Capitolo VI

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Una tragica storia d'amore

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Una tragica storia d'amore.

Sparisce sempre alle dieci di sera senza preoccuparsi di fornirmi una buona spiegazione e torna da me una mezz'ora dopo. Dove andrà? Incontrerà qualcuno? Quel vampiro è un mistero e muoio dalla voglia di sapere che cosa fa quando mi lascia sola in albergo. Perché non mi porta con sé? Il suo compito è farmi da balia, del resto. È una sorta di angelo custode letale.
Senza nulla da fare se non aspettare il suo ritorno, mi sdraio sul letto e comincio a pensare alle parole gelide di Vittorio, che ieri pomeriggio mi hanno lasciata con l'amaro in bocca. Con l'aiuto di Demetri, sono riuscita ad inventarmi una scusa per giustificare la mancanza di messaggi o chiamate da parte di sua moglieLoredana. Ho finto la sua scomparsa. Un allontanamento volontario, ho detto ai Carabinieri. Vittorio, non appena lo è venuto a sapere, mi ha chiamata.

"É instabile. Dimenticati di Loredana. Non tornerà più. Starai meglio senza di lei".

Come può un marito dire questo? Non mi capacito. Indignata, gli ho attaccato il telefono in faccia e non gli ho più rivolto parola. Non credo di farlo comunque neanche in futuro, ammesso che ne potrò ancora avere uno. Il mio destino è segnato. Devo accettarlo. Un'improvvisa ventata che mi investe, sferzandomi il volto, precede l'arrivo di Demetri. È tornato puntuale come al solito.
«Bentornato» sussurro, chiudendo gli occhi pigramente. Ogni volta che il vampiro ritorna, tendo a rilassarmi. Il mio corpo si sente protetto dalla sua presenza.
«Cosa stavi facendo?» mi domanda lui.
«Riflettevo» mi limito a dire.
«Su cosa?».
«Sull'incapacità degli uomini di amare».

Riaprendo gli occhi, scorgo Demetri fissarmi con un velo di tristezza negli occhi e mi metto a sedere sul letto. Cosa ho detto di male? Il suo sguardo è distante, spento. Azzarderei a dire addirittura triste.
«Alcuni non ne sono solo più in grado, non credi? Magari è successo qualcosa che li ha cambiati» commenta con tono piatto, sedendosi sulla poltrona nera all'angolo della stanza. Si è incupito terribilmente. Mortificata, cerco di tamponare la situazione e smetto per un po' di stare sulle difensive.
«Sembra che tu ne sappia qualcosa a riguardo» sussurro, giocando il bordo della mia maglietta pur di non incontrare il suo sguardo. L'aria che aleggia in questa stanza è irrespirabile. La tensione si taglia con il coltello e la tristezza sta ricoprendo ogni angolo delle camera, ogni singolo mobile, oggetto e addirittura me. Quel ragazzo emana ondate di gelo artico con il suo sguardo. Metaforicamente parlando, sono immersa in un mare di dolore. Il suo dolore.
«Ho più di duemila anni. So molte cose» risponde simplicemente, rendendo l'agonia ancora più lunga. In duemila anni di esistenza ha sicuramente provato un sentimento profondo verso qualcuno.
«Ti sei mai innamorato, Demetri? Hai mai amato qualcuno?» lo sfido poi con voce tremante.

Silenzio. Un lungo e insostenibile silenzio mi torna indietro come risposta. Non vuole aprirsi. Non vuole parlarne. Che cosa mi aspettavo?

L'apologia del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora