33.

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La fronte di jungkook era ricopera di sudore, dai capelli grondavano gocce pesanti che si riversavano sul cuscino.
Per quasi tutta la notte il corvino si era rigirato fra le sue coperte, stringendo i lembi del tessuto fra le sue dita, cercando di dimenticare, di dimenticare tutto il dolore che stava provando, e tutte le frustrazioni che appesantivano il suo cuore.
Per tutta la notte aveva avuto incubi, incubi del suo passato.
Quel coltello.
Ancora una volta quell'oggetto affilato fra le sue mani, e un secondo dopo, nell'addome di quel ragazzo.
Con uno scatto jungkook si alzò di soprassalto, il fiato pesante e gli occhi sbarrati nel niente.
Deglutì passandoci una mano fra i capelli ormai fradici di sudore, l'altra mano sul petto per cercare di regolarizzare il respiro.
Si guardò intorno per qualche attimo, tutto taceva.
La finestrella che si trovava in cima alla sua cella faceva passare i pochi raggi del sole che stava nascendo all'alba.
Si rimise disteso nel letto, ancora il suo cuore batteva all'impazzata, il suo respiro non accennava a diminuire.
Si coprì con le lenzuola, nascondendo la testa sotto di esse, un giorno tutto quel male sarebbe finito, prima o poi, ma come aveva imparato a sue spese, non c'era mai fine al peggio.
Sentì sussurrare fuori dalla sua cella, strizzò gli occhi, cercando di dimenticare anche quella voce, ma non poté nulla.
"Jungkook so che sei sveglio" ancora ripetè.
Il corvino si strinse ancora di più fra le lenzuola, avrebbe voluto sparire, avrebbe voluto svegliarsi e rendersi conto che tutto questo era stato solo un tremendo sogno.
"Rispondimi" la voce di yongyun squillò e il corvino dovette soltanto accettarlo.
"Cosa vuoi ancora" jungkook si tolse le lenzuola dal viso, ancora disteso nel suo letto.
"Ho origliato parte della conversazione di Park e del direttore, ci siamo amico" ghignò con aria maligna.
"Non sono tuo amico, non chiamarmi tale" grugnì, rigirandosi nel letto, non guardandolo nel viso.
"Che ti prende, mh? Non sei felice di questa notizia, tra poco tu ed io saremo fuori da tutta questa merda. Dobbiamo solo ringraziare il nostro caro e dolce Park" rise un altra volta, alzando gli occhi al cielo, "è davvero stato un ingenuo, lui è quel suo animo buono, davvero io-".
"Non parlare così di lui" mormorò la voce del corvino, improvvisamente più profonda.
Yongyun lanciò un occhiataccia al ragazzo, corrugando la fronte a quelle parole, "che cosa hai detto?".

"Ho detto di non parlare così di lui" jungkook con uno scatto fece scivolare via le coperte dal suo corpo, alzandosi in piedi, avvicinandosi al moro fuori dalla sua cella.
"Non voglio più fare questo stupido gioco del cazzo" mormorò vicino al suo viso.
Yongyun sbuffò una risata, guardando il corvino negli occhi, incrociando le braccia al petto.
"No? Abbiamo un patto, ricordi?" accigliò lo sguardo.
"Non voglio più farne parte" ringhiò vicino al suo viso il corvino.
Yongyun con uno scatto prese con la mano la maglia del corvino, attirandolo a sé, facendolo sbattere nel ferro delle sbarre, "un patto è un patto, tu i tuoi amici, io i miei soldi, oppure vuoi che succeda qualcosa alla tua piccola signorina? Mh? Che c'è Jeon jungkook, ti sei innamorato del ragazzo di cui ti sei preso gioco per tutti questi mesi?" ringhiò vicino al suo viso, tenendolo saldo sul ferro della sua cella, mentre quest'ultimo si contorceva dal dolore.
"Non puoi tirarti indietro, sei nato mostro e morirai mostro" con una spinta lo fece cadere all'indietro.
"Stammi bene Jeon, e vedi di non far cazzate" yongyun si allontanò dalla cella del ragazzo, richiudendo la porta alle sue spalle, lasciando jungkook sul pavimento, ancora una volta.

Il corvino rimase con il capo chino per interminabili minuti, le sue forze l'avevano abbandonato ormai, non aveva più nessuno motivo di rialzarsi.
Un mostro.
Yongyun aveva ragione, era un mostro.
Si rialzò a fatica, scrollandosi dai pantaloni residui di polvere che erano rimasti impigliati nel tessuto, sedendosi al bordo del letto.
Non aveva alternative, non esistevano alternative alla sua vita.
Nel frattempo il sole era già salito alto in cielo, e molti dei carcerati si erano svegliati.
Jimin si stropicciò gli occhi, arruffandosi i capelli, guardando il soffitto della sua stanza, quel luogo iniziava quasi a considerarlo casa, quasi non ricordava più come era fatta camera sua.
Si alzò, sciacquò il suo viso con dell'acqua tiepida, si lavò i denti e indossò la divisa da lavoro, pronto per un altra giornata.
Uscì dalla sua stanza e le urla dei carcerati erano già presenti in tutto il corridoio, sbuffò pesantemente scuotendo la testa.
Con il manganello iniziò a battere sulle celle di tutti i carcerati, ricevendo le solite occhiate e i soliti commentini poco cortesi a cui ormai era abituato.
Fece il giro, arrivando fino all'ultima cella, quella di jungkook, con un gesto gentile fece mosare il manganello sulle sbarre.
Jungkook era seduto sul letto con il viso chino, alzò di poco la testa per incontrare lo sguardo del grigio, che immediatamente gli rivolse un leggero sorriso.
Il corvino si sforzò per ricambiare il gesto, sentendo il cuore sempre più pesante a quella vista straziante.

Don't Judge Me  |                                                         JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora