Capitolo 17 - Non è mai troppo tardi

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- Cosa ti ha fatto cambiare idea? - mi aveva chiesto Fred abbracciandomi.

- Tu. - avevo risposto. - Ho già perso mio padre e non ho intenzione di perdere anche te.

O chiunque altro.

Insomma, non l'avrei perso di vista neanche un secondo e sarei diventata perfino la sua ombra. Poteva lamentarsi quanto voleva, io non mi sarei staccata da lui per niente al mondo.

Comunque a lui non sembrò dispiacere: mi aveva presa per mano e, dopo aver salutato affettuosamente George e Lee, mi aveva condotta verso uno dei tanti passaggi segreti da proteggere.

Stavamo duellando con Percy contro due uomini incappucciati quando Harry, Ron ed Hermione accorsero in nostro aiuto. Nel vederli, l'uomo che stava lottando contro Percy, indietreggiò, facendo cadere il cappuccio che gli copriva la faccia.

La fronte alta e i capelli striati erano inconfondibili:

- Ah, Ministro! – gridò Percy, lanciandogli una fattura che lo fece ricoprire di minuscole spine. – Le ho detto che do le dimissioni?

- Hai fatto una battuta, Perce! – esclamò Fred, divertito e incredulo quanto me: non avevo avuto molte occasioni di parlare con suo fratello maggiore, ma non mi era parso un tipo dalla battuta pronta.

Intanto l'altro Mangiamorte stava per contrattaccare, ma crollò a terra, colpito contemporaneamente da quattro Schiantesimi diversi. Fred non ci fece caso e continuò:

– Hai davvero fatto una battuta, Perce... l'ultima che ti avevo sentito fare era...

Non gli sentii finire la frase perché in quel frangente l'aria tutt'attorno a noi tuonò e il mondo andò in pezzi.

Era successo troppo in fretta: un attimo prima eravamo così vicini, io, Fred, Harry, Ron, Hermione, Percy e i Mangiamorte sconfitti, il pericolo momentaneamente debellato, e subito dopo era scoppiato il caos.

Mi sentii spingere all'indietro da una forza invisibile e devastante che solo un'esplosione sarebbe stata in grado di creare. Nonostante ciò, non mi spostai di un millimetro. Puntai i piedi per terra ed aguzzai la vista. Fred! Era nella traiettoria di un grosso masso!

Feci per agitare la bacchetta, ma mi accorsi che non la stavo più stringendo.

- No! – mi disperai nella mia impotenza. Fred non poteva morire!

In quel frangente, davanti ai miei occhi si susseguirono una serie di flash, uno più terribile dell'altro.

George era nella Stanza delle Necessità e, attorno alla sua testa, un coyote fatto di luce pura zampettava e saltellava allegramente. Poi il suo sorriso prese una piega amara, un'ombra gli oscurò la fiammella che fino ad allora aveva baluginato vivacemente nei suoi occhi, e l'animale si dissolse, divenendo solo polvere. Probabilmente, come me, aveva rammentato la iena che era solita giocare con lui. Adesso il ragazzo non sorrideva più e, per quanto tentasse, il patronus non riappariva.

"La morte avvelena i ricordi." meditai col cuore spezzato.

L'immagine cambiò e mi ritrovai nelle vicinanze della Sala Grande. Una testa rossa mi sfilò davanti e la seguii, sicura che si trattasse di Fred. Ne ebbi la conferma quando entrò nel nostro posto: la stanza dello Specchio delle Emarb. Lì, accostandomi a lui, mi accorsi di un dettaglio che precedentemente mi era sfuggito: gli mancava un orecchio. Avevo sbagliato gemello! George contemplò il proprio riflesso e io feci lo stesso: il suo doppione gli restituiva un sorriso genuino e... aveva entrambe le orecchie! Inizialmente mi chiesi se fosse possibile che fosse davvero quello il suo desiderio più recondito e anelato, però poi compresi che no, non era il suo orecchio che rivoleva, ma una parte ben più importante di sé e che gli era stata strappata via con maggiore brutalità: quello che lo stava salutando dalla superficie liscia e argentea dello specchio era proprio Fred!

Lo scenario mutò nuovamente e stavolta fui trasportata in un cimitero. Era in corso un funerale e otto teste rosse che conoscevo molto bene erano riunite fra le lapidi.

"Non otto." mi corressi, contandole. "Sette e...una nera..."

Sospirai.

George si era tinto i capelli, probabilmente perché per lui la somiglianza era un peso troppo grande da sopportare.

Assistetti all'intera cerimonia, piangendolo in disparte. Arrivato il momento di dirgli addio, affiancai il povero George, distrutto dal dolore. Sopra la bara di lucido legno scuro, alzò la rosa dai petali aranciati che aveva stretto per tutta la funzione e la lasciò cadere.

- Addio Gred. – mormorò con voce tremula, sforzandosi di non scoppiare un'altra volta a piangere.

Quelle parole furono troppo per me. Chiusi gli occhi e fui sicura di udire il vento rispondergli con un "Addio Feorge".

"Non è giusto." pensai. "Loro sono otto, io invece chi ho? Non è rimasto più nessuno per piangermi: mio padre è morto, mia madre non si ricorda di me e mio fratello..."

Lui, per quanto lo amassi, era solo uno contro otto. Non mi reputavo una divinità con la presunzione di scegliere chi fosse meritevole di vivere, ero solo una ragazzina. Beh, una ragazzina col potere di scegliere chi poteva vivere. E io avevo preso la mia decisione.

Riaprii gli occhi e tornai al presente, perfettamente consapevole di ciò che avrei dovuto fare.

Scattai verso il ragazzo che amavo e lo spinsi lontano dalla traiettoria del detrito. Purtroppo le mie supposizioni erano corrette e non riuscii a scansarmi in tempo. Il gigantesco macigno era ad un passo dal mio naso, poi il Nulla. Solo oscurità.

*

- Elena! – mi chiamò una voce lontana.

Nonostante la sua famigliarità e le infinite preghiere di risentirla un'ultima volta, non la riconobbi subito.

- Elena! – ripeté, stavolta più vicina.

Le tenebre si dissolsero ai margini del mio campo visivo, sostituite da un bagliore caldo e accogliente, simile a quello del tramonto, dai riflessi rosati. Un volto si fece più nitido, man mano che il chiarore aumentava.

- Papà?

- Elena! – gridò lui, felice.

Mi abbracciò con trasporto, facendomi volteggiare un paio di volte e togliendomi il respiro. Ero di nuovo con lui, tra le sue braccia. Ironia della sorte, mi sentii più viva che mai.

- Elena... - mi lasciò andare e la sua espressione si rattristò. – Mi dispiace...

Scossi la testa.

- È andata esattamente come doveva andare.

Lui mi sorrise, lo stesso sorriso che gli avevo visto rivolgermi solo attraverso lo Specchio delle Emarb e che non credevo mi avrebbe mai destinato, e mi sentii sciogliere: alla fine il mio sogno si era avverato!

Era vero: non è mai troppo tardi.

Ero morta e non avevo avuto la possibilità di diventare una scrittrice di successo, ma lui era ugualmente fiero di me.

Fine

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