. L'uomo imprecò a voce bassa, tamponandosi il viso con un asciugamano. Odiava lo sporco e la sensazione che le bende, pregne di sudore dopo due ore ininterrotte di concerto, gli facevano provare. Certo, avrebbe dovuto esser loro grato. D'altro canto erano un valido strumento per condurre uno stile di vita anonimo, senza le relative noie che la notorietà portava, e suscitare allo stesso tempo la curiosità ed ammirazione nei propri fan.

Da fuori bussarono di nuovo.

«Mr. L?»

«Sto uscendo!»

Velocemente avvolse intorno al viso delle bende pulite, sistemandole così da lasciare il giusto spazio agli occhi e si guardò nello specchio.
Afferrò la giacca e la indossò, aprendo la porta. Non degnò di uno sguardo l'assistente che avrebbe dovuto accompagnarlo al luogo dell'incontro. Non gli serviva una guida, sapeva benissimo dove fosse stato piazzato il suo personale girone dell'inferno, fatto di ragazzine arrapate e mocciosi in cerca delle sue attenzioni.
Maledetto il giorno in cui aveva accettato quella fottuta iniziativa. Neanche tutta la beneficenza del mondo ripagava il disgusto che provava per chiunque aveva, fino ad ora, trovato seduto sul divano di quella saletta.
L'immagine stampata di un ticket dorato era appiccicata alla porta di fronte alla quale si fermò. C'era la sua iniziale, disegnata in bella grafia e l'uomo prese un profondo respiro prima di girare la maniglia ed entrare.
Attraverso le bende, il cantante osservò un ragazzo alzarsi in piedi, quasi saltando.

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