Capitolo I

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La sconosciuta

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La sconosciuta.

«Buon viaggio, allora. Spero che ci inviterai alla tua laurea. Tra due anni stringerai in mano quel bel pezzo di carta e lo incornicerai in salotto!» dice Alice, sorridendomi amichevolmente. I suoi occhi color topazio sembrano sprizzare felicità. Da quando la conosco, non l'ho mai vista imbronciata o di cattivo umore.
Se non fosse per il fatto che il suo corpo è completamente ghiacciato, potrei associarla al sole, così caldo e luminoso.
«Come fai ad esserne certa? Magari finirò fuori corso, o non finirò mai l'Università!» scherzo io, afferrando la mia borsa e facendole segno di avvicinarci alla macchina.

«Fidati di me. È raro che mi sbagli. Il mio sesto senso tende ad essere piuttosto preciso» scherza poi, seguendomi fino allo sportello posteriore dell'auto di Carlisle, che gentilmente si è offerto di accompagnarmi all'aeroporto.
Annuisco e l'abbraccio, cercando di riccacciare indietro le lacrime che minacciano di fuoriuscire e rovinarmi il trucco.

"Nessuno deve rovinare i miei capolavori!" dice sempre Alice. Oggi, forse per gentilezza e o per semplice amicizia, mi ha voluta truccare lei. Il risultato? Stento quasi a riconoscermi.

«Mi marcherai, Alice, davvero. Anzi, mi mancherete tutti. Appena mi sarà possibile, giuro che vi verrò a trovare. Grazie ancora dell'ospitalità» sussurro, mente lei mi accarezza i capelli e ridacchia.
«Ci mancherai anche tu. Adesso vai, o perderai l'areo!» mi risponde poi, lasciandomi salire in auto. La ragazza sorride e mi saluta con la mano, mandandomi un bacio e Carlisle mette in moto il veicolo, cominciando ad imboccare la strada provinciale.
Ho amato Forks. Non rimpiango niente del mio soggiorno qui. Il tempo non è stato sempre dei migliori, ma svegliarsi con la pioggia che picchietta sul vetro è stato rilassante.

«Alice ha ragione. – dice il signor Cullen, rompendo il silenzio che regnava in auto – Ci mancherai molto».
Sorrido e lascio che i nostri occhi si incontrino tramite lo specchietto retrovisore «Mi avete fatto sentire a casa, per quanto sia possibile per me» replico, abbozzando un mezzo sorriso.
Lui annuisce «Sappi che qui sarai sempre la benvenuta, Clarissa» dice, mantenendo ora lo sguardo fisso sulla strada. Sentirli dire queste frasi mi fa percepire un buco enorme nel petto. Non sono mai del tutto riuscita a colmare la voragine scavata dall'assenza nella mia vita di una figura materna e paterna a cui fare riferimento nei periodi critici della mia patetica esistenza. Non rispondo, ma tutto ciò che riesco a fare e limitarmi a sorridere ancora una volta alle sue parole affettuose. Il signor Cullen però vuole mantenere viva la conversazione e mi pone una domanda che in molti mi hanno già presentato in passato.

«Smetterai mai di cercare notizie su di loro?» mi chiede il dottore, svoltando a destra.

Come potrei smettere di cercarli, di ricercare quanto più notizie possibili su di loro? Tutto quello che so è che mia madre morì dandomi alla luce, mentre di mio padre non so niente. Non so nemmeno da qualche città provenga, sono sempre stata una sorta di fantasma. Nessuno sa niente di me, nemmeno io stessa.
Comincio a pensare che la mia vita resterà per sempre un'incognita.
«Carlisle, non posso darmi pace finché non riuscirò almeno a scoprire l'identità di mio padre. Sembra che provenga dalle viscere della Terra... Insomma, nessuno mi conosce. Tutto ciò che possiedo dei miei genitori è il mio nome» dico, guardando il paesaggio scorrere veloce fuori dal finestrino.
«È giusto cosí» conclude lui il discorso, lasciandomi sprofondare di nuovo in un vortice di solitudine a me, purtroppo, così familiare.

L'apologia del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora