Capitolo 9

284 20 1
                                    

«Una sfida? Che tipo di sfida?» chiesi, confusa. 

«Una sfida per vedere se sei davvero in grado di fare l'attaccante.» 

Strabuzzai gli occhi. «Ma... Ma Kevin...!» 

Mark ci raggiunse. «Che succede?» 

«Mark, ho proposto a Katsumi una sfida. Per vedere se ha le capacità di fare l'attaccante.» 

Anche Mark aggrottò le sopracciglia. «E in cosa consiste questa sfida?»

«È semplice. Dovrà superare la difesa e poi tirare in porta e segnare con una tecnica.» 

Ero convinta Mark non avrebbe accettato, ma invece, annuì. «E va bene. Proviamo!» 

«Aspetta, Mark! L'ultima volta ho fatto l'Impulso Cremisi, ma oggi... Non so...» 

«Katsumi, vedrai che ce la farai! So che ne hai le capacità.» mi interruppe lui. Poi corse ad avvisare gli altri insieme a Kevin. 

Mi morsi il labbro. Non ero per niente sicura. In fondo, anche durante la partita contro la Occult avevo usato l'Impulso Cremisi, ma poi agli allenamenti non era venuto fuori nulla. 

A interrompere i miei pensieri fu una mano che si poggiò sulla mia spalla. Mi girai e scoprii che era Axel. 

Mi sorrise. «Mi raccomando, Katsumi. Ricorda bene le sensazioni.» mi disse, per poi avviarsi verso la panchina. 

Mi posizionai a centrocampo, palla al piede. Mentre gli altri si preparavano, riflettei sulle parole di Axel. Dovevo ricordare le sensazioni. Il vento tra i capelli, l'adrenalina nel sangue... Ma come facevo a provarle di nuovo? Dovevo pensare alla causa.

La sfida iniziò. Ormai ci avevo preso la mano con il dribbling, perciò superai la maggior parte dei difensori con la velocità, mentre con gli altri, tipo Nathan, che mi raggiungevano, utilizzai la mia strategia, che pur essendo ancora poco sviluppata funzionava. 

Nel mentre pensai. Cosa mi aveva spinto a sentirmi così combattiva? La determinazione di Mark? Il timore degli avversari? 

Poi ricordai le parole di Kevin. "Ho fiducia che sarai anche troppo brava per quella tecnica." mi aveva detto. 

Lì, capii. Era la fiducia. I miei compagni credevano in me. Avevano visto di cosa ero capace, ed erano fiduciosi che ci sarei riuscita ancora. 

Ricordai come tutti erano accorsi da me, quando avevo fatto l'Impulso Cremisi. Quando Kevin aveva ammesso di avermi sottovalutata. 

Gli lanciai uno sguardo, sulla panchina. Mi guardò, serio. Quello sguardo sembrava dirmi "Ora vai. Non deluderci."

Annuii. Quando mi trovai davanti a Mark, sorrisi. 

Calciai, più forte che potevo, urlando il nome della mia tecnica. E, stavolta, fu più potente di tutte le altre volte, rendendo la porta un tripudio di fiamme. 

Ce l'avevo fatta. Quello era il vero Impulso Cremisi. 

Mark mi sorrise. «Perfetto, Katsumi. Direi che hai imparato la lezione!» esclamò, ridendo. 

Mi girai verso Kevin, che mi stava raggiungendo con Axel. Anche loro sorridevano. 

«Avevate programmato tutto... Vero?» chiesi. 

Axel annuì. «Certo. Avevo notato che l'Impulso Cremisi veniva fuori solo quando eri sotto pressione, con la fiducia dei tuoi compagni sulle spalle.» 

«Quindi abbiamo pensato a un modo per fartici arrivare da sola.» finì Kevin. 

Risi. «Grazie mille, ragazzi, davvero. Non scorderò mai quello che ho imparato oggi, lo prometto.» dissi, sincera. 

Il resto dell'allenamento filò liscio. Segnai con la mia tecnica altre tre volte. 

Mi sentivo diversa. Più in sintonia con i miei compagni. In sintonia con la palla. 

Non mi sembrava vero di essermi persa questo mondo per quattordici anni della mia vita. 

Quella sera, non riuscii a prendere sonno facilmente, però. Continuavo a pensare ai sogni che avevo fatto le notti precedenti. Ne avrei fatti altri? Riguardavano davvero la mia famiglia? E perché si erano rivelati proprio ora?

La risposta alla prima domanda arrivò la mattina dopo. 

«Hai sognato qualcosa di più, stanotte?» mi chiese Nathan, a colazione. 

Finii di bere la spremuta d'arancia, poi scossi la testa. «Ci ho pensato molto ieri sera, ma alla fine non ho sognato nulla.» 

«Dici che se lo cerchiamo su Internet troviamo qualcosa? In fondo, non credo che ci siano stati così tanti incidenti in nave.» mi propose. 

Annuii. «Proviamoci.» 

Dopo la colazione, quindi, andammo in camera. Quel giorno non avevamo scuola, perciò potevamo pure prendercela comoda. 

Cercammo, e tra le varie navi militari, trovammo una notizia interessante. "Nave da crociera partita dalla Corea del Sud e diretta verso il Giappone si ribalta, morte circa 300 persone.". 

Mentre leggevamo l'articolo, fui sempre più sicura che era quello l'incidente del mio sogno. C'era tutto: la tempesta, le onde così forti che facevano oscillare pericolosamente la nave. 

«Cosa ne pensi?» mi chiese Nathan, quand'ebbe finito di leggere. 

Annuii. «È questa. Sono sicura.» 

«Quindi tu ti sei salvata...» 

Sospirai. «Nel sogno, la persona che mi teneva per mano mi faceva salire sulla scialuppa con un'altro signore... Quindi sì, penso di essermi salvata per questo.» 

«Vuoi cercare qualcos'altro? Sai se l'orfanotrofio aveva qualche informazione su di te?» 

«L'orfanotrofio in cui stavo quand'ero piccola... Ma ora l'hanno chiuso. Non so se Veronica fosse riuscita a recuperare qualcosa.» 

Nathan alzò le spalle. «Vale comunque la pena di provare.» 

Sorrisi. «Grazie, Nathan.» 

Lui si alzò, porgendomi la mano. «Su, andiamo a vestirci.» 

Ci preparammo e poi uscimmo. 

L'orfanotrofio non era così lontano, ma il viaggio mi sembrò chilometrico, forse perché l'ultima volta ero andata in macchina, o forse perché non vedevo l'ora di scoprire qualcosa di nuovo. 

Man mano che ci avvicinavamo, cominciai a riconoscere i luoghi. Prima non camminavo così disinvolta per le strade principali, ma i vicoli non avevano segreti per me. Quante volte avevo corso attraverso essi, mi ero nascosta, sfruttando la loro ombra. 

Riconobbi la strada che portava al campo al fiume, e poi l'angolino dove vivevo. Mi venne la tentazione di andare a vedere cos'era rimasto, ma poi ci ripensai. Ormai avevo finito quella vita. 

Nathan però si accorse che osservavo quel vicolo con attenzione. «Che succede?» mi chiese. 

«Quello era il vicolo dove vivevo.» dissi. 

«Vuoi andare a vedere?» mi chiese di nuovo, comprensivo. 

Scossi la testa. «Fa parte del mio passato, ormai.» dissi. 

Annuì, sorridendomi. «Va bene. Su, siamo quasi arrivati.» 

Infatti, qualche minuto di camminata dopo, avvistai il tetto dell'orfanotrofio. 

Ci fermammo davanti alla porta. Feci un resiro profondo. 

«Ci sei?» mi chiese Nathan. Annuii. 

Presi la maniglia e aprii la porta.

My Love [Byron Love] -SOSPESA-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora