Capitolo 8 - Scommesse

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Erano giorni che io e Fred non ci parlavamo e, per quanto fosse assurdo, la causa era proprio quel bacio.

- Quindi tu e Fred... - aveva iniziato Lavanda.

- Io e Fred...che cosa? – l'avevo aggredita. Stavo per aggiungere di farsi gli affari suoi, ma, incrociando lo sguardo infuocato di Ginny, avevo lasciato perdere. – Forza Luna, torniamo al castello.

Non l'avevo rivisto fino all'ora di cena e, nel frattempo, la mia furia, invece di scemare, era cresciuta a dismisura. Non gli avevo dato neppure il tempo di mettere piede nella Sala Grande che l'avevo trascinato lontano dagli altri e l'avevo sbattuto contro il muro.

- Che cazzo era quello? – gli avevo chiesto furente.

Lui mi aveva fissata per un attimo senza parole.

- C'è bisogno di prendersela tanto per uno stupido bacio? – domandò stizzito.

"Stupido", quella parola mi ferì ancora di più del tono che aveva usato: rappresentava chiaramente ciò che provava, o meglio, ciò che non provava nei miei confronti.

- Lo vedi... - avevo mormorato con le lacrime agli occhi. – È sempre così con te: fai le cose senza curarti delle conseguenze.

- E, sentiamo, quali conseguenze dovrebbero esserci se bacio sulla guancia la mia migliore amica?

"Migliore amica!" ero stata sul punto di vomitare e l'amarezza aveva preso il posto della rabbia. "Migliore amica...".

- Che la tua migliore amica ti scarica. Ciao Fred. – lo avevo freddato, andandomene.

D'allora stavo facendo di tutto per evitare lui e George, che puntualmente provava (inutilmente) a riappacificarci.

- Almeno mi spieghi cos'è successo? Perché avete litigato?

- Non t'immischiare, Geo.

- Non potrai evitarlo per sempre, lo sai, vero? Come farai quando inizieranno gli incontri di Difesa?

- Siamo in ventotto, forse anche di più: le probabilità d'incrociarlo sono molto basse. – avevo mentito; infatti ero consapevole dell'effetto che aveva su di me e che era solo questione di tempo prima che cedessi nuovamente alla sua personalità magnetica.

Il nove di ottobre, tramite passaparola, arrivò il messaggio che tutti, chi nervosamente e chi con trepidanza, stavamo aspettando: il primo incontro di Difesa si sarebbe tenuto alle otto di quella sera al settimo piano. Dovevamo farci trovare davanti all'arazzo che raffigurava Barnaba il Babbeo che veniva bastonato dai Troll.

Inutile dire che mi ci recai accompagnata da Luna e, una volta giunte a destinazione, ci unimmo a Neville, Ginny, Lavanda, Calì e Dean che si erano fermati di fronte ad una porta di legno lucido, incerti. Accortosi della nostra presenza, Neville finalmente si decise, seppur debolmente, a bussare.

La camera che ci si spalancò davanti era spaziosa e illuminata da torce tremolanti, le pareti erano occupate da librerie di legno e, in fondo, una scaffalatura custodiva una serie di strumenti, tra cui un grande Avversaspecchio che mi riportò alla mente lo specchio delle Emarb che avevo scambiato, appunto, per un Avversaspecchio, la notte in cui avevo conosciuto Fred.

Scossi la testa, rassegnata: possibile che qualsiasi cosa me lo ricordasse?

- Però! - fece Dean, guardandosi intorno colpito. - Che posto è questo?

- È la Stanza delle Necessità. – risposi accomodandomi con disinvoltura su uno dei grandi cuscini di seta ch'erano stati disposti ordinatamente sul pavimento. – Chiamata anche "Stanza Va-e-Vieni", compare solo a chi ne ha veramente bisogno.

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