Trentotto

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Mi sollevai sulle ginocchia, facendo un respiro profondo. La spalla mi faceva male ed ero piuttosto sicura che a breve sarebbe comparso un livido giallognolo, ma non mi importava. Dovevo solamente trovare il modo di calarmi dalla finestra.

Recuperai le mie scarpe e me le legai ai piedi, cercando di ragionare il più lucidamente possibile. Per quanto la neve potesse rappresentare un soffice tappeto su cui atterrare, mi trovavo troppo in alto per poter azzardare un salto.

Avevo bisogno di calarmi lentamente, magari tramite una fune. Ovviamente, però, nella stanza che mi aveva riservato il Conte non era compreso il kit per la fuga.

Mi sfilai la coperta dalle spalle e la srotolai completamente sul pavimento. Sembrava sufficientemente lunga da permettermi di raggiungere il cornicione sottostante, ma di certo non abbastanza da farmi arrivare sana e salva a terra. 

Mi avvicinai alle tende. La mia caduta aveva spezzato uno degli anelli che le tenevano fisse al soffitto e di certo sarebbero state abbastanza lunghe da permettermi di fuggire senza fatica. Avrei però dovuto trovare il modo di staccarle dal bastone a cui erano legate. 

L'avevo già fatto svariate volte a palazzo, ogni qualvolta ci fosse bisogno di lavarle. Ma in tutti quei casi mi ero sempre avvalsa dell'aiuto di una scala piuttosto alta, di cui al momento ero sprovvista. Forse se mi fossi arrampicata sopra alla cassettiera sarei riuscita a raggiungere il soffitto, ma prima avrei dovuto trasportarla attraverso tutta la stanza, dalla parete alla finestra.

Mi sistemai i capelli dietro le orecchie e cercai di farmi forza, iniziando a tirare verso di me il pesante mobile in legno. La superficie era talmente lucida da impedirmi di avere una presa salda sui cassetti, il mobile troppo pesante e pericolante. Tirandolo avrei rischiato solamente di farmelo cadere addosso.

Provai a spostarmi lateralmente e a spingerlo lungo la parete, senza ottenere un risultato migliore. I cassetti erano vuoti, quindi il peso era dato solamente dalla struttura robusta del mobile. Non c'era modo di spostarlo di tutti quei metri, non senza l'aiuto di qualcun altro. 

Mi passai le mani sul viso, sospirando. Forse avrei potuto appendermi alle tende e sperare che si strappassero abbastanza in alto da rimanere utilizzabili per il mio scopo. Mi arrotolai due estremità del tessuto attorno alle braccia e mi piegai verso il pavimento tirando con tutta la forza che avevo. 

Il tessuto era troppo robusto per strapparsi e gli anelli troppo numerosi per poterli rompere uno ad uno come avevo rotto il primo. Tentai nuovamente con più forza o con movimenti più rapidi, ma non c'era verso di farle cadere. 

Mi sedetti sul bordo del letto, evitando accuratamente i cocci e gli avanzi di cibo sul pavimento, allontanando la delusione. Ero riuscita a spezzare le grate che tenevano chiusa la finestra, non potevo arrendermi ora. 

Volevo andarmene di lì, ma non ero certa di voler rischiare la vita gettandomi dal terzo piano sul terreno innevato. Lo strato di neve era piuttosto alto, ma non abbastanza da impedirmi di farmi del male. E se ci fosse stata una pietra nascosta sotto la neve? Avrei rischiato la vita.

Tornai alla finestra, osservando il profilo della dependance in lontananza. Anche ammesso che fossi riuscita a raggiungere il terreno sottostante, cosa avrei potuto fare? 

Mi sarei ritrovata pressoché nuda, sola e senza una meta in mezzo alla neve gelida. Avrei probabilmente tentato di raggiungere Clelia, nella speranza che almeno lei mi proteggesse dal Conte. Mi rifiutavo di credere che fosse d'accordo con lui, che sapesse dove mi trovavo.

Un'idea mi balenò in mente. Mi spinsi più in fuori, abbassando lo sguardo lungo la parete. Lungo il cornicione del secondo piano si trovava un'altra fila di finestre e a pochi passi verso sinistra due finestre erano spalancate.

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