XIV.

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Note d'autrice: voi non avete idea della quantità di scale che si possano fare nel corso di una settimana in Croazia. Davvero.
Detto ciò, approfitto delle note per specificare che tutte le espressioni colloquiali/regionali presenti nei dialoghi tra gli amici della comitiva sono volute. Ci tengo a rendere le loro voci realistiche~
Buona lettura ❤




XIV.



«Uagliù, rapidi o perdiamo il traghetto.»

La voce di Carmine risuonò lungo la strada e, come un richiamo paterno, esortò gli amici a sbrigarsi. Yousef, Matilde e Katia erano con lui in testa al gruppo. Alcuni, tra gli altri, nemmeno riuscivano a vederli per quanto erano rimasti indietro.

«Quello dopo a che ora sta?» chiese Katia, con un po' di affanno.

«Tra un'ora e mezza. E poi abbiamo già comprato i biglietti, perderemmo i soldi» rispose Yousef, che era il migliore nel reggere il passo veloce e a gestire il respiro. Si trascinava Matilde tenendola per mano, per non farla rallentare. Matilde era un po' contrariata, perché non aveva bisogno di lui per camminare velocemente, ma non disse nulla. Non avevano grande scelta, in ogni caso. Era l'unica andatura possibile per arrivare in tempo al porto. Lamentarsi avrebbe solo reso tutti più nervosi.

Erano le dieci della mattina del terzo giorno. Avevano deciso di visitare l'isola di Brac, meta di cui si sentiva tanto parlare per le sue spiagge, ma avevano di nuovo calcolato male i tempi. Il porto era più distante del previsto, a circa due chilometri dalla villa.

Stavano percorrendo la strada che portava in paese. Non avevano grandi speranze di arrivare in tempo, ma non si sarebbero arresi.

A un certo punto dovettero fermarsi per recuperare gli altri. Raffaele, Aurora, Sara e Valeria li raggiunsero quasi subito.

Yousef ne approfittò per chiedere indicazioni al responsabile di un minimarket locale che era appena uscito dall'edificio per fumarsi una sigaretta. Aveva persino imparato delle parole in croato, perché ormai imparare parole ed espressioni nuove in una lingua straniera gli riusciva benissimo. Matilde lo guardò comunicare con quell'uomo in maniera piuttosto disinvolta e spontanea, metà in inglese e metà in un misto di lingue slave, e si rese conto che un po' lo invidiava.

Tornò presto da loro. «L'amico croato lì mi ha detto che c'è una scorciatoia, ma dobbiamo scendere il pendio alle prossime scale, per tagliare, altrimenti fare il giro lungo per il paese. Che dite?»

«Ovvio, tagliamo» fece Carmine.

«Sono un sacco di scale.»

«Almeno le facciamo a scendere.»

Camminarono un altro po' e arrivarono a una lunga scalinata scolpita nella roccia. Se si affacciavano riuscivano già a vedere il porto e le imbarcazioni ormeggiate.

«Vabbè» sospirò Yousef, fermandosi. «Fate una cosa: avviatevi. Aspetto io gli altri per avvisarli della scorciatoia. Dovremmo farcela.»

Gli amici non se lo fecero ripetere. Carmine gli diede una pacca sulla spalla. Solo Matilde non li seguì.

Yousef la guardò. Sembrò sorpreso e allo stesso tempo compiaciuto della sua scelta. «Che fai, Mati, non vai?» domandò lo stesso.

«Aspetto anch'io.» Con il rischio di perdermi la gita, insieme a te. «Così farebbe una brava fidanzata, no?»

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