1 Dipartimento di Busan

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"È una minaccia signor giudice, questa persona non si è fatta nessun problema ad accoltellare quel ragazzo a sangue freddo, merita una punizione esemplare"

Il giudice sbattè il martello sul tavolo: la dichiaro colpevole a 10 anni di prigione.

3 anni dopo.

Dipartimento di Busan.

»Nella cartella ci sono tutti i nomi signore, i nuovi sorveglianti sono stati selezionati attentamente, ognuno di essi mostra un profilo adatto all'incarico«, disse uno dei sergenti sistemandosi il cappello. »Per ora è tutto, puoi andare Kim«, »agli ordini signore«.

Il sergente uscì dalla porta chiudendola lentamente dietro di se. Il capo del dipartimento si alzò dalla sedia per poi raggiungere la stanza dei sorveglianti.

»Vediamo un po..

Lee Mihyun,

Lee kibum.. E infine..

Park jimin, congratulazioni reclute.«

-Park jimin era un ragazzo ben curato di aspetto. Teneva molto alla sua immagine. Era nato a busan. Capelli ben composti di un grigio quasi splendente, un viso delicato ma al tempo stesso molto sensuale, occhi come fessure, piccoli ma penetranti. Le sue labbra carnose, di un bellissimo rosato.
Jimin sembrava quasi una bambola, da quanto era perfetto. Non era molto alto, sul metro e settantacinque ma comunque il suo fisico era scolpito.
Attraverso il tessuto dei pantaloni neri attillati si intravedevano i muscoli delle gambe. jimin amava ballare, era delle poche passioni che praticava nel tempo libero.-

Il capo finì di elencare la lista ad alta voce riferendosi ai tre ragazzi che aveva di fronte.
Jimin doveva ammettere che era eccitato all'idea di questo lavoro, onestamente non aveva mai puntato a molto nel lavoro della sorveglianza. Aveva partecipato ad un concorso comunale mesi addietro per accontentare una stupida bizza di sua madre.

"Oggi verrete trasferiti nel carcere di massima sicurezza di Seoul. Ovviamente come avrete intuito dal nome questo compito non sarà facile" il capo accigliò lo sguardo per poi guardare direttamente nella direzione di jimin.
"Signor Park, lei è stata la nostra prima scelta tra i partecipanti, mi aspetto un lavoro egregio"
"Si signore".
Jimin fece un inchino di riconoscimento.
Va bene che erano in carcere, ma non gli sembrava poi un lavoro così difficile.. Pensò mentre stava fissando ancora il capo negli occhi.
"non la deluderò signore".

Jimin e gli altri si incamminarono verso il pulman blindato della polizia che stava attendendo solo loro.
Se lo spaventava l'idea di finire in un carcere di massima sicurezza? Beh, certo che si ma col suo lavoro era abituato ormai a certi elementi. Non era la prima volta che aveva a che fare con bifolchi e poco di buono.

Entrò per primo, posò la mano nella porta del pulman e fece uno scatto per entrare.
Si sedette in un posto vicino al finestrino e poggiò la mano al suo viso sostenendosi con il gomito. Le porte si chiusero una volta che mihyun e kibum entrarono e a loro volta si sistemarono nei sedili.

"Emozionato park? Ti vedo pensieroso" sogghignò mihyun con una risatina quasi insopportabile.
"Niente di che". Jimin rispose prontamente alla chiara provocazione del collega, ma cercò di non dargli molto spago.
"Dicono che sia pieno di individui davvero pericolosi"
A quel punto jimin sbuffò rumorosamente voltandosi nella direzione del ragazzo.
"Beh cosa ti aspettavi?" rispose mentre si allacciava la cintura guardandolo con aria scocciata.
"Stiamo andando in un carcere, non in un parco giochi".

Uno dei tanti sergenti fece cenno all'autista, il motore si accese e finalmente partirono verso il carcere di seoul e dentro quel pullman regnava solo un grande silenzio.

Jimin tirò fuori dalla borsa le cuffie che teneva sempre con sé e mise una delle sue canzoni preferite, young and beautiful di Lana del Rey.
Dal finestrino oscurato poté notare come il paesaggio pian piano cambiasse sotto i proprio occhi. Come avrebbe dovuto comportarsi una volta arrivato in quella struttura? Chissà cosa aveva fatto quella gente per essere finita rinchiusa in uno dei carceri più sorvegliati di tutta la corea del sud.
Quel pensiero gli fece accapponare la pelle e si strinse nel suo giubbotto di pelle, incrociò le braccia al petto cercando di non pensarci.
Probabilmente suo padre sarebbe stato contento della sua scelta lavorativa.
Il sogno di jimin era sempre stato quello di ballare, ma i suoi genitori erano sempre stati contrari a tutto questo, e per non deludere le loro aspettative aveva semplicemente accettato la vita così come gli era venuta.
"Ballare è una cosa da gay" dicevano.
Jimin poggiò la testa sul freddo finestrino cercando di non pensare a niente e senza accorgersene cascò in un sonno profondo.

Don't Judge Me  |                                                         JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora