Capitolo 1 - Diritto

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Prologo

Settembre 1991

La scuola era iniziata da poche settimane ma già la odiavo: i compagni erano insopportabili, la classe mal assortita e il cibo della mensa era un vero incubo. Il solo pensiero di quel cubo grigio che mi stava aspettando per l'ennesima sessione di matematica mi toglieva le energie e la voglia di alzarmi dal letto.

- Elena! – mi chiamò mia madre dalla cucina. – Alzati o farai tardi!

Sbuffando sonoramente, gettai via le coperte, afferrai i vestiti ripiegati accuratamente sulla sedia e corsi in bagno per indossarli.

Mi persi qualche istante di troppo a fissare il mio riflesso nello specchio: dei profondi segni scuri, in perfetto contrasto col pallore cadaverico del viso, cerchiavano i piccoli occhi che non ne volevano sapere di rimanere aperti; i ricci erano un groviglio impossibile da districare.

Mi vestii in fretta maledicendoli per essere così indomabili e con estrema malagrazia li legai in uno chignon disordinato.

Non mi diedi neppure la pena di andare in cucina: ero in ritardo e non serviva che perdessi altro tempo.

- Ciao mamma! – urlai prima di buttarmi la cartella in spalla ed uscire di corsa, sbattendo immancabilmente la porta e il cancello e correndo verso le medie.

*

- Elena O'Brien è richiesta in segreteria. – annunciò la voce leggermente infastidita della segretaria dall'interfono.

Guardai la professoressa in una muta richiesta di permesso e, quando l'ottenni, mi alzai sotto lo sguardo incuriosito dell'intera classe.

Mentre scendevo le scale non potei fare a meno di chiedermi se avessi fatto qualcosa di sbagliato. No, sebbene lì non mi trovassi molto bene, mi ero sempre comportata in modo esemplare, arrivando sempre in orario (anzi, normalmente con largo anticipo) e facendo il mio dovere da studentessa.

Nel vedermi arrivare, la donna dai capelli argentati e la corporatura esile, domandò:

- Elena O'Brien?

Annuii e lei mi fece cenno di seguirla nell'ufficio del preside.

- Signorina O'Brien, come sta? – mi chiese quest'ultimo con un'insolita gentilezza.

- Bene, grazie. – risposi spiccia: volevo sapere perché ero stata convocata.

- Credo che sarebbe meglio se arrivassi al dunque. – commentò per poi cominciare: - Hanno chiamato i suoi genitori per informarci che è stata recapitata una lettera per lei che la iscrive ad un'altra scuola.

- Un'altra scuola? – chiesi incredula. I miei mi avevano iscritta in un'altra scuola senza dirmelo?

Lui assentì.

- Erano sorpresi quanto lei.

- Quindi non sono stati loro ad iscrivermi?

- Anch'io non mi capacito di come questo possa essere possibile. Credo che sia meglio che torni immediatamente a casa.

E così mi congedò.

Era strano correre verso casa a quell'ora. Sbagliato, come se stessi trasgredendo alle regole. Non mi piaceva e il nervosismo che quella situazione mi provocava mi spingeva a correre più in fretta, dimezzando la distanza che mi separava dalla verità.

- Sono a casa! – esclamai spalancando la porta.
La scena che mi si palesò davanti fu la cosa più assurda di tutta la giornata: il corridoio era sommerso da un mare di lettere. Ne afferrai una e lessi il destinatario: "Ms. E. O'Brien".

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