XXVIII.

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Note d'autrice: ci siamo. Red Flags è giunta a una - sofferta - conclusione. Non so voi, ma io sono molto emozionata, anche perché questa storia ha svolto un ruolo fondamentale nel mio percorso da autrice. Sono davvero felicissima di averla scritta, ma soprattutto di aver ricevuto un calore così immenso dalle persone che l'hanno letta. Grazie di cuore. Non esitate a scrivermi qualsiasi considerazione vi venga in mente ❤️ Vi consiglio solo di non rimuovere la storia dalla biblioteca. Dopo questo capitolo, appena avrò tempo, pubblicherò un capitolo extra che forse vi strapperà qualche sorriso, e poi altri contenuti aggiuntivi, un po' come avevo già fatto con Folie à Deux.
A presto, dunque, e buona lettura!




XXVIII.



Era giunto il momento di abbandonare tutte le proprie armi. Di ricostituirsi, dalle basi, e ridefinire la propria identità, dopo averla fatta a pezzi. Farne venire al mondo una nuova, una che rispecchiasse davvero la persona che era diventata. Per Matilde non restava altro da fare.

Stava compiendo uno sforzo immenso. Stava scegliendo. Non sapeva perché avesse trovato sempre così difficile scegliere. Una parte di lei amava essere incasellata in un sistema familiare in cui non si dovessero prendere delle decisioni. Forse era semplicemente una codarda.

Ma non lo era adesso. Adesso capiva il perché delle vertigini. Negli ultimi tempi, ogni volta che doveva affrontare delle altezze il suo corpo la rigettava immediatamente indietro. Perché in Croazia aveva pensato che gettarsi da un balcone fosse giusto.

Il suo corpo aveva imparato a dirle: no. Il suo corpo voleva vivere.

Matilde lo stava ascoltando.

Era un bene ripartire da lì, da sé. Non da Francesco, e nemmeno da Yousef. Da sé. Essersi distaccata da loro le aveva giovato, in qualche modo.

Per quanto avesse pianto, quella notte. L'ultimo pianto che avrebbe dedicato a uno dei due, si era ripromessa. L'ultima notte di autocommiserazione.

La mattina del suo ventiquattresimo compleanno, Matilde si svegliò e si sentì stranamente appagata. Aveva dormito un po' più del solito.

Si preparò una colazione abbondante per festeggiare. Non aveva ricevuto nemmeno un messaggio d'auguri, al momento, ma fu soddisfatta nel realizzare che non le importò poi molto.

Cucinò i pancake in una padella antiaderente. Fece sciogliere una tavoletta di cioccolato fondente a bagnomaria, per poi versarlo sulla pila di dolci. C'era, in effetti, un aspetto tenero e bambinesco dell'essere soli: avere tutto il cibo per sé. Ancora più appagante era cucinarlo, perché il fine diventava nutrire se stessi e nessun altro. Nessun altro. Prendersi cura di sé, viziarsi, nel modo che più si preferiva. Matilde scelse il cioccolato, quella mattina. Un succo di frutta alla pesca, dopo.

Mangiò di gusto. Mangiò tutto, fino all'ultima briciola.

Scegliere di vivere. Scegliere di nutrirsi.

La sera prima aveva scelto di confessarsi a Yousef, pur sapendo di farlo invano. Era l'ultimo passo prima di ripartire, a prescindere da cosa avrebbe risposto lui. Era tempo di svelare quante più verità possibili, e conservare un unico segreto, il segreto di quella loro estate al mare. L'avevano lasciato lì, in terra straniera, ma il bagaglio al rientro era stato comunque più pesante che all'andata. Quel segreto bastava per tutto il resto delle loro vite. Allora avrebbero dovuto liberarsi dei segreti più piccoli. Tra di essi, un'innocua e inconcludente, ma necessaria, dichiarazione d'amore.

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