VII.

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Note d'autrice: pubblicare a mezzanotte equivale a pubblicare comunque di mercoledì? 😂
Perdonate il lieve ritardo, come al solito spero che questo capitolo vi piaccia (non vedevo l'ora di farvi leggere di questa festa)!
Buona lettura ❤




VII.


«Sorpresa!»

La festa era cominciata così.

Si erano nascosti in casa di Raffaele, zitti, nel salone buio, con cappellini di carta appuntiti e striscioni di compleanno. Lui era tornato a casa con Aurora, aveva acceso la luce e aveva trovato tutti i suoi amici lì, quelli della comitiva, del calcetto e dell'università. Non se l'aspettava: era sobbalzato e poi era corso a ringraziare tutti. La prima che doveva ringraziare era proprio Aurora, la sua ragazza. Senza il suo contributo lui non sarebbe nemmeno stato attirato fuori di casa e loro non avrebbero avuto il tempo di intrufolarsi.

Ognuno aveva portato qualcosa da mangiare e si ritrovarono perciò con quantità industriali di cibo e bibite, alcoliche e non: pizzette, rustici, crostate salate, involtini di verdure, panini, patatine, arachidi, cornetti, graffe, Coca Cola, aranciata, birra, liquore, sangria.

Bruno aveva preparato la torta, che ora era al sicuro in frigo.

Qualcuno mise della musica.

Matilde, una Peroni ghiacciata tra le mani, riconobbe subito la canzone e per poco non venne trascinata da Sara a ballare al centro del salone con gli altri. Never gonna give you up, Rick Astley. Doveva essere la playlist anni Ottanta di Carmine. Lui e Yousef si misero a cantare abbracciati, ancheggiando a ritmo di never gonna make you cry, never gonna say goodbye e attirandosi le risate degli altri. Yousef fece un casqué tra le braccia dell'amico.

Ecco, a loro piaceva stare al centro dell'attenzione. Yousef si beava di quei momenti. Amava intrattenere gli altri, perché questo faceva dipendere tutti da lui. E a lui si ancoravano tutti gli sguardi, Matilde lo notava. Anche quello di Clarissa non sfuggiva all'ancoraggio, nonostante cercasse di resistere.

Matilde si appoggiò al muro e bevve un lungo sorso di birra. Accanto a lei c'era Katia. Stranamente non le aveva ancora rivolto la parola, da quando si erano incontrate. A Matilde venne un sospetto.

Fu istantaneo, un ronzio d'insetto nell'orecchio: e se avesse capito qualcosa?

Sentì il gelo sulla pelle. Si voltò verso di lei.

«Sei silenziosa stasera» osò, con un sorriso accennato. «Che è successo?»
Katia addentò una pizzetta presa dal piatto di plastica che aveva riempito e rispose senza alzare gli occhi: «Ma no, niente.»

Nessun'altra domanda, nessun proposito di cambiare argomento.

Matilde strinse di più la presa sulla birra. «Dài, davvero» riprovò, con un tono involontariamente supplichevole, lamentevole.

Forse fu il tono la carta vincente. Katia le rivolse uno sguardo un po' deluso. «Senti, te ne volevo parlare dopo la festa, ma se proprio insisti... Sinceramente, perché non mi hai detto di te e Yousef?»

Matilde si trattenne dal tirare un sospiro di sollievo. Era una banale incomprensione tra amiche. Era superabile. «Non l'ho detto a nessuno...» Come aveva potuto pensare al peggio? Doveva trattarsi per forza di quello. Katia non le aveva scritto nemmeno un messaggio in quei giorni. Era un po' arrabbiata con lei per averla tenuta all'oscuro, e basta.

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