POV'S FRED
Ci smaterializzammo davanti al negozio poiché l'intero edificio era protetto da incantesimi che ci avrebbero impedito di farlo direttamente in casa. Non appena ci avvicinammo alla porta dell'appartamento ci fu chiaro che qualcosa non andava: una musica molto forte proveniva da dentro e, se non fosse stato per le barriere magiche, l'avrebbe sentita tutta Diagon Alley. Li avevo riconosciuti: erano gli U2, una band babbana che suo padre adorava.
Guardai George ed entrammo.
- Elena! – gridammo in coro quando la trovammo svenuta.
Era a letto, pallida e magrissima, scossa dai tremiti provocati dalla febbre. Stupidamente pensai avesse mangiato la scorta di Fondenti Febbricitanti, ma scartai quell'ipotesi nell'istante in cui la notai: la lettera che stringeva in mano. Provai a sfilargliela delicatamente, ma lei la strinse con maggiore forza e si aggrappò a me, tirandomi sul letto per la giacca. Avvicinò la bocca al mio orecchio e mormorò con voce roca:
- Mio padre... - tossì. – Mio padre è morto...
L'assenza di lacrime non mi sorprese: probabilmente era talmente debole che perfino piangere doveva risultarle difficile.
*
L'avevamo costretta a letto e avevamo vegliato su di lei. Impiegò una settimana a riprendersi fisicamente, e ancora di più per rimettersi mentalmente.
Io e George eravamo preoccupati per lei e per ciò che stava succedendo.
- Sono ad Hogsmeade, da Aberforth. – mi raccontò mio fratello.
Non c'era bisogno del soggetto per capire a chi si riferisse. Sapevo perfettamente dove volesse andare a parare.
- L'Ordine?
Mi rivolsi uno sguardo eloquente e annuii, affranto.
- Dobbiamo andare. – confermò.
Elena si agitò sotto le coperte.
- Dove? – chiese, la voce impastata dal sonno.
- Hogwarts. – rispondemmo all'unisono.
Lei ci fissò con quello sguardo annebbiato a cui ci aveva abituati in quei mesi e aprì la bocca per parlare, ma dovette cambiare idea, perché si rigirò nel letto, dandoci le spalle.
- Lo capiamo... - le dissi.
Lei tornò a guardarmi. Tossii, innervosito dai suoi occhi vuoti.
- Insomma, lo capiamo se non vuoi venire.
- Non sarei di alcun aiuto. – ribatté freddamente.
Annuimmo e ci preparammo ad andare.
- Comunque sai dove trovarci. – aggiunsi prima di chiudermi la porta alle spalle e lasciandola un'altra volta da sola.
*
Il passaggio dietro il quadro di Ariana Silente era illuminato da lampade di ottone che mandavano bagliori inquietanti sul pavimento di terra battuta.
In fila indiana, proseguivamo per lo stretto passaggio, la testa china per non picchiarla sul soffitto basso. Davanti a me c'era Ginny. Durante tutto il tragitto avevo osservato i sui lunghi e lisci capelli ondeggiare ad ogni passo pensando intensamente a Elena e domandandomi se l'avrei mai rivista.
- Aberforth è un filino seccato. - annunciai sbucando nella cara Stanza delle Necessità e alzando la mano in risposta a diverse grida di saluto. - Vorrebbe andare a dormire e il suo pub è diventato una stazione ferroviaria.
- Allora qual è il piano, Harry? – domandò il mio gemello.
- Non c'è un piano. – rispose lui, visibilmente disorientato.
- Improvvisiamo? – sorrisi. – È il mio piano preferito.
*
- Che cosa aspettate! – gridò Pansy, rompendo il silenzio in cui era inghiottita la Sala e, indicando Harry, ordinò. – Qualcuno lo prenda!
Ginny si mosse veloce e si pose davanti al ragazzo, facendogli da scudo. Intorno alla coppia si formò ben presto un capannello difensivo di amici.
Ad interromperci arrivò Gazza, tutto trafelato e con in braccio la sua inseparabile gatta.
- Studenti fuori dal letto! Studenti fuori dal letto! – urlò. – Studenti nel corridoio.
- Loro devono stare fuori dal letto, emerito idiota! – lo zittì duramente la McGranitt. – Si dia il caso, signor Gazza, che il suo arrivo sia alquanto opportuno: le chiederei se, per favore, potesse portare la signorina Parkinson e gli altri della casa Serpeverde via dal corridoio.
- Esattamente dove dovrei portarli, signora? – domandò il custode, perplesso.
- Le segrete andrebbero bene. – replicò lei, sorridendo malignamente.
Un coro di applausi ed urla si diffuse tra la folla.
- NO! – esclamò qualcuno dall'entrata.
Ci voltammo tutti contemporaneamente verso il portone; io, avendola riconosciuta, più velocemente degli altri: Elena, coi lunghi e ribelli ricci scuri che le incorniciavano il viso, fiero e bellissimo, lanciò uno sguardo di fuoco all'insegnante.
Sotto gli occhi attoniti dei presenti, ci raggiunse con passo deciso.
- Non tutti i Serpeverde! – dichiarò. E poi, rivolgendosi ad Harry. – Io sono con te.
Lui annuì solennemente.
- È un onore averti qui con noi.
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Nota dell'autrice
Cari lettori, care lettrici,
credo che sia dovuta una spiegazione per questo cambio improvviso di narratore.
La ragione è che volevo che il punto di vista fosse più distante e meno personale perché per me è ancora difficile parlare di certi argomenti.
Conto sulla vostra comprensione.
JL
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Mudblood
FanfictionElena O'Brien è una nata babbana che viene smistata nella casa dei Serpeverde e che per questo dovrà affrontare non poche difficoltà.