Capitolo 15

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Alla partita seguente, si unì a noi Jude Sharp della Royal.

Grazie alle sue indicazioni, riuscimmo a infrangere la barriera della Farm Jr. High e vincere la partita.

Era strano seguire delle indicazioni in questo modo, ma eventualmente ci abituammo tutti.

Continuai ad allenarmi sul dribbling, ma c'era sempre qualcosa che mancava. Sentivo una grande forza dentro di me, ma ogni volta scivolavo o la palla mi sfuggiva.

Fu proprio Jude Sharp ad aiutarmi. Un giorno, durante gli allenamenti, si avvicinò e mi chiese di allenarmi con lui.

Mentre facevamo esercizi sul controllo di palla, mi diede indicazioni su come mettere il corpo. Mi chiese di non sbilanciarmi in avanti, di non mettere i piedi a casaccio.

All'inizio, seguendo quell'ultimo consiglio, mi sembrò di andare peggio di prima. Mancavo la palla e non riuscivo a tenerla.

Sbuffai, frustrata. «Sei sicuro che vada bene?» gli chiesi, dubbiosa.

Annuì. «Ti ho osservata attentamente, quando ti alleni. Il tuo problema è che ti affidi troppo all'istinto, che ti può portare solo fino a un certo punto. Se impari a fare quello che fai ragionando sulla palla, vedrai che riuscirai anche a variare la tecnica a seconda della situazione.» mi spiegò.

Sospirai. Sì, aveva senso.

Continuai ad allenarmi, impegnandomi più che potevo. Mi venne l'idea di osservare come il mio corpo si muoveva d'istinto, poi cercare di imitare i movimenti e, in questo modo, iniziai a vedere dei miglioramenti.

Mi muovevo più sicura e vedevo meglio la traiettoria della palla.

Jude mi sorrise. «Bene, stai migliorando.»

«Grazie di avermi aiutato.» lo ringraziai.

«Figurati. Siamo compagni di squadra adesso.»

Annuii, felice di star facendo progressi.

Purtroppo, però, non ebbi altri risvolti positivi né durante gli allenamenti successivi, né durante la partita contro la Kirkwood.

Correvo di qua e di là, ma dalla cocnentrazione cominciava a farmi male la testa. Tirai una sola volta, e mancai la porta.

Ci rinunciai e tornai ad affidarmi solo all'istinto. Per il momento era meglio così.

Riuscimmo a vincere, ma il mio cervello questa volta si rifiutò di accettarlo. La mia squadra aveva vinto, ma io non avevo vinto nulla. Solo delusione.

«Ehi. Tutto ok?» mi chiese Nathan quella sera, nella nostra stanza.

La sera, avevamo preso l'abitudine di parlare della nostra giornata e di quello che ci preoccupava, prima di andare a dormire.

Ma quella sera ero troppo distratta dai miei brutti pensieri. Scossi la testa, sospirando.

«Me ne vuoi parlare?» mi chiese ancora lui.

«È che... Mi sento impotente. Ultimamente non faccio quasi nulla per la squadra, non segno quasi mai, ho solo una tecnica che ormai non serve più a nulla.» spiegai, frustrata.

«Beh, non è che non stai facendo nulla. Ti stai allenando sul controllo di palla e sul dribbling con Jude, no?»

«Sì, ma... Non sto facendo progressi. Probabilmente contro la Zeus sarò ancora inutile.» dissi, demoralizzata. Guardai il pavimento, come se quello che avevo appena detto fosse già accaduto.

Nathan mi poggiò una mano sulla spalla, dal suo posto sul mio letto accanto a me. «Non pensarci ora, Kat. Tu pensa solo ad impegnarti e sono sicuro che se farai del tuo meglio prima o poi i risultati arriveranno. Fino a quel momento, ci saremo noi della squadra a guardarti le spalle. Ok?»

Annuii, ma non ero ancora molto convinta. Ero esausta dai molti allenamenti e dai molteplici pensieri negativi.

Nathan mi sorrise. «Ora andiamo a dormire, ok? Hai l'aria stanchissima.»

Acconsentii e, quando ci coricammo, mi addormentai all'istante.

Il giorno dopo, all'entrata da scuola, Mark mi chiese se stavo ancora male da ieri.

«L'hanno notato tutti, wow.» commentai, ridacchiando.

«Beh, avevi una faccia. Di solito sei raggiante dopo una vittoria, ma ieri eri tutta mogia mogia.» mi fece notare Axel.

Alzai le spalle. «Sono ancora un po' demotivata, ma ho la mente più lucida di ieri.»

«Ti fa paura la Zeus?» mi chiese Mark, che non sapeva delle mie turbe.

Alzai un sorpacciglio. Ero demoralizzata, ma la Zeus non mi faceva paura. In fondo, erano solo giocatori di calcio.

«No. Sono solo persone. È che mi sento così inutile ultimamente, non sto facendo nulla per la squadra.»

Mark piegò la testa di lato. «Ma come niente? Ti stai allenando allo sfinimento sul dribbling e il controllo di palla!»

«È quello che le ho detto anche io.» intervenne Nathan.

«Se te lo hanno detto in due, Kat, dev'essere vero, non credi?» mi disse Axel, facendomi l'occhiolino.

«Tranquilla, Katsumi.» mi rassicurò ancora Mark dandomi una pacca sulla spalla. «Ricordati che non sei sola. C'è la squadra con te! Giocheremo noi per tenerti come la nostra arma segreta fino a che non riuscirai a tirare fuori quello per cui ti alleni!» esclamò, puntando il pugno all'aria, eccitato.

Non potei non sorridere. L'entusiasmo di Mark era contagioso.

«Oh, finalmente hai fatto un sorrisino.» esultò Nathan, ridendo.

Il giorno di scuola passò in fretta e finalmente arrivarono gli allenamenti. Le manager decisero di farci una sopresa e ci prepararono delle polpettine di riso che mangiammo tutti con gusto.

Quando tornammo in campo eravamo tutti carichi, soprattutto Mark che ci chiese di tirargli con due delle nostre tecniche allo stesso tempo per affinare le sue abilità da portiere.

Ero un po' scettica a riguardo, ma poi mi ricordai dei suoi allenamenti con i copertoni e decisi di lasciarlo provare.

Proprio quando i tiri stavano per arrivare in porta, però, un ragazzo sembrò cadere dal cielo e mettersi in mezzo a Mark e le palle da calcio.

Lo scontro tra i piedi del ragazzo e la terra sollevò della polvere, per cui non riuscimmo a vedere la scena bene all'inizio.

Curiosa, mi feci strada da dietro Nathan e Kevin per vedere meglio.

Quando la polvere si diradò, rimanemmo tutti a bocca aperta.

Il ragazzo in questione aveva bloccato tutti e due i tiri con entrambe le mani e sembrava non essersi scomposto.

My Love [Byron Love] -SOSPESA-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora