.Capitolo 3.

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Solo dopo un'ora quel pianto disperato riuscì a calmarsi un po', trasformato in un respiro pesante di stanchezza. Marcus si era messo ad accarezzargli la schiena, aspettando il momento giusto per parlare, e quando vide il fratello ormai rilassato, ritenne fosse ora della paternale: «...ora che ti sei un po' calmato, direi che è il momento di parlare un secondo io e te. Sai perché mi sono arrabbiato tanto?» la sua voce non era severa o nervosa, ma calma e dolce, quasi gliele stava sussurrando quelle parole. Max lo guardò, e non sapendo quali delle svariate cose che gli aveva fatto quasi con naturalezza avesse potuto scaturire l'ira fraterna, si azzardò a dire con voce strozzata: «i-il vaso vero? O-o la scuola?». Marcus scosse la testa e lo guardò dritto negli occhi, facendo temere al piccolo cose ben peggiori. Ma quello che disse fu ben diverso dal pensiero di Max: «perché quando sono entrato in camera e ho visto quello che stavi facendo...mi sono preoccupato per te..». Il fratellino lo fissò quasi sconvolto per quella rivelazione...Lui!?!?! La persona che odiava di più al mondo dopo suo padre, la sua mai voluta figura fraterna, si preoccupava per lui?!?! Non seppe cosa rispondere, ma Marcus anticipò ogni parola inutile: «ascolta... lo so che per te questa situazione è difficile, e che non ti piace stare con me ma purtroppo è così. Io volevo molto bene a Agatha, e gliel'ho giurato che mi sarei preso cura di te. E a vedere quello che stai facendo, non solo prima ma in generale della tua vita, mi fa davvero incazzare!» Max cercò di nascondere lo sconforto che lentamente gli stata salendo su dal petto verso la gola, e già sentiva le lacrime ai limiti dei propri occhi, non tanto per le parole del fratello in generale, ma perché erano vere.
Marcus però non aspettò che il fratello si calmasse e andò avanti, ora che poteva infierire in qualche modo sul suo guscio duro: «tu sei un ragazzo intelligente, dolce e bravo. Non è l'esperienza diretta mia ora a parlare ma è tua madre, che mi raccontava sempre di te. Purtroppo per colpa di tuo padre e di quello che ti ha fatto hai preso una brutta piega e....beh d qui questo bel caratterino e i tuoi voti non indifferenti. Però, penso che tu potrai facilmente ritrovare la strada giusta, con un po' di aiuto certo, io sono qui apposta» gli sorride, cercando di farsi sentire presente. Max ovviamente provò subito a rimettere un muro tra lui e il fratello, cercando rifugio a quelle parole affilate dentro se stesso: «quindi hai intenzione di picchiarmi per ogni mia cazzata come un bambino di merda?» Marcus ridacchiò e diede un bacio sulla fronte del fratellino lasciandolo di sasso: «perché aiutarti con una cosa di scuola oppure farti fare qualcosa che ti piace per farti sfogare sono per forza punizioni per farti cambiare? Hahaha non credo... devo confermare che se ci saranno altri problemi, ti ritroverai di nuovo sulle mie ginocchia, questo è ovvio.... ma pensa anche che se non ti avessi "picchiato" per non dire sculacciato, chissà tra quanto avresti buttato fuori quel dolore che ti tenevi dentro?». Max guardò in basso, non aveva più carte da giocare per tenere lontano il fratello dalla propria vita ora, o forse non voleva più giocarne. Esausto, annuì e si appoggiò al petto del fratello, cercando conforto, che ottenne subito da Marcus che lo strinse a sé. Max aveva dovuto sempre fare tutto da solo, senza mai nessun aiuto o consiglio. Avere suo fratello al suo fianco lo rassicurava, e lo rendeva quasi felice. Marcus dopo un po' però notò che la felpa di Max era sporca di sangue, colpa delle ferite al polso. «ora però preoccupiamoci della tua salute, stai qui, vado a prendere due cose per medicarti.» max lo guardò storto, se non quasi impaurito, ma il sorrido tranquillo e pacato del fratello gli fecero dimenticare quello a cui stava pensando. Marcus tornò dopo poco con un piccolo kid medico, e dopo aver sbendato la ferita ormai secca, si mise a pulirla per bene e con premura. «...h-hai fatto un corso di pronto soccorso o cosa? E poi non ti fa impressione (si era praticamente tagliato dal polso al gomito, con tagli lunghi sia orizzontali e verticali)» chiese Max vedendo la sicurezza e praticità con cui il fratello maneggiava sia gli strumenti che la ferita. Marcus rise: «beh, si! Ho fatto sia un corso con tanto di volontariato in ambulanza, sia sono pratico di queste cose. Sangue io ne ho visto a bizzeffe!» Max lo squadrò e la domanda fu spontanea: «cioè?»
Marcus non disse nulla, sorrise e si tirò su le maniche, mostrando moltissime cicatrici. SI ERA TAGLIATO PURE LUI! Max rimase gelato ma il fratello gli spiegò tutto: «devi sapere che....non ero così qualche anno fa. Ero anche io aggressivo e nervoso, e oltre a essere stato autolesionista, ero anche una testa calda che si buttava spesso in risse senza motivo. Poi.......beh poi ho incontrato il mio ragazzo!». Okay Maxwell non sapeva se essere più sconvolto dal passato oscuro del fratello appena emerso, o dalla blanda e tranquilla rivelazione della sua omosessualità. Non se lo era mai posto il problema di capire da quale parte stesse, ma in casa sua, con suo padre, era sempre stato un tabù. Come aveva fatto il padre omofobo ad accettare il figliastro gay? Max scosse la testa e decise di non pensarci era troppo stanco, lasciò che Marcus finisse di medicargli la ferita e non chiese altro, neppure sulla figura del misterioso ragazzo. Marcus però vide quella curiosità e decise di fare una cosa, che sarebbe stata più un autosputtanamento ma pazienza, forse avrebbe fatto riprendere il fratello e chissà, forse gli avrebbe anche fatto capire come vanno le cose.

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