Capitolo 13

252 19 4
                                    

Nessuno ha mai sofferto davvero la solitudine, perché non si è mai soli. Si è continuamente circondati dalla propria famiglia, dagli amici, persino da sconosciuti. Ma soprattutto, non ci si sente mai soli, perché di qualcuno non riusciremmo mai a liberarci: dei nostri demoni interiori. Essi si aggrappano al nostro cuore, coccolano i nostri pensieri, seminano germogli di insicurezze nella nostra anima e attendono che questi sboccino, splendidi e immortali. Molti tentano di scacciarli, e credono di riuscirci, ad un certo punto, ma la verità è che un uomo non sarà mai in grado di liberarsi dei propri demoni, delle proprie paure. E chi afferma il contrario, mente. Ma dove nascono questi spettri, da dove prendono forma, ispirazione? È una delle domande che Min Yoongi si è sempre chiesto e a cui non avrà mai risposta. Lui riusciva a vederli, gli artigli conficcati nella schiena dei passanti, attorno il collo di Jimin. Alcuni avevano le sembianze di minuscole pietre, altri ancora gravavano su di loro come macigni. Ricordava di come, prima che l'odore della sua pelle svanisse dalle lenzuola, prima che l'impronta del suo sorriso abbandonasse le sue labbra, vi fosse un mondo diverso, privo di sofferenza e di tristezza, un mondo che iniziava con i suoi occhi, per poi terminare con la sua voce. Era quello il mondo di Min Yoongi. Poi arrivarono, di soppiatto, alle spalle, e lo sorpresero proprio nel momento in cui quel mondo stava frantumandosi in mille pezzi. Così le tenebre lo avvolsero e lo condussero con loro, tra le pieghe dell'oscurità e li vi rimase intrappolato. Sarebbe potuto fuggire, avrebbe potuto pronunciare il suo nome e quei demoni si sarebbero dissolti, eppure... 

Eppure.


Yoongi detestava la pioggia. Detestava come il gelo si insinuasse nei suoi vestiti, detestava osservare il cielo burrascoso e gravido di nubi plumbee, perché era lo specchio della sua anima e lo detestava. Detestava come le persone trovassero rifugio in un locale accogliente o peggio, tra le braccia della persona che amavano. Detestava non avere un posto in cui sentirsi al sicuro. Afferrò con impeto il cellulare e lo accolse il volto sorridente di Jimin. Il suo pollice si mosse verso il tasto di chiamata, ma proprio in quel momento, il cielo smise di piangere e stette in silenzio. Solo in quel momento Yoongi si rese conto di star navigando in una città fantasma. Le strade deserte erano contornate da spire di foschia che strisciavano tutto intorno a lui, furtive. In quel momento pareva fosse l'ultimo uomo rimasto sulla terra, e sorrise, chiudendo gli occhi e assaporando quella sensazione di libertà. Poi, una voce flebile e soave, che a Yoongi parve un grido, ruppe l'incantesimo.

«Hyung?»

Dio, quanto lo detestava.











«Certo che questi letterati italiani ne hanno a bizzeffe, di pessimismo...» Mormorò Taehyung, ridacchiando.

L'orologio scandiva lo scorrere del tempo in quella stanza silenziosa. Taehyung aveva tentato di smorzare la tensione, ma lo sguardo di Jimin pareva lontano. Picchiettava distrattamente la penna sul labbro superiore, il viso chino sui libri. Così, Taehyung rimase in silenzio ed osservò. Come il tramonto gettasse sprazzi rossastri sulla sua figura statica. Come i suoi riccioli dorati divampavano come fiamme indomabili. Come i suoi occhi cupi nascondessero le paure che lo attanagliavano.

«Nessuno usa più la parola bizzeffe, Kim.»

La sua voce, melliflua, lo scosse. Jimin si voltò verso di lui e come d'incanto, era tornato il solito ragazzo scontroso e saccente. Eppure Taehyung lo aveva scorto, quel balenio nello sguardo.

«Sei tu l'esperto, qui.» Ribatté l'altro.

«Esco un attimo a prendere un po' d'aria.»

«Va bene.»

Taehyung seguì con gli occhi la sua figura che si alzava, longilinea, e raggiungeva la porta finestra. Un'invadente corrente d'aria penetrò nella stanza, gettando gli appunti a terra e facendo schizzare il ragazzo in piedi.

𝑀𝑖𝑠𝑡𝑒𝑟𝑦 𝑜𝑓 𝑙𝑜𝑣𝑒 ➶ 𝑉𝑚𝑖𝑛Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora