XXII.

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Note d'autrice: come avrete sicuramente notato, l'aggiornamento di questa settimana è stato un po' ballerino 😂 Il prossimo capitolo lo rimando al 28 o 29 gennaio.
Buona lettura!

Ps: buon compleanno, Anna e Alessia ❤




XXII.



Il trenta settembre Giorgio Romano e Ilenia Navarra divennero marito e moglie.

Yousef aveva applaudito, quando avevano fatto il loro ingresso trionfale sulla terrazza di Villa Dell'Angelo, Posillipo, accerchiati da amici e parenti. Erano entrambi di bassa statura, Giorgio aveva un pizzetto curato e il viso furbo. Dopo un giro di saluti, erano venuti a salutare anche lui. Ilenia l'aveva accolto con più calore di quanto fosse appropriato: «Mi fa davvero piacere che tu sia venuto! Sentiti come a casa tua, bevi quanto vuoi, ma attento a non precipitare a mare.»

Aveva fatto una battuta a cui i due sposi avevano riso, ma se l'era subito dimenticata. Matilde era appoggiata al suo braccio con entrambe le mani. Ogni tanto lo tirava per la manica, incitandolo a salutare questo o quel familiare.

Yousef sentiva di diventare di minuto in minuto più insofferente. Ed era appena arrivato. Per concessione di Matilde, aveva potuto evitare la cerimonia in chiesa, e l'aveva raggiunta solo per la cena.

Quella delle presentazioni era stata la parte peggiore. Era imbarazzato, ma in un modo diverso da quello che chiunque potesse pensare. Non gli importava nulla dei Navarra-Romano. Dopo aver lasciato Matilde sarebbero stati solo un banale ricordo spiacevole. Ma gli importava dei loro sguardi, che lo mettevano terribilmente a disagio, lì e in quel momento, anche se cercava di sembrare tranquillo. Erano sguardi di bianchi, sguardi di ricchi e benestanti, che notavano in lui qualcosa di stonato. Forse non ne erano consapevoli, ma un gesto così semplice come uno sguardo poteva portare con sé un peso incommensurabile.

E le chiacchiere erano ancora peggio.

«Però è un bel ragazzo» aveva sentito dire da una zia di Matilde, che stava parlando con un altro parente.

Però.

Il però era la parola chiave.

Sapeva per certo che qualcuno dava per scontato che fosse un immigrato. Un quarantenne atletico in completo grigio chiaro, tale Massimo, che si era rivelato essere il nuovo marito della madre di Matilde, gli aveva addirittura chiesto: «Da dove vieni?»

Lui aveva detto, alzando un po' il mento, segno di una vena di disprezzo: «Da Capodimonte.» E l'altro si era messo a ridere, dirottando poi la conversazione altrove.

Per l'aperitivo di benvenuto lo staff della villa aveva allestito un buffet di stuzzichini e finger food su un lato della terrazza. Gli avevano offerto un Martini, che lui aveva bevuto subito.

Prima della cena ne prese un altro.

Il sole stava calando lentamente nel mare. Era un autunno ancora caldo. Il cielo aveva acquisito una tonalità d'oro rosa, come le decorazioni del matrimonio. I fiori soprattutto, sparsi in ogni dove, raccolti in vasi, bouquet e corone. Yousef doveva ammettere che era tutto molto suggestivo e per nulla pacchiano.

Più osservava, più si rendeva conto che quella gente vestita in abiti eleganti e costosi non poteva che essere imparentata con Matilde. Che a lei piacesse o no, aveva lo stesso loro atteggiamento: camminavano con la schiena dritta, appropriandosi dello spazio intorno a sé, senza aggressività, solo con una naturalezza fastidiosa e una certa indolenza.

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