Capitolo 16 - Gli scoppiettanti fuochi d'artificio nella serata degli amanti

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Aveva gli occhi simili al colore del cielo durante il giorno.
Non gli era mai capitato di vedere il cielo durante il giorno, in realtà. Ma dentro di sé sapeva com'era il cielo quando il sole brillava.
Quegli occhi erano dello stesso colore.
E i suoi peli sulla testa erano gialli come quei fiori rotondi che vedeva sui prati durante la notte, chiusi e in attesa di riaprirsi.
Li aveva visti aperti, ma non ricordava quando.
Non era un problema, non ricordare.
Ma in effetti quei peli erano più chiari dei fiori. Molto più chiari. Quasi come il sole. Anche se non brillavano e non erano così caldi. Ma quell'umano era caldo, in effetti.
Quando quell'umano lo accarezzava sul collo e sul muso gli piaceva. Anche quando lo accarezzava sulla schiena. Non gli arruffava il pelo e non lo metteva in disordine, sembrava volerglielo lisciare. Era piacevole. Più piacevole rispetto a quando lo accarezzava quell'altra donna che gli dava sempre il pupazzo, o quell'altro uomo che gli dava i biscotti da mangiare, o quell'altra ragazza con i peli sulla testa lunghissimi del colore delle violette.
Quando quell'umano lo accarezzava la sua mano era calda.
Tutto di lui era caldo. Ricordava di aver dormito accanto a lui una notte, su una superficie morbida in cui a tratti le sue zampe affondavano un po'. La sua mano era stata vicina al suo muso tutto il tempo da quando lui aveva chiuso gli occhi e il suo respiro si era fatto più lento, e lui si era addormentato col naso vicino alle sue dita.
Era stato bello.
Si era sentito felice.
Più di quando gli veniva dato l'orso con cui giocava. Più di quando gli venivano dati i biscotti. Più di quando Tsukki giocava con lui. Più di quando la ragazza coi capelli color violetta, che quella volta aveva avuto i capelli dello stesso colore del cielo, lo aveva portato su una collina e lo aveva lasciato libero di ululare alla luna. E quella volta si era sentito libero e felice.
Ma quella mano era calda, e l'umano era affettuoso con lui, e ciò lo rendeva felice. Gli faceva venire voglia di scodinzolare sempre. Bastava solamente vederlo.
Solo, aveva sempre un odore strano intorno a sé. Era sottile e debole, come una piccola nebbia che lo circondava.
Non lo aveva mai sentito prima. Non sapeva riconoscerlo.
Ma sapeva che non era un buon odore.


Avevano perso gli altri.
Yoichi riusciva a pensare solamente a quello, mentre la sua isola di sicurezza si era improvvisamente frantumata quando si era reso conto di essere rimasto da solo con Shiho.
Erano a visitare le vie del paesino in cui stavano passando quella vacanza (una vacanza che per lui e Kimizuki era stata pagata da Mitsuba, la quale si era ripetutamente raccomandata di non preoccuparsi dei soldi spesi, e che se proprio volevano rimborsarla potevano farlo con calma); in occasione del Tanabata, avevano deciso di uscire tutti insieme per farsi una passeggiata e vedere cos'era stato preparato per la fiera.
Non c'era possibilità di rifiutare, cosa che probabilmente Shiho avrebbe voluto fare: Yuu e Shinoa erano stati perentori sul passare quella serata tutti assieme.
Peccato che ora fossero rimasti solamente loro due.
Yoichi si era ripetutamente guardato intorno alla ricerca degli altri. I primi a sparire erano stati Yuu e Mika, che verosimilmente erano rimasti indietro a qualche bancarella da cui il primo era stato attratto e su cui si era soffermato per parlarne al secondo. A quanto aveva sentito, Mika non aveva mai festeggiato un Tanabata, nemmeno mentre era in Hokkaido[1]: non considerandola una festività sua, non aveva ritenuto di doverla trascorrere in giro e l'aveva passata in casa propria a cercare di ripararsi dal caldo estivo cui lui non era abituato. Perciò, Yuu aveva deciso di fargli fare una specie di tour e di parlargli degli addobbi caratteristici della festa: Yoichi l'aveva sentito parlare a macchinetta dietro di sé, con Mika che si esprimeva poco e probabilmente dopo un po' non ricordava nemmeno più di cosa avessero parlato, ma Yuu sembrava determinato a fargli da cicerone adeguatamente.
Quindi, quando non aveva più sentito il suo vociare dietro di sé, Yoichi si era reso conto di averli persi.
Shinoa aveva quindi suggerito di tornare indietro per cercarli: era strenuamente intenzionata a passare quel Tanabata assieme a tutti.
Solo che mentre tornavano indietro avevano perso anche lei e Mitsuba.
Yoichi arrossì lievemente, a pensare che forse non le avevano proprio perse, ma semplicemente loro si fossero imboscate da qualche parte esattamente com'era successo la sera prima; aveva ancora nelle orecchie i rumori che aveva fatto Shinoa e le proteste di Mitsuba che, per quanto lievi e non esagerati, aveva finito per sentire distintamente una volta che era arrivato lì, dato che era in procinto di trasformarsi in lupo e i suoi sensi diventavano anche più acuiti di quello che erano normalmente; malauguratamente per lui, era riuscito a udirle fin dall'ingresso della grotta.
Non aveva idea se Shinoa sapesse o meno che sarebbero arrivati fin lì, o che fossero effettivamente lì mentre lei e Mitsuba stavano... facendo l'amore, non riusciva a definire quello che facevano del semplice sesso, non quando aveva visto come si guardavano e come si parlavano ieri sera.
Era, in effetti, ancora un po' sconcertato; dubitava che Shinoa volesse farsi sentire, perché persino per una come lei che non si lasciava perdere l'occasione di fare battute a sfondo sessuale quello arrivava ad essere un po' troppo. Ma al contempo sapeva benissimo che sarebbero arrivati fin lì: era abbastanza convinto che Shinoa avesse parlato di quella grotta proprio per invitarli a nascondervisi mentre erano dei lupi.
Eppure poi finiva per fare quel genere di cose con Mitsuba proprio lì... era decisamente strana, ma Yoichi concluse che probabilmente aveva solo calcolato male i tempi.
E forse era stato un bene.
Yoichi forzò un po' il proprio istinto, in modo da non cedere al bisogno di guardare Shiho e cercare di capire come si sentisse al riguardo, perché sapeva benissimo che l'avrebbe visto deluso e arrabbiato. E ne aveva tutte le ragioni: la sera prima si erano spinti fin lì e Shiho probabilmente sperava di poter avere uno spazio in cui lasciarsi andare ed essere libero sia in quell'ultima mezz'ora abbondante che avevano da umani, sia poi una volta trasformati. Yoichi sapeva bene che lui adorava essere un lupo: lo faceva sentire libero e forte, molto più di quanto si sentisse da umano. E quella cosa la sentiva ancora di più quando facevano sesso: era attento e dopo un po' di pratica era diventato bravo, ma una delle cose che piacevano tanto a Yoichi quando erano umani era il senso di forza che Shiho emanava... ed era una cosa che quando erano lupi lo spaventava sempre.
Perché il suo problema era proprio quello: lui era debole, e Shinoa ci aveva visto giusto dicendo che si era sentito male quando aveva fatto la propria ricostruzione di ciò che era accaduto prima che si incontrassero – o meglio, prima che Yoichi decidesse di attirare la loro attenzione perché non ce la faceva più a sentirle con Shiho accanto: era imbarazzato, a disagio e avrebbe solo voluto andarsene di lì e tornare in albergo, ma sapeva che nella forma da lupo non sarebbe potuto andare da nessuna parte per tutta la notte.
Yoichi, in effetti, si era sentito male: aveva iniziato a sentirsi debilitato e ad avvertire dolore a tutte le giunture ancora prima di trasformarsi, poco dopo che si erano fermati perché avevano sentito le ragazze. Non era la prima volta che succedeva, e Shiho aveva già avuto occasione di assistere a scene simili: e come al solito si era preoccupato per lui e aveva cercato di capire come stesse, cosa potesse fare per lui, se fosse il caso di tornare all'albergo prima di trasformarsi o se fosse meglio rimanere lì – ma Yoichi aveva avuto un dolore alla testa tale che non era riuscito a rispondergli per un po'; e quando Shiho aveva fatto per toccarlo e preoccuparsi ancora di più per lui, Yoichi l'aveva spintonato via – si era sorpreso solo dopo ad averlo fatto, quando aveva visto la propria mano protesa in avanti, lo sguardo sconcertato di Shiho e si era reso conto che, per un attimo, aveva pensato che Kimizuki e tutta quella forza gli facessero paura.
Aveva sentito la terra crollargli sotto i piedi.
Ricordava di essere rimasto a guardarlo per un tempo indefinito, sconvolto tanto quanto lui.
Poi, i dolori si erano fatti ancora più intensi. E Shiho aveva lasciato per un attimo perdere tutto e lo aveva svestito prima che si trasformasse, perché lui era talmente indebolito dalle fitte che non era riuscito a farlo.
Dopo quello, Yoichi ricordava di aver aperto gli occhi e di aver trovato il proprio muso molto vicino ai sassi della grotta.
Kimizuki aveva tentato di rassicurarlo che andasse tutto bene, ma Yoichi si era sentito improvvisamente ancora peggio di quanto non stesse prima di trasformarsi: ci aveva messo svariati minuti ad alzarsi, e non era sicuro di quanto ci avesse messo per riuscire a camminare mentre tentava di trattenere gli uggiolii. Shiho aveva tentato di stargli vicino... ma lui l'aveva allontanato di nuovo.
Avevano passato il resto della serata in preda al silenzio e all'imbarazzo. Avevano ascoltato Mitsuba e Shinoa che facevano l'amore, e Yoichi le aveva un po' invidiate – cosa che gli era valsa ulteriori dolori che l'avevano fatto piegare, ma per cui era rimasto in silenzio: per un po' non aveva voluto interromperle, perché sembravano particolarmente prese da quello che stavano facendo.
Shiho era rimasto accanto a lui tutto il tempo. Non lo aveva lasciato solo un secondo, e per quel poco che riusciva a fare aveva tentato di rendergli la vita più semplice. Non gli aveva fatto pesare il fatto che non avessero fatto sesso, si era scusato quando aveva abbaiato troppo forte, gli era rimasto vicino...
E tutto quello a Yoichi faceva ancora più male.
Yoichi strinse il pugno mentre si tratteneva ancora dal guardare il suo Alpha: sapeva che a Shiho pesava non riuscire a fare sesso con lui in quelle occasioni. Sapeva che non capiva il suo stare male (e del resto, come avrebbe potuto? Non aveva idea di cosa lo provocasse perché Yoichi non gliene aveva mai parlato, e nemmeno Yoichi era certo di sapere la causa). Sapeva che per lui era un peso stargli dietro in quelle occasioni quando probabilmente avrebbe solamente voluto essere libero.
Sapeva che lo stava solamente ostacolando in tutto e per tutto: nella sua libertà come lupo e come umano, nel suo sentirsi un buon Alpha, nel suo poter fare tutto ciò che era davvero in grado di fare.
Avevano passato la nottata in silenzio, uno accanto all'altro, dopo che le ragazze se n'erano andate; avevano passato la giornata a scambiarsi giusto frasi necessarie e stringate, a sfuggire allo sguardo dell'altro per l'imbarazzo.
Forse avrebbe dovuto lasciarlo in pace e andarsene di lì.
Trattenne le lacrime che gli stavano salendo agli occhi alla sola idea: per poco tempo, all'inizio della formazione del loro piccolo branco, Yoichi aveva pensato di aver trovato finalmente una casa e una famiglia.
Aveva avuto la sensazione che quel pensiero non sarebbe durato nel momento stesso in cui l'aveva concepito, e presto aveva capito perché: lui non era forte come gli altri due, e non era utile a nulla che non fosse essere un peso. Ma Yuu per primo, e Shiho dopo di lui ma più intensamente, avevano ripetutamente cercato di non farglielo pesare.
Non era colpa loro se non aveva funzionato.
Yoichi sapeva benissimo di essere solamente un peso e un buono a nulla. Sapeva che non sarebbe mai stato all'altezza di nessuno di loro, che fossero Shiho o Yuu, o Shinoa e Mitsuba; ognuno di loro aveva le proprie peculiarità e lui non riusciva a vedere altro in loro se non i punti di forza – ed erano qualcosa che non vedeva in sé stesso, e del resto nessuno sarebbe riuscito a trovare in lui, perché non ne aveva.
Represse di nuovo il pianto che gli stava sorgendo agli occhi, e deglutì a vuoto mentre ripensava a quando era stato morso da quel lupo enorme che gli aveva cambiato la vita per sempre.
Avrebbe fatto meglio a ucciderlo, invece che lasciare a metà il lavoro.
Si morse il labbro, sentendo una stretta allo stomaco – e subito dopo sussultò di colpo, quando sentì qualcosa sfiorargli le dita della mano.
Si voltò, giusto per trovarsi davanti (o meglio, dietro) Shiho che teneva la mano a mezz'aria, vicina al punto in cui era stata la sua fino a poco prima.
Yoichi sgranò gli occhi, e per un attimo sentì un battito mancargli.
Sembrava che Shiho avesse tentato di stringergli la mano... Ma forse era stato solamente un caso.
In effetti, Shiho non ne avrebbe avuto motivo. E non era nemmeno così romantico.
Pur di sfuggire al suo sguardo per l'imbarazzo e perché non capiva cosa stesse succedendo, si guardò intorno: con la coda dell'occhio aveva notato che c'era qualcosa di strano quando si era voltato verso di lui – e in effetti la prima cosa che vide fu la totale assenza di persone.
Erano su un marciapiedi, in una zona semi-deserta del paese in cui si trovavano, probabilmente in periferia. Yoichi riuscì a vedere la strada che diventava sempre più piccola un po' avanti a loro, si inerpicava per un breve tratto sulle colline per poi sparire nascosta tra gli alberi e probabilmente trasformarsi in un sentiero che saliva sulle montagne poco distanti.
In lontananza sentiva il brusio delle persone che si erano accalcate alla fiera in mezzo a cui avevano perso anche Yuu, Mika, Shinoa e Mitsuba. Le luci delle lanterne di carta e delle bancarelle non li raggiungevano fin lì; erano soli, sotto la fioca illuminazione di qualche lampione cui avrebbero fatto meglio a sostituire la lampadina e della luna, che da quella sera diventava calante e sembrava ancora piena tanto era tonda e luminosa.
Shiho non parlò, né commentò il suo gesto di ritrarsi non appena aveva tentato di prendergli la mano; Yoichi avrebbe capito il suo volerlo fare distante dal resto della gente per una questione di pudore se fossero stati insieme – ma loro non stavano insieme, e Shiho non aveva motivo di prenderlo per mano in un frangente come quello.
Sicuramente era stato un caso. Le mani si erano avvicinate troppo e lui aveva frainteso tutto perché era un idiota.
«Ci... ci siamo allontanati parecchio dal centro...» mormorò mentre rintanava la mano al sicuro, appiccicandola allo yukata azzurro che indossava; Shiho, Mika e Yuu si erano vestiti con abiti quotidiani, ma Shinoa aveva insistito perché lui indossasse quello perché "gli stava bene" e Yoichi alla fine aveva capitolato pensando che a Shiho sarebbe potuto piacere. Perché era un idiota che continuava costantemente a illudersi con le stupidaggini.
«Io ho seguito te...» replicò Shiho. Yoichi sobbalzò lievemente, colto alla sprovvista. «Mi sembravi sovrappensiero, ma pensavo volessi allontanarti per qualche ragione e non ho detto nulla» completò.
Yoichi avvampò. Shiho l'aveva seguito senza dire nulla. «Ah, no...! Io... mi dispiace! Se... se vuoi tornare indietro... Non so a cosa stessi pensando...»
Shiho rimase in silenzio per qualche momento ancora, senza muoversi minimamente in direzione sua o della fiera; e Yoichi si curò di evitare cautamente il suo sguardo, troppo in imbarazzo per riuscire a rispondergli decentemente.
«Stai pensando a ieri sera, vero?»
Le parole del suo Alpha lo fecero sussultare visibilmente sul posto.
Yoichi sbarrò gli occhi, sconvolto. Improvvisamente sentì le orecchie calde e il corpo che faticava a muoversi per l'eccesso improvviso di adrenalina: era la stessa reazione di quando si sentiva in trappola.
E in effetti, in quel momento gli sembrava di esserlo.
Irrigidì la mascella, a disagio per quella frase.
Shiho aveva capito.
Forse ci stava pensando anche lui. Forse lo trovava strano. Forse gli avrebbe buttato addosso tutto quello che non andava bene tra di loro, e avrebbe fatto bene...
«Yoichi, è tutto okay.»
Di nuovo, Yoichi sobbalzò.
Sulle prime, quelle parole lo tranquillizzarono – ma poi, quando si rese conto della sua prima reazione, arrivò il senso di colpa a farlo sentire ancora più teso di quanto già non fosse.
Il suo corpo tremava: ogni suo muscolo era contratto per via delle implicazioni di quella frase.
"Era okay".
Shiho stava tentando di tranquillizzarlo.
Doveva farsi rassicurare da lui a quel modo.
Non era capace nemmeno di soddisfare il suo Alpha quando lo voleva.
Era decisamente inutile, su tutti i fronti...
...e pensava pure che rendendosi un po' carino avrebbe potuto... cosa? Farsi perdonare? Piacergli?
Era decisamente un idiota immaturo.
«Ma... tu volevi...» azzardò, senza troppa voce per l'insieme di realizzazioni che lo avevano colpito con la stessa forza di una coltellata ciascuna. Deglutì a vuoto e sentì la gola bruciare, ma si fece forza per pronunciare le parole che doveva usare per continuare il discorso. «...Volevi... fare sesso con me... e io...»
«Cosa? Non stavi bene.» replicò Shiho con tono molto pratico. Sembrava davvero che quella fosse la normalità per lui, che non gli pesasse quello che era successo. «Non mi piace certo l'idea di forzarti a fare una cosa che non vuoi perché non ti senti bene.»
Yoichi sentì lo stomaco stringersi in una morsa che inizialmente gli diede una vaga sensazione di piacere – che sparì immediatamente quando pensò che pretendeva troppo ed era un egoista di prima categoria.
«Ma... ma io avrei voluto!» esclamò, voltandosi per la prima volta verso di lui.
Pareva tranquillo; solo un po' scombussolato da quello che stava succedendo, a giudicare da come lo stava guardando.
Stava dicendo qualcosa di strano.
«Non stavi bene.» ribadì Shiho.
«Lo so, ma non sto mai bene quando ci trasformiamo, lo sai!» replicò Yoichi. «Mentre tu... a te piace, e non fare queste cose in quei momenti ti manca perché negli ultimi mesi succede sempre così, e mi-»
«Yoichi.» lo richiamò Shiho con tono perentorio; Yoichi si bloccò all'istante, e lo guardò negli occhi – suo malgrado non riuscì a toglierli dai suoi, rimanendo invece a fissarlo mentre sentiva le orecchie farsi sempre più calde, le gambe sempre più molli e il sangue pompato sempre più velocemente dal cuore.
«Non era il momento.» gli disse di nuovo Shiho con tono deciso. «Non è mai il momento giusto, se stai male. Non voglio certo farti stare peggio.» Fece una piccola pausa, durante la quale Yoichi sentì il proprio stomaco contorcersi a quella gentilezza che Shiho gli stava dimostrando come al solito e di fronte alla quale aveva reagito mentendogli.
Se ne sarebbe reso conto molto in fretta.
E la cosa lo spaventava.
Lo vide aggrottare le sopracciglia, e trattenne il fiato mentre capì che stava realizzando quello che aveva detto poco prima.
«...Ma se non stai mai bene quando ti trasformi...» azzardò infatti lui, con voce ancora più seria della sua solita. Yoichi si strinse nelle spalle e abbassò immediatamente lo sguardo, ben consapevole di quello che sarebbe arrivato dopo – che arrivò subitaneamente, e fu l'ennesima coltellata nel fianco. «...Yoichi. Tutte quelle volte che l'abbiamo fatto quando eri trasformato...»
«Non stavo sempre male come ieri sera!» cercò di difendersi, pur di non farlo sentire in colpa. Sapeva che Shiho era gentile e non avrebbe mai voluto fargli del male: improvvisamente i suoi stupidi tentativi di fare qualcosa che a lui potesse fare piacere gli si stavano ritorcendo contro, e si rese conto che non avrebbe dovuto farlo anche solo per rispetto a lui.
Qualunque cosa facesse, era qualcosa che non andava bene per niente.
«Non avresti dovuto farlo e basta, se stavi male!» ribatté Shiho; Yoichi sentì chiaramente il suo tono agitato mentre pronunciava quelle parole, come se stesse iniziando già da quel momento a sentirsi in colpa. Gli si strinsero le viscere al solo pensiero, e si strinse ancora di più nelle spalle senza riuscire a guardarlo. «E stavi... ieri sera stavi male anche prima. E tutte le volte che è successo...»
«Se fossi stato troppo male per non farlo te l'avrei detto!» replicò Yoichi, nel disperato tentativo di rimediare a quello che aveva fatto, di permettergli di capire che non aveva fatto nulla di male. «Non... non è una cosa di cui ti devi preoccupare...!»
«Non è una cosa per cui mi devo preoccupare?!» sbottò lui. «Yoichi, ti ho fatto stare peggio mentre tu stavi già male, non me ne sono accorto e tu mi hai lasciato fare! Ed evidentemente sei arrivato a un punto di esasperazione tale che ieri sera è successo quello che è successo e-»
«Ero in imbarazzo!» obiettò Yoichi, mentendo. «Mi sono fatto prendere per un attimo da quello che stavo provando e ti ho spinto via! Mi dispiace, non volevo, come non volevo che tu dovessi rinunciare a qualcosa che volevi fare per colpa mia-»
«Yoichi, non la voglio fare se comporta farti stare peggio!» fece Shiho a voce alta, in tono deciso e definitivo.
Yoichi premette le labbra l'una contro l'altra, in colpa. Chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime che rischiavano di uscirgli: non voleva che Shiho si sentisse ulteriormente responsabile per averlo fatto stare male anche emotivamente... anche perché non era colpa sua.
Lo sentì sospirare pesantemente, mentre probabilmente cercava di riflettere: faceva sempre così, quando aveva troppe informazioni tutte insieme. E in quel momento erano decisamente tante; sicuramente aveva bisogno di qualche momento.
Yoichi attese, con la chiara percezione di aver fatto anche troppo di male nei confronti di una persona che si era comportata in maniera così gentile con lui.
«Avresti... avresti dovuto dirmelo.» proferì Shiho alla fine; il suo tono era più debole di prima, e pareva deluso.
Yoichi spalancò gli occhi solo per incontrare l'asfalto sotto i suoi piedi e un pezzo del proprio yukata; non riuscì a toglierli da lì, perché non aveva il coraggio di guardarlo in faccia mentre lui continuava a parlare.
«Yoichi... io non voglio farti del male.» aggiunse di nuovo lui con tono calmo ma, Yoichi lo sentiva, deluso. Ignorò il più possibile la stilettata alla pancia che sentì a quella realizzazione, mentre lo ascoltava ancora. «Sei parte della mia famiglia. Sei il mio Omega. Avresti dovuto dirmelo tutte le volte che stavi male... non solo quelle in cui stavi particolarmente male.»
Yoichi strinse un pugno. Si morse il labbro inferiore per non piangere, per non urlare.
Il suo Omega.
Ecco cos'era.
Non erano scopamici. Non erano nemmeno amici.
Era solo una parte del suo branco che andava protetta.
...Come sempre.
«Le volte in cui non stavo troppo male... io volevo farlo.» arrancò a bassa voce.
Shiho rimase in silenzio solo per qualche secondo, che a Yoichi parve comunque interminabile.
«Ma perché?!» sbottò. «Perché farsi del male a questa maniera?! Perché non dirmi nulla?! Lo sai che mi sarei fermato se tu mi avessi detto che-»
«Era proprio quello che non volevo...!» replicò Yoichi, stringendo di più i pugni e avendo la chiarissima sensazione che se avesse continuato così Shiho avrebbe capito. Doveva trattenersi.
Ma non ci riusciva.
«Perché?!»
«Perché...!» azzardò Yoichi – ma le parole gli morirono in gola, mentre realizzava l'enormità di quello che stava succedendo. Non voleva.
Non voleva davvero dirgli tutto. Lo avrebbe fatto stare male... molto di più di quanto stava ora.
Non poteva essere così egoista. Non di nuovo.
Annaspò per un secondo, mentre cercava le parole giuste da dirgli. Qualcosa che non desse troppo a intendere i sentimenti che provava per lui. Qualcosa che potesse dargli una scappatoia... magari far tornare tutto com'era prima.
«Yoichi-»
«Perché so che ti piace, okay?» buttò fuori, a voce molto più bassa e molto più acuta di quello che avrebbe voluto. La sua testa stava per esplodere; sentiva gli occhi pizzicare per far uscire le lacrime e la gola che annaspava a cercare il fiato, mentre le orecchie si facevano sempre più calde e il cuore sembrava volergli sfondare la cassa toracica da quanto stava battendo forte. Deglutì a vuoto cercando di concentrarsi su quello che voleva dire, in modo da spiegarsi. «So che... diventare lupo ti piace, sentirti lupo ti piace. So che... vorresti essere sempre un lupo, o almeno avere il controllo delle tue trasformazioni, in modo da poterlo essere quando vuoi e non dover aspettare quell'unica volta al mese...» Si strinse nelle spalle. «Per me... non è così, ma...» "Ma" cosa? Cosa era il caso di dire in quel momento?
Yoichi cercò le parole giuste, il concetto giusto da esprimere, negli angoli della propria testa. Lo cercò come un forsennato, consapevole che non riusciva a pensare ad altro che a Shiho in quel momento. Shiho che ogni secondo in più che passava si stava sentendo sempre più confuso e in colpa. Shiho, che andava protetto... da lui.
Trovò quello che voleva dire all'improvviso – si rese conto che era stato tutto ovvio fin dall'inizio.
«...Ma sei parte della mia famiglia anche tu.» proferì alla fine. «Sei il mio Alpha e... hai fatto tanto per me. E io... riesco a fare poco per te, anzi, praticamente nulla... ma almeno quello...»
Non riuscì a terminare il concetto perché non sapeva definire quello che facevano, ma sapeva che lui aveva capito; sentì i suoi occhi contro la propria fronte mentre Shiho lo fissava, e si strinse nelle spalle ancora di più in risposta mentre attendeva una sua replica.
Non sapeva cosa aspettarsi ora; ma sperava che fosse tutto a posto e che potesse tornare tutto come prima, dopo che gli aveva detto così. Sperava che... fosse chiaro una volta per tutte che gli voleva abbastanza bene da volerlo felice... ma non troppo bene da volerci stare insieme.
«Quindi...»
La voce di Shiho irruppe nelle sue orecchie quasi all'improvviso, mentre sperimentava un sollievo misto a frustrazione per non poter essere di più, misto a rabbia perché ancora pensava di voler essere qualcosa di più, misto a ulteriore sollievo perché almeno non aveva ancora ceduto ai propri sentimenti, misto ancora a frustrazione perché non ne sarebbe mai stato in grado... era tutto un groviglio così complicato.
Yoichi sollevò timidamente lo sguardo e lo osservò; e quello che vide gli fece venire una stretta alla pancia.
Era furioso.
Aveva le sopracciglia aggrottate e una smorfia arrabbiata in viso; le dita delle mani stringevano le tasche dei jeans in cui erano affossate e tremavano lievemente. Yoichi lo sentì emettere un suono di stizza e lo vide distogliere lo sguardo dal suo; percepì anche della delusione mentre Shiho non lo guardava, e sentì le viscere fargli male.
Cos'aveva detto? Cos'aveva fatto?
«Quindi... se Yuu fosse stato il tuo Alpha, l'avresti fatto anche con lui.» lo udì concludere con voce dura.
Yoichi sbarrò gli occhi.
La stretta dei pugni si allentò di colpo e lui lasciò le mani rilassate, mentre pensava che sì, in effetti quello che aveva detto poteva anche essere interpretato così.
«L'avresti fatto anche con Narumi, se lui ti avesse accolto in casa propria e ti avesse trattato bene.» aggiunse ancora Shiho, sempre più deluso e arrabbiato. Yoichi sentì la stretta salire fino al proprio cuore e fu certo di non riuscire a vedere nulla per un momento, se non un groviglio di possibilità molto confusionario e indefinito a quello che aveva fatto.
Shiho era arrabbiato con lui. Shiho si sentiva uno dei tanti.
Era tutto ciò che lui non avrebbe mai voluto fargli.
«Ma è più probabile con Yuu...» disse ancora lui con tono velenoso – Yoichi si sentì colpito come da una freccia in pieno petto, e incassò in silenzio l'accusa. «Del resto lui ti ha sempre trattato bene; se ti avesse visto in mezzo alla strada come ti ho visto io non ci avrebbe pensato un solo secondo a portarti ad abitare in casa sua. E sappiamo tutti e due che ha la stoffa dell'Alpha, quindi se ci fosse stato lui al mio posto ti saresti tranquillamente dato a lui. No? Magari stando anche meno male...»
«No...!» urlò Yoichi.
Shiho si voltò verso di lui, infuriato. Non voleva vederlo così. Non era quello che intendeva. Non era sicuro che non sarebbe davvero andata così se ci fosse stato qualcun altro al posto di Shiho, anzi, probabilmente se gliel'avessero chiesto sarebbe andata così, ma...
Ma Shiho...
«Perché è questo quello che stai dicendo, Yoichi!» lo riprese lui alzando la voce. «L'hai fatto solamente per sdebitarti in qualche modo del fatto che ti ospitassi! L'hai fatto perché sono il tuo Alpha! E io non te l'ho mai chiesto
«Lo so...!» annaspò Yoichi. «Lo so, io volevo solo...!»
«Cosa?! Pagarmi in natura?!» sbottò lui. Yoichi spalancò gli occhi e indietreggiò di mezzo passo, terrorizzato dal realizzare quello che aveva effettivamente fatto. «Non ti è mai piaciuto, nemmeno una sola cazzo di volta! L'hai sempre fatto perché piaceva a me e ti sentivi in debito?! Avresti fatto meglio a-»
«Mi è piaciuto!» strillò Yoichi, cercando di sovrastare la sua voce – cercando di fermare quel fiume in piena di fraintendimenti e interpretazioni più o meno giuste di quello che aveva fatto. Era tutto così frainteso, ma era anche tutto così inteso bene visto quello che gli aveva detto... Non poteva certo biasimarlo. «Quando... quando non stavo troppo male mi piaceva! Mi piaceva perché... mi rilassava, sentivo che anche a te piaceva e...»
Si bloccò, consapevole di quello che stava per dire.
Non doveva.
Strinse le labbra e cercò i suoi occhi – ora più sgranati che infuriati, come se la rabbia avesse lasciato spazio allo stupore.
Yoichi sentì le lacrime pizzicargli per uscire, ma ancora le trattenne stoicamente. Non doveva mostrarsi debole davanti a lui, non più di quanto già non fosse. Non doveva farlo preoccupare. Non doveva fargli pensare che fosse colpa sua. Non doveva farlo stare male.
Non voleva.
Tremò, quando lo vide voltarsi con più calma verso di lui e scrutarlo attentamente prima di parlare di nuovo.
«Prima non hai detto così...»
Yoichi deglutì. «Mi... mi sono espresso male...» biascicò. Cercò di tenere gli occhi fissi nei suoi, anche se faceva fatica: la sua espressione confusa, arrabbiata e intenta a studiare le sue reazioni gli perforava l'addome facendogli malissimo. «Mi dispiace...» disse ancora. «Non so... se sarebbe successo anche con Yuu o Narumi... se fossero stati loro al tuo posto.... Ma... io... credo che con te... sia diverso da come... avrebbe potuto essere con loro...»
Voleva solamente farlo sentire più speciale di quanto forse si sentiva in quel momento; lo aveva capito da come si era subito messo a confronto con Yuu e Narumi. Aveva sempre sentito la competizione con loro... perché nemmeno lui era troppo consapevole delle proprie capacità.
Yoichi era sicuro che quando Shiho si fosse aperto un po' gli sarebbe andato tutto meglio, fino al punto di essere davvero felice.
Se solo... avesse potuto aiutarlo un minimo, in quel senso...
«Che vuoi dire?» lo incalzò Shiho.
Non voleva dirgli tutto. Ma non sapeva come fare a dirgli quello che voleva.
Yoichi strinse le labbra e cercò le parole giuste; ne sentiva alcune provenire da una zona compresa tra stomaco e cuore, che salivano lungo la sua gola come se volessero uscire e dire tutto quello che provava, dall'inizio alla fine – ma si trattenne: era troppo, non avrebbe dovuto esagerare.
Prese un respiro profondo e tremulo, mentre metteva in ordine le idee.
Non poteva parlare col cuore. Ma poteva metterci un pezzettino di quello che il suo cuore pensava.
«Voglio dire che... non dovresti metterti a confronto con Yuu e Narumi.» disse, abbassando gli occhi. Sorrise lievemente; forse poteva farcela. Se solo fosse riuscito a farlo sentire meglio, anche solo un pochino... se solo fosse riuscito a farlo aprire un po'... non sarebbe stato tutto inutile. «Tu... sei tu. E io... sono contento che il nostro Alpha sia tu...»
Sentì le lacrime pizzicare ulteriormente, e ancora una volta le trattenne.
Il suo corpo voleva urlare a Shiho quello che provava davvero. La sua testa continuava a rimbombargli con le parole che avrebbe voluto far uscire; faceva male, perché non lo lasciava in pace e gli impediva di pensare adeguatamente, e al tempo stesso si sentiva un egoista che voleva molto di più di quello che meritava.
Ma se solo quello fosse servito a Shiho per placare gli animi e sentirsi meglio...
Forse sarebbero tornati in albergo e sarebbero riusciti anche a fare...
«Yoichi.» lo richiamò lui. Yoichi sobbalzò e sollevò gli occhi – per vederselo improvvisamente molto vicino e ritrovarsi a indietreggiare istintivamente di mezzo passo.
Era bello.
Yoichi scacciò immediatamente quel pensiero e si concentrò su quello che gli stava dicendo più che su di lui.
«Sì...?»
Lo vide assottigliare gli occhi e guardarlo dall'alto della decina di centimetri che li separavano.
Per un attimo rimase in silenzio e non disse nulla; Yoichi rimase in un limbo di emozioni e pensieri che avrebbe sinceramente voluto non esistesse, in modo da riuscire a concentrarsi meglio su quello che gli stava succedendo. Aveva la sensazione che, a giudicare dall'espressione di Shiho, quello che avrebbe detto non gli sarebbe piaciuto; ma al tempo stesso voleva sentirlo, perché forse si stava solamente costruendo dei castelli in testa eccessivi come spesso gli succedeva e non sarebbe successo nulla di male; forse Shiho l'avrebbe solamente ringraziato per averlo fatto sentire meglio e gli avrebbe detto che era tutto a pos-
«Quello che dicevano i ragazzi è vero?»
Yoichi sbarrò gli occhi e sentì qualcosa che doveva essere molto simile a una coltellata al cuore. Lo fissò, percependo chiaramente il fiato mancargli per un secondo.
Sapeva a cosa si riferiva.
E avrebbe voluto non fosse quello.
Si fece forza e cercò le parole con cui rispondergli.
«Di... di che parli?» domandò. «I ragazzi dicono tante cose...»
«Del fatto che tu sia innamorato di me.»
Yoichi incassò l'ennesimo colpo e tentò di fare buon viso a cattivo gioco.
Aveva capito tutto. E lui non sarebbe riuscito a nasconderglielo ancora.
«No, io...» azzardò.
«Yuu me l'ha ripetuto tante volte...» Shiho si allontanò da lui ed emise un suono di stizza. «E dopo ieri, con quello che mi hai detto ora...»
Yoichi sentì una stretta al cuore, l'ennesima. Si stava sentendo in colpa per lui. Lo sapeva. Almeno quello lo sapeva.
«No!» esclamò avvicinandosi di un passo. Fece forza alla propria gola che sembrava aver perso la voce e proseguì. «No, Shiho, no! È... è come ti ho detto, l'ho fatto perché penso che tu sia un buon Alpha, l'ho fatto perché mi piaceva, non perché sono...!»
Si bloccò, le parole che gli morirono sulla lingua quando si rese conto che non poteva dirgli che non era innamorato di lui.
Qualcosa glielo impediva. Forse non voleva farlo abbattere di più, forse voleva solamente farlo sentire apprezzato, non lo sapeva. Ma non ci riusciva, quando avrebbe dovuto.
Era decisamente un buono a nulla.
Anzi, un essere controproducente. Aveva rovinato tutto quando cercava di sistemare le cose.
Sentì le lacrime scorrergli lungo le guance; le vide cadere a terra, piccole gocce che andarono a impattarsi sull'asfalto del marciapiedi e lasciarono delle macchie.
Non doveva mostrarsi debole.
Non doveva fargli intendere che era tutto vero.
Non doveva fargli pesare nulla.
Non doveva farlo sentire male.
Non voleva.
«Yoichi...»
Ma Shiho aveva capito tutto, ormai.
«Lo so!» esclamò Yoichi, stringendo i pugni e allontanandosi da lui, camminando all'indietro.
Poteva solo cercare di mettere delle pezze.
«Lo so che mi avevi detto che avremmo potuto... fare sesso solo se non ci fossero state implicazioni sentimentali! Non voglio... non volevo farti sentire in obbligo, non volevo metterti in imbarazzo a vivere nella stessa casa!» disse, alzando sempre di più la voce, l'aria che gli mancava dai polmoni mentre il suo torace si alzava e si abbassava cercando di guadagnare più ossigeno. «Lo so! Me l'hai detto! So come stavano le cose! So come... stanno tuttora!» aggiunse. Scosse lentamente la testa, disperato. Non stava risolvendo nulla, ma non riusciva a capire come fare. «Mi dispiace!» urlò. «Mi dispiace, io... io avrei voluto solamente che tornasse tutto com'era prima! Volevo solamente... sistemare quello che ho combinato ieri! Volevo che non fossi più in imbarazzo e ti sentissi libero di... di fare quello che volevi, perché... perché è quello che voglio farti fare, anche se non sono perfettamente in forma, anche se si tratta delle notti di luna piena e io non sto bene mentre tu sì...!».
Gli si strinse lo stomaco, mentre ripensava a quello che stava dicendo – poi, come un fulmine a ciel sereno, gli tornò in mente la mano di Shiho che toccava la sua, come a volerla prendere.
Forse aveva capito già da prima. Forse aveva il sospetto e voleva esserne certo.
Yoichi annaspò, mentre gli tornarono in mente le sue parole poco dopo.
"Mi sembravi sovrappensiero, ma pensavo volessi allontanarti per qualche ragione e non ho detto nulla."
L'aveva seguito senza sapere dove volesse andare.
Era stato gentile...
Tutto il contrario di quello che era lui, a buttargli addosso tutta quella roba che si teneva dentro da troppo.
Era decisamente una pessima persona.
E un Omega ancora peggiore.
Indietreggiò ancora, ansante.
Non doveva stare con lui.
Non lo meritava.
Lanciò un'ultima occhiata al suo Alpha. Lo vide offuscato e indefinito, per via delle lacrime che gli inondavano gli occhi.
E sentì chiaramente il senso di colpa, la frustrazione, la rabbia contro sé stesso, il dolore di averlo fatto sentire in colpa.
Voleva solamente sparire.
Doveva smettere di dargli problemi.
Era tutto per via del lupo, se lui era lì. Se lui era così. Se lui stava dando problemi a qualcun altro.
Se lui stava dando problemi a Shiho... era solamente per via di quel lupo.
Che lui disprezzava, e che a Shiho piaceva tanto.
«Yoichi...?» lo sentì richiamarlo mentre azzardava un passo avanti nella sua direzione.
Indietreggiò, ansante.
Gli faceva male dappertutto.
Si sentiva debole.
Si sentiva un codardo.
Voleva solamente sparire.
«Yoichi, as-»
Non aspettò che lui finisse la frase.
Scattò indietro e corse all'impazzata.
Più veloce di quanto il suo corpo umano fosse normalmente capace.
I polmoni in fiamme, le braccia e le gambe che si muovevano da sole senza che lui facesse il minimo sforzo per controllarle.
Corse via, pur di stare lontano da lui.
Si mosse all'impazzata, pur di allontanarsi da quel punto in cui si era concentrato tutto ciò che lo aveva fatto stare male.
Corse talmente forte che smise di pensare e non riuscì più a ricordare.
I suoi amici. Il suo dolore. Shiho...
Non esistevano più.
E soprattutto, non esisteva più nemmeno quello che gli faceva più male di tutti.
Lui stesso.


Avevano perso gli altri.
Mika non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo, quando si rese conto che gli amici di Yuu erano stati inghiottiti dalla folla.
Non che non fossero gentili con lui o disponibili a includerlo nel gruppo; ma non era sicuro di riuscire ancora a legare con loro, e inoltre gli erano sembrati più strani del solito quella sera. Yoichi e Kimizuki erano stati particolarmente silenziosi e, pur camminando vicini, non si erano praticamente guardati; Shinoa lo inquietava a prescindere perché sembrava stesse sempre progettando qualcosa, ed era rimasta appiccicata al braccio della sua ragazza finché non erano spariti; Mitsuba era come al solito intenta a scrivere al cellulare cose di cui Mika sospettava ormai il contenuto, ma che non era intenzionato ad approfondire.
Per ora, Amane era bastava e avanzava.
Mika sorrise lievemente a vedere come stava tentando di acchiappare un pesce rosso da una vasca gonfiabile, in cui svariati esemplari arancioni e neri nuotavano pacifici e si smuovevano solamente quando il retino nella mano di Yuu o quelli di altri bambini poco più in là affondavano per cercare di prenderli. Pareva un gioco tipico di quella festività che aveva tenuto tanto a fargli vedere; e lui sembrava intenzionato a pescarne uno per chissà quale motivo ed era anche parecchio concentrato sulla propria missione.
Era come se tutte le volte che era con lui Amane fosse intento a mostrargli una parte un po' esagerata di sé, in cui era più forte o più bravo di quanto già non fosse; Mika non ne capiva esattamente il motivo, ma dal momento che non si comportava così con gli altri e sapeva cosa provasse per lui, aveva concluso che fosse per farsi bello ai suoi occhi... in modo da piacergli.
Lo scrutò mentre faceva uscire la lingua e faceva un altro tentativo col retino per prendere il pesce.
Era carino.
Mika scosse lievemente la testa, e riservò le proprie attenzioni ai pesci per qualche istante; cercò di scacciare dalla testa quell'immagine in cui le proprie dita sfioravano il braccio di Amane, che dalla sera prima continuava a ripresentarsi insistentemente. Per l'ennesima volta si ripeté che si trattava solamente di carenza di contatto fisico; non era strano, anzi era del tutto comprensibile dato tutto il tempo passato da solo. Certo, non era il caso di riversarle su Amane, specialmente in virtù di ciò che lui provava e di cosa avrebbe potuto intendere. E fraintendere.
Mika lo guardò ancora di sottecchi e per un attimo rimase a fissare quel braccio; non aveva l'attrattiva che aveva avuto la sera prima nella sua testa, ora che ci pensava – non quanto ora l'aveva il volto di Amane.
Esitò e strinse le labbra; poteva comunque essere una carenza di contatto fisico, ma non gli impediva di trovarlo carino e adorabile.
Si morse lievemente il labbro e rabbrividì; forse era il suo corpo che reclamava un semplice abbraccio e un minimo di affetto dimostrato fisicamente, ma non riusciva a guardarlo senza trovarlo tenero. Era decisamente un bel ragazzo, e quello l'aveva pensato già da quando aveva visto la sua foto; ma vederlo dal vivo gli dava una sensazione di tenerezza che non ricordava di aver sperimentato prima di lui. Lo trovava tenero quando cercava di fare più di quello che era, e lo trovava tenero quando era spontaneo come in quel momento.
E lo trovava tenero quando era un lupo.
Mika si morse di più e distolse completamente lo sguardo da lui, rivolgendolo alla folla che andava e veniva lungo la strada proprio dietro di loro; in mezzo a quelle persone probabilmente c'erano i suoi amici che li stavano cercando, ma in quel momento non riusciva a vedere nessuno.
Nemmeno Ferid o Crowley, grazie al cielo.
Si chiese cosa avrebbe pensato Ferid di quelle sensazioni che provava nei confronti di Yuu; era sempre stato un tipo parecchio singolare, e forse se gli avesse detto che Amane non era pericoloso li avrebbe lasciati in pace. Forse lo avrebbe invitato ad andarci a letto come aveva già fatto mesi addietro, prima di sapere che Yuu era un lupo, giusto per sperimentare come fosse fare sesso con uno di loro: era il tipo da proporre qualcosa del genere senza avere il minimo pelo sulla lingua, ed era il tipo che se si fosse trovato davanti qualcuno come Yuu probabilmente avrebbe fatto così solo per sperimentare e poi lo avrebbe abbandonato.
Mika tentennò, e si trattenne dal guardare ancora il ragazzo. Il pensiero di usarlo e poi abbandonarlo come avrebbe potuto fare Ferid gli faceva venire una stretta allo stomaco.
Sospirò, mentre le idee gli correvano in testa fin troppo velocemente, e lui non riusciva a ritrovarcisi; tornò a guardare la vasca dei pesci, la coda dell'occhio attenta su Amane, che stava cercando di catturare un esemplare nero un po' più piccolo degli altri.
In ogni caso, non avrebbero mai dovuto sapere cosa gli passava per la testa o cosa gli scatenava Yuu. Sarebbe stato pericoloso per entrambi... per lui soprattutto.
Ma non sapeva nemmeno cosa fare.
Voleva proteggerlo, ma stargli vicino senza ricambiarlo gli avrebbe fatto troppo del male.
Ma non era in grado di...
«Eccolo! Ce l'ho!»
L'esclamazione improvvisa di un trionfante Yuu lo fece sobbalzare sul posto, e lo distolse dai pensieri che gli si ingarbugliavano nel cervello. Mika spalancò gli occhi e lo fissò, per trovarselo davanti con un retino in cui saltellava, in un principio di soffocamento, il pesce nero che fino a poco prima stava inseguendo.
Con la coda dell'occhio intravide il gestore della bancarella avvicinarsi a loro con un sacchetto riempito d'acqua della vasca, e assistette al momento in cui Yuu ripose cautamente e con grande attenzione – ed era affetto, quello che gli vedeva in viso? – il retino con il pesce nell'acqua. L'animale rimase stordito solo per l'attimo in cui dovette adattarsi al luogo in cui si trovava; poi riprese a nuotare placidamente nel sacchetto, che era abbastanza pieno da dargli un bel po' di spazio in cui muoversi.
Dietro di lui, i bambini in kimono commentarono ammirati la sua impresa e si rimisero a tentare di pescarne uno anche loro.
Yuu prese in mano il piccolo sacchetto di plastica e per un attimo lo guardò con un sorriso allegro e soddisfatto.
Era tenero.
Mika sussultò, quando lo vide porgerglielo con entusiasmo.
«Lo vuoi, Mika?» gli domandò con un ampio sorriso a incurvargli la bocca.
Mika sbatté le palpebre e fissò prima lui, poi il pesce. «Eh...?» riuscì solo a dire.
«L'ho preso per te!» esclamò lui. Poi parve ripensarci e riflettere un momento su quello che aveva detto, per finire per ritrattare praticamente subito. «Se... se lo vuoi, ovvio! Se no lo porto a casa io.»
Mika lo osservò stranito, ancora perplesso da quello che Yuu aveva fatto. Aveva fatto tutta quella fatica per catturare un pesce... per lui.
Non capiva il senso di quel gesto, ma lo trovò comunque tenero; Amane aveva voluto fare qualcosa che lo rendesse felice, di questo ne era certo. Solo, non capiva cosa.
«Non sono sicuro di riuscire a occuparmi di un animale...» considerò in risposta, storcendo lievemente le labbra in una smorfia mentre guardava il pesciolino girare in tondo nel sacchetto.
«Oh, i pesci rossi non richiedono troppe attenzioni!» fece Yuu con un entusiasmo incontenibile. «Basta che gli dai da mangiare un paio di volte al giorno e gli cambi l'acqua in modo che non sia sporca. Per il resto, fa tutto lui! Non è impegnativo come...»
«...come un cane?» completò istintivamente Mika prima che lui potesse finire la frase.
Sbatté le ciglia e sollevò lo sguardo verso di lui, improvvisamente insicuro di aver detto qualcosa di sbagliato. Tuttavia, Yuu ridacchiò e si passò una mano sulla nuca; pareva divertito.
«Sì, esatto.» disse, e avvicinò di più a sé il sacchetto per ammirare per un secondo il pesce. Nel giro di un istante, Mika riuscì a vedervi una chiara somiglianza: entrambi avevano del nero su di loro, e probabilmente Yuu l'aveva preso esattamente per quello.
Per dargli un pezzo di sé a casa propria.
Forse non se n'era nemmeno reso conto.
Mika si concesse un piccolo sorriso, giusto per un istante.
Era decisamente tenero.
«Tsukki richiede un sacco di attenzioni e cure.» considerò Yuu, annuendo alla propria frase. «Per uno studente impegnato come te sarebbe difficile prendersi cura di un cane. Ma mi sei... sembrato un po' solo, a casa, perciò mi sono detto che forse un pesce...»
Mika spalancò gli occhi, sorpreso. Ecco perché l'aveva fatto.
Sentì un lieve calore al petto, mentre si ritrovava a fissarlo per un lungo momento.
Era tenero.
Percepì il cuore perdere un battito, le viscere rilassarsi subito dopo. Ancora di più quando lo vide ridacchiare apparentemente un po' in imbarazzo, e scrollare le spalle mentre si grattava ancora la nuca.
«Scusa.» disse. «Di solito è qualcosa che i ragazzi fanno per le ragazze, ma... pensavo che potesse farti un po' di compagnia...»
Mika lo osservò per un istante. Ragazzi e ragazze... Quindi lo aveva fatto con quell'intento famoso del mostrarsi meglio che poteva a lui.
Ma era comunque stato gentile e con dei buoni intenti di fondo.
Mika scrutò per un attimo il pesce, che stava nuotando placidamente. Non pareva una creatura complessa di cui occuparsi: forse se si fosse messo un minimo d'impegno sarebbe riuscito anche bene nell'intento.
Sentì un singolare rilassamento generale, a pensare che avrebbe potuto occuparsi di una vita, invece che ucciderla soltanto e poi passare alla successiva come aveva sempre fatto. Avrebbe potuto occuparsi di due vite: quella del pesce e quella di Yuu.
Non era un calore spiacevole. Solo qualcosa cui non era più abituato da tanto tempo... ma era sicuro di esserci stato abituato una volta, quando era piccolo.
«D'accordo.» acconsentì alla fine, sollevando gli occhi in quelli di Amane. Lo vide spalancare i propri e sorridere più ampiamente, ma prima che potesse parlare Mika proseguì. «Ma immagino che non potremo portarlo a casa così... o tenerlo in quel sacchetto tutta la notte e tutto il viaggio di domani. No?»
Yuu sgranò gli occhi e lo osservò per un lungo momento, apparentemente sorpreso anche se Mika non comprese il motivo. Poi lo vide sorridere di nuovo, e stringere con un po' più vigore il sacchetto.
«Possiamo già comprare una piccola boccia, se vuoi!» esclamò voltandosi verso la bancarella, con un entusiasmo e un sorriso che per un momento stordirono Mika al punto da bloccarlo sul posto, mentre lui gli passava accanto e poi si avvicinava a guardare le bocce di vetro per i pesci. «Guarda, ce ne sono di non troppo grosse! Ehi, potremmo prendere un coperchio per il viaggio per fare in modo che non esca o non cada...!»
Per un attimo Mika sentì quelle ultime considerazioni come ovattate, mentre rivedeva il sorriso di Yuu davanti a sé.
Brillava.
Era così genuino, spontaneo, entusiasta e pieno di vita.
Rabbrividì, pensando a quello che avrebbe potuto fare.
A quello che non aveva fatto.
Ne era felice.
E ora capiva anche perché molti avrebbero voluto essere al suo posto, a essere corteggiati da uno come lui...
«Mika?» lo richiamò Yuu, riscuotendolo improvvisamente dai propri pensieri.
Mika sobbalzò, e per la prima volta quando incontrò il suo sguardo sentì il cuore mancargli un battito sensibilmente.
Era bellissimo.
Lo sentì recuperare i battiti fin troppo velocemente, mentre lo osservava stordito da quello che stava succedendo al suo corpo e al suo sistema circolatorio nello specifico, e cercava di ricapitolare quello che Yuu aveva detto fino a quel momento.
Non ci riuscì.
«Oh... uhm...» azzardò, sentendo il proprio cervello lavorare fin troppo velocemente per recuperare quello che lui aveva detto. Aveva parlato della boccia di vetro da comprare, era l'ultima cosa che ricordava. «Oh... Credo che... una boccia vada bene. E un coperchio sarebbe l'ideale, non vorrei che cadesse...»
Yuu sorrise più ampiamente e annuì. «D'accordo.» disse. «Una qualsiasi? Stavo guardando quale potesse piacerti...»
Mika sussultò, e rivolse subito uno sguardo alle bocce in esposizione per compensare la propria disattenzione di poco prima. Decisamente non era da lui. «Una... una qualunque andrà bene credo... ma che non sia troppo piccola. Non vorrei che non riuscisse a muoversi abbastanza.» commentò. Nemmeno quel tentennare sulle risposte era da lui. Amane l'aveva sempre visto sicuro di sé ed era una delle cose che gli piaceva di lui, che avrebbe pensato se lo avesse visto fin troppo così?
...Da quando gli importava cosa pensava Amane, poi?
Mika strinse le labbra mentre osservava le bocce di vetro e ne cercava una abbastanza capiente, in maniera del tutto distratta e senza vedere davvero quelle palle in cui avrebbe potuto stare il pesce. Era concentrato, piuttosto, su quello che gli stava succedendo: era da tempo che non gli capitava di essere confuso, e si sentiva più disorientato di quando Ferid faceva i suoi teatrini cui lui riusciva a stare dietro a stento. Già erano frustranti quelli... stare così per Amane era ancora più frustrante perché non sapere cosa rispondere, non sapere cosa avrebbe potuto pensare, gli faceva temere che lui ci sarebbe rimasto male. E non era quella la sua intenzione.
Non aveva idea da quando succedesse quel genere di cosa, per cui lui si preoccupava di quello che qualcun altro avrebbe potuto pensare di lui; ma era Amane, e pensava costantemente a lui, ed era così affettuoso che gli veniva naturale volere che stesse bene e non si angosciasse troppo per lui...
..."Naturale"...
Mika deglutì a vuoto; era da troppo tempo che non si comportava in maniera naturale. Talmente tanto che non aveva nemmeno più idea di cosa volesse dire farlo.
Amane lo spingeva a comportarsi in maniera più naturale.
Amane lo aiutava a preoccuparsi di un altro essere vivente... due... tre.
Mika sentì un calore al petto, di nuovo.
Era piacevole preoccuparsi per qualcuno.


«Immagino che tu non sappia le origini della festa del Tanabata, no, Mika?»
Yuu camminava davanti a lui, la boccia di vetro piena d'acqua stretta tra le mani e il pesce (non avevano ancora deciso il nome; in realtà Yuu aveva solamente accennato l'argomento, ma avevano fatto cadere la questione) che nuotava pacifico dentro, al riparo da sbalzi e cadute grazie a un coperchio rosso.
Mika lo seguiva con calma, guardando a tratti la sua schiena e sentendo istintivamente il desiderio di toccarla.
Non era qualcosa di spiacevole in sé e per sé, e l'immaginare la propria mano sulla sua pelle gli dava un formicolio piacevole alle dita e alla pancia che non aveva mai provato nemmeno quando era stato in carenza d'affetto altre volte; probabilmente era perché in quelle occasioni la sua testa tentava di convincere (fallendo) il corpo ad aggrapparsi alla prima persona che passava davanti a lui – mentre in quel caso era Amane, che non aveva fatto altro che dargli affetto fin dal primo momento che lo aveva visto. E che era adorabile, come sarebbe stato adorabile accarezzare la sua schiena o le sue braccia...
La sensazione che immaginava in sé e per sé non era spiacevole, insomma.
Il problema era che aveva paura di usarlo.
Ed era esattamente per quello che poco prima, quando erano andati a scrivere i propri desideri da appendere sulle canne di bambù – un'altra tradizione tipica di quella festività – Mika si era distaccato dalla norma e, preda di tutte quelle sensazioni così confuse e destabilizzanti, aveva finito per chiedere a degli ipotetici dèi in cui non credeva, non aveva mai creduto e in cui mai avrebbe creduto, una cosa cui probabilmente un comune ragazzo della sua età non avrebbe mai pensato.
Aveva smesso da tempo di avere dei desideri, abbandonandosi a una routine che per quanto anomala per lui era normalissima; e Amane aveva scombussolato tutto nel giro di pochi mesi. Quindi lo avrebbe protetto: di quello era certo, non serviva chiedere un aiuto a delle divinità. Amane era immortale ed essendo un lupo era molto forte, più di un essere umano medio; e lui era un cacciatore altrettanto forte, con le potenzialità per essere uno dei migliori: si sarebbe allenato in modo da proteggerlo adeguatamente.
E un giorno gli avrebbe detto tutto; era sicuro anche di quello. Gli avrebbe spiegato quello che era successo, quando avesse messo in ordine le idee abbastanza adeguatamente da esporgli coerentemente tutti gli avvenimenti che lo avevano portato lì.
Quelle erano cose che poteva raggiungere senza un aiuto.
Agli dèi aveva chiesto solamente una cosa, che aveva scritto nella sua lingua natìa, in modo che Yuu non capisse e non interpretasse in nessun modo quelle parole che nemmeno lui era pronto a interpretare in una sola maniera.
"Non voglio usarlo."
Aveva appeso il biglietto a una canna di bambù e aveva evaso le domande di Yuu su cosa ci fosse scritto; lui d'altra parte non era stato insistente, solo molto curioso di capire la sua scrittura in russo.
Ora, dopo quella piccola tappa tradizionale e apparentemente obbligatoria nel loro tour della festa, erano diretti verso la spiaggia per vedere i fuochi d'artificio che ci sarebbero stati di lì a poco.
«No, in effetti non ne ho idea.» rispose dopo un po' alla sua domanda.
Yuu probabilmente sorrise; rallentò per affiancarsi a lui e gli mostrò le labbra incurvate all'insù mentre riprendeva a parlare.
«È una leggenda cinese che poi è stata portata qui. Te la racconto coi nomi giapponesi.» disse.
Si interruppe subito per un momento, dato che arrivarono alla spiaggia proprio mentre pronunciava quelle parole.
Fece una piccola pausa, e insieme cercarono un posto abbastanza appartato in cui potessero sedersi sulla sabbia e continuare a parlare mentre guardavano i fuochi. Lo trovarono nel giro di poco; Yuu si sedette, e Mika lo imitò mettendosi a poca distanza da lui.
Gli fece cenno di continuare quando fu comodo, e lo vide sorridere e proseguire.
«La leggenda parte da Orihime: era la figlia di Tentei, il re del cielo, e si occupava di tessere la tela per fabbricare i vestiti per le altre divinità.» spiegò. «Per questo motivo non incontrava mai nessuno ed era triste... quindi Tentei decise di darla in sposa a Hikoboshi, il mandriano che si occupava dei buoi celesti.» continuò. Mika si fece lievemente più attento. «I due si innamorarono a prima vista, e da quando si sposarono iniziarono a stare tutto il tempo insieme. Finirono anche per dimenticare i loro doveri come divinità, con gli déi che rimanevano senza vestiti da una parte e i buoi che creavano confusione dall'altra...» Mika sorrise lievemente all'immagine, e lo ascoltò mentre continuava. «Tentei allora decise di punirli molto severamente, per fare in modo che tornassero alle loro... uhm, mansioni. Li separò, portandoli uno da una parte del Fiume Celeste, e l'altro dall'altra.». Fece una piccola pausa, e guardò in alto. «Orihime ovviamente era molto triste per la cosa, al punto che Tentei dopo un po' decise di fare uno strappo a quella punizione. Permise che Orihime e Hikoboshi si vedessero un solo giorno all'anno, nel settimo giorno del settimo mese. In quell'occasione, uno stormo di gazze avrebbe creato un ponte per Orihime, che avrebbe potuto passare il Fiume Celeste e ritrovarsi con Hikoboshi.» concluse, tornando a guardare verso il mare. «E quindi, noi festeggiamo questo ritrovo... A quanto pare il Fiume Celeste è la Via Lattea, e Orihime e Hikoboshi sono le due stelle Vega e Altair. I desideri, come quelli che abbiamo appeso prima, sono rivolti a loro due, e i fili colorati che ci sono in giro ricordano i fili che Orihime usa per tessere. Ma questo te l'avevo già detto...!»
Mika annuì mentre lui tornava a guardarlo, e si rivolse a propria volta verso il mare.
«Sì, me l'avevi detto. Ma adesso, con la storia che hai raccontato, ha tutto più senso.» considerò. «Prima non riuscivo a capire chi fosse Orihime, anche se continuavi a nominarla.»
Yuu scrollò le spalle con un certo imbarazzo, e strinse di più la boccia del pesce senza dire null'altro.
Mika lo osservò di sottecchi mentre se ne stava nel più completo e inusuale mutismo, e intanto osservò la calma della tavola nera che era il mare a quell'ora. Erano talmente quieti tra di loro che sulla spiaggia sentiva delle altre persone che chiacchieravano, alcune sedute non molto distanti da dove si trovavano; non erano né troppo coperti, né troppo scoperti alla vista altrui.
Fu talmente sorpreso da quella mancanza di parole che si ritrovò a considerare, del tutto involontariamente, quelle che Yuu aveva pronunciato fino a poco prima: aveva parlato in una maniera strana, un po' più ricercata rispetto al suo modo diretto di esprimersi. Mika per un secondo si chiese come mai – ma poi fu tutto chiaro: la spiaggia, i fuochi d'artificio, la boccia col pesce, la storia narrata a quella maniera, e quella serata in cui si erano persi da tutti gli altri e Yuu aveva sì tentato di ritrovarli, ma non insistentemente...
Se non aveva fatto in modo che rimanessero da soli, comunque ne stava approfittando per fare colpo su di lui.
Mika sorrise lievemente al pensiero, mentre osservava il mare.
Era decisamente tenero.
Voleva fare colpo su di lui, ma al tempo stesso non voleva aspettarsi troppo: era per quella ragione che erano rimasti un po' distanti dagli altri, ma comunque visibili.
Del resto, era certo che Yuu non lo avrebbe mai forzato a fare nulla. Nemmeno per baciarlo.
Mika sospirò, e sentì le labbra rilassarsi e smettere anche quel piccolo sorriso che aveva avuto fino a quel momento.
Non voleva usarlo.
Ma al contempo lo trovava bello. E tenero.
«Aaaah, okay, lo ammetto!»
Mika sobbalzò lievemente, e si voltò a guardarlo sorpreso da quell'esclamazione improvvisa.
«Ho tenuto la storia apposta per ora!» confessò Yuu con veemenza, stringendosi nelle spalle senza guardarlo. «Volevo... creare una specie di storia durante la fiera che finisse proprio qui, prima di guardare i fuochi d'artificio, perché fosse... non lo so! Non so cosa mi è passato per la testa, Shinoa mi ha consigliato di farlo e ho pensato potesse essere una cosa... non malaccio, insomma, era un'idea... ma non pensavo l'avrei seriamente messa in pratica finché non...»
«Shinoa?» domandò Mika, sorpreso.
Yuu si voltò verso di lui per un momento, e nei suoi occhi Mika lesse chiaramente imbarazzo e disagio. Era come se fosse stato scoperto a fare qualcosa che non doveva fare... e sì che si era confessato lui.
«Aaaaah...!» esclamò, stringendo ancora la boccia. «Q-Quello che volevo dire è che...!»
Mika rimase ad ascoltarlo, ma Yuu per un momento fece una lunga pausa in cui, probabilmente, cercò le parole giuste da dire.
E alla cui fine si limitò a rilassare le spalle e sbuffare, con un tono più affranto e sconfitto che arrabbiato.
«Sì, me l'ha detto lei...» ammise, distogliendo lo sguardo. «In realtà... è stata lei a propormi questa gita dopo che le ho detto della tua richiesta, ed è stata lei a invitare gli altri, e tutto il resto... A essere onesti, mi ha detto che questa sarebbe potuta essere una buona occasione per... fare colpo su di te, almeno mi pare che abbia detto così.». Scrollò le spalle, visibilmente imbarazzato. «Non so cosa si stesse aspettando. Insomma, io lo so che possiamo essere solamente amici, ma lei pare aspettarsi ancora qualcosa di più e... credo di essermi fatto prendere un po' dal suo entusiasmo e aver seguito un po' troppo i suoi consigli su cosa fare, al punto da impararmi questa storia a memoria da uno dei suoi libri... Ho il sospetto che abbia anche fatto in modo di lasciarci rimanere da soli, sai? Chissà perché, visto che insisteva che voleva passare la serata tutti insieme...»
Mika lo scrutò per un lungo momento, sorpreso da quelle confessioni – ma non troppo, ora che sapeva che c'era di mezzo anche Shinoa: alla luce di quello che gli aveva detto in occasione della cena a casa di Amane, era palese che volesse che tra loro due ci fosse qualcosa di più della semplice amicizia, e probabilmente era perché voleva Amane felice.
Ma soprattutto guardò Yuu, che era stretto alla boccia di vetro e nel più totale imbarazzo.
In quello era esattamente come la sua versione canina.
Onesto, sincero, entusiasta... puro.
Mika non comprese bene cosa successe subito dopo.
Comprese solo che successe.
In un attimo di cui non comprese la dimensione si ritrovò con le labbra contro quelle di Amane.
O almeno così intuì dopo un momento di confusione, dato che per qualche ragione aveva chiuso gli occhi.
Erano morbide.
Erano calde e morbide, e per un attimo finì per perdersi contro di loro in una sensazione tattile che non aveva mai sperimentato e che gli piacque più di quanto avesse mai sperimentato.
Cercò, per un momento, di toccare le sue labbra con le proprie da una diversa angolazione, perso in quella sensazione di calore e piacere mentale e un po' anche fisico – poi si rese improvvisamente conto che stava baciando Amane, che gli stava piacendo e che non aveva nemmeno idea se Amane fosse d'accordo o no.
Si scostò di colpo, gli occhi di nuovo spalancati e fissi in quelli di lui. Che erano già aperti – da quanto? Erano rimasti sempre aperti, durante quel bacio?
Mika sentì una stretta piuttosto forte allo stomaco, al pensiero di aver fatto qualcosa che non gli piaceva.
Non era sicuro che lo volesse.
Non era sicuro che lo volesse ora.
Non era sicuro che lo volesse così.
Cercò di mettere in ordine le idee e trovare le parole giuste per chiedergli se andasse tutto bene senza fare una ennesima figuraccia; ma aveva la testa che gli girava e gli faceva male come se gli avessero conficcato uno spillo enorme nel cranio, e il corpo era come immobilizzato, e sentiva più caldo di quello che avrebbe dovuto ed era come se le orecchie e il viso stessero andando a fuoco...
«Mika...» lo sentì azzardare.
Mika scattò immediatamente sulla difensiva, come quelle volte in cui aveva cacciato dei lupi molto aggressivi con cui si era ritrovato quasi faccia a faccia.
«Amane, mi dispiace!» disse, a voce più alta di quella che avrebbe voluto. Notò che qualcuno si era voltato verso di loro dopo le sue parole, e cercò di controllare almeno il tono in modo da non attirare troppo le attenzioni di tutti; non era sicuro che Amane le volesse, e lui decisamente non le voleva. «Non... non so cosa mi è preso, ho agito senza pensare.» aggiunse a voce più bassa.
Ma proprio subito dopo quell'aggiunta, vide che la luce che lui aveva avuto negli occhi fino a un attimo prima era improvvisamente svanita.
Forse non erano le parole giuste.
Mika sentì un'ennesima stretta allo stomaco, e il chiaro desiderio di sistemare la faccenda.
«Non... che... mi sia dispiaciuto...» proferì di nuovo. «Solo... avrei dovuto chiederti se volevi, prima... mi dispiace per quello...»
Vide la luce negli occhi di Amane tornare all'istante – e percepì chiaramente un senso di sollievo, come quando sopravviveva a una battaglia impegnativa – no, molto di più di così.
Tuttavia, lui non parlò per qualche momento; sembrava imbambolato a fissare i suoi occhi, come se cercasse qualcosa di cui Mika non riuscì a capire la natura.
Forse non gli era piaciuto. Forse non avrebbe dovuto farl-
«Ah, no!» esclamò Yuu, risvegliandosi improvvisamente dal suo innaturale torpore silenzioso e saltando su con un'espressione ancora sorpresa ma decisamente più presente di poco prima. «No, no, va... va tutto bene... Aaaaaaaaaaah, che nervi!»
Mika sbatté le ciglia, confuso dal suo atteggiamento. Non aveva idea di cosa facesse saltare i nervi ad uno come Amane che era sempre abbastanza tranquillo, per quanto molto istintivo ed emotivo; ma sperò che non fosse per quel bacio che gli aveva dato senza chiedere.
Lo vide scompigliarsi i capelli mentre guardava la boccia col pesce, come se stesse pensando a qualcosa mentre il suo viso era arrossito terribilmente – Mika riusciva a vederne il colore anche al buio, sotto la luce della luna.
Dopo qualche momento lo vide fermarsi, i capelli più in disordine di prima.
Era bello. E tenero.
Provò per un momento il desiderio di baciarlo di nuovo – ma stavolta si trattenne, rendendosi improvvisamente conto di aver fatto qualcosa che non era decisamente stato gradito. Amane non saltellava come, in qualche recondito angolo della propria testa, aveva immaginato che avrebbe fatto in un'occasione come quella; tutt'altro, era intento a scrutare la boccia del pesce e a pensare a qualcosa, e mano a mano che passavano i secondi Mika si sentiva sempre più in colpa per avergli strappato quel momento senza nemmeno chiedere.
Si morse il labbro, e abbassò gli occhi.
«Mi dispiace, non avrei dovuto.» si scusò, con la voce più decisa che riuscì a tirare fuori. Probabilmente lo fu abbastanza, ma non aveva in sé quella freddezza e quella determinazione che Amane aveva visto quando si erano conosciuti... ormai era da tempo, che in sua compagnia non riusciva più a essere così.
«Eh?» lo sentì dire. «Eh? No, Mika, che dici?!» lo sentì esclamare.
Mika sollevò lo sguardo e incontrò quello di Amane che, ora più di prima, riluceva in qualche modo che non riusciva a spiegarsi.
Per un attimo rimase incantato a guardarlo – poi si riscosse, e tornò presente al momento.
«Eh...?» azzardò. «Dico che mi dispiace...»
Amane chiuse la bocca per un attimo, e Mika dalla sua espressione intuì che stesse pensando a qualcosa. Storse lievemente le labbra mentre aspettava di nuovo le sue parole, ma stavolta arrivarono piuttosto rapidamente.
«Non hai fatto niente di male, Mika!» esclamò lui, ancora un po' rosso in viso ma determinato a fargli capire come stavano le cose. Mika sussultò lievemente sul posto, e si fece più attento. «Non... non me l'aspettavo e basta, ecco! Non pensavo che sarebbe successo in qualche posto diverso dalle mie fantasie- N-Non che voglia dirti le mie fantasie! ...Cioè, non che abbia fantasie particolari su di te!» ci tenne subito ad aggiungere, come se fosse molto agitato. Mika lo scrutò mentre faceva una piccola pausa e rimetteva in ordine le idee, attento a quello che stava dicendo. «Cioè...» lo vide distogliere lo sguardo, un po' più rosso in viso di prima. «...Mi ero... immaginato questo momento, ma... ora che è successo è stato... talmente improvviso che...»
Mika sentì i propri muscoli tendersi in attesa del concetto successivo. Yuu fece un profondo respiro a vedere che stava in silenzio, e proseguì.
«...Che... insomma... Non ho fatto in tempo a realizzarlo!»
Mika lo scrutò per un lungo istante, sorpreso che proprio lui in quel momento stesse guardando insistentemente la boccia del pesce e avesse gli occhi spalancati e le guance e le orecchie rossissime. La luce della luna lo illuminava troppo bene: non poteva nascondere quei dettagli alla sua vista.
Analizzò per un secondo quello che lui aveva detto, un po' confuso. Amane si era immaginato quella scena. Ma era stata improvvisa. Non l'aveva realizzata...
Sgranò gli occhi. Non gli era piaciuto, quindi, perché non era stato come aveva immaginato e non aveva nemmeno avuto il tempo di goderselo?
Si affrettò a cercare di nuovo di scusarsi, desolato che Yuu non si fosse goduto qualcosa che probabilmente avrebbe voluto godersi appieno.
Era colpa sua. Era tutta colpa sua, e avrebbe dovuto sparire dalla...
«Perciò, ecco, lo so che è sfacciato e magari improvviso e magari non vuoi, ma...!» esclamò Yuu interrompendolo di nuovo, parlando talmente velocemente che Mika non fece in tempo quasi a realizzare quello che stava dicendo. Lo vide fare una pausa dopo quella sequela di parole, e prendere un profondo respiro – come aveva fatto quando gli aveva chiesto di essere amici.
Si tese, nervoso.
Stava per chiedergli di...?
«Se ti è piaciuto...» azzardò Yuu, espirando ma guardandolo solo dopo aver finito quella prima parte di frase. Era deciso, anche se sembrava un po' impacciato in quello che gli stava dicendo. «...possiamo rifarlo?»
Mika spalancò gli occhi, stupito da quella richiesta.
Pensava stesse per dirgli di mettersi insieme.
Pensava stesse per dirgli che non avrebbe dovuto.
Ma era Yuu. Non era nella sua indole essere aggressivo o arrabbiarsi. Era dolce, e non pretendeva niente di troppo né nell'uno, né nell'altro senso.
Lui voleva solo... un altro bacio.
Mika deglutì a vuoto e distolse lo sguardo, mentre ripensava alla consistenza piacevole delle sue labbra e a come, per un attimo, ci si fosse completamente perso.
Gli era piaciuto.
Non l'idea in sé di baciare Yuu senza chiedergli se potesse, come invece lui aveva appena fatto, ma solo... era stata una sensazione tattile molto piacevole, e avrebbe voluto riprovarla fin da subito ora che ci pensava un attimo, ma al contempo il disagio di aver fatto qualcosa di sgradito a lui non aveva lasciato molto spazio ad altro se non al senso di colpa.
Ma gli era piaciuto.
Sollevò lo sguardo in quello di Yuu, e sentì una stretta allo stomaco non forte, e stranamente piacevole.
Era bello.
Mika scrutò per un momento i suoi capelli neri un po' disordinati dallo scompigliamento di poco prima, i suoi occhi verdi che lo osservavano in attesa di una risposta, le sue mani strette non troppo forte sul vetro della boccia, il suo viso rosso e la sua espressione determinata e decisa, ma anche gentile e in attesa.
Era bello, ed era tenero.
«Sì.» disse, annuendo brevemente. «Sì... possiamo rifarlo.»
Lo vide sgranare gli occhi e arrossire ancora di più di quanto già non fosse, e sentì un'altra piccola stretta allo stomaco mentre si rendeva conto che, per qualche ragione, lo trovava più bello e tenero di quanto avrebbe dovuto. Era una sensazione strana che non aveva mai sperimentato, non aveva nemmeno idea di come definirla. Sapeva solamente che lo trovava bello – il che implicava che, per qualche ragione, il proprio istinto gli stava dicendo che poteva fidarsi di lui e che poteva lasciarlo fare, e che avrebbe potuto stargli vicino senza temere nulla, e...
"Istinto."
Mika sbatté le palpebre, mentre osservava Yuu appoggiare la boccia col pesce a terra accanto a sé e dare un'occhiata in giro, girando la testa a destra e sinistra.
Non captò direttamente se il luogo fosse sicuro per fare una cosa del genere; ma vide Yuu voltarsi e guardarlo per un momento, e poi non invitarlo a spostarsi, e si fidò istintivamente del fatto che sarebbe andato tutto bene e non lo avrebbe messo nei guai.
Istinto.
Era un senso che non usava da tantissimo tempo.
Non immaginava nemmeno più di averlo.
E ora, con Yuu... sembrava che si fosse risvegliato.
Che gli stava succedendo?
«Posso, quindi?» domandò ancora Yuu, avvicinandosi a lui. Mika si riscosse parzialmente dal pensare al proprio sesto senso, e lo vide seduto più vicino a sé, poco distante dal suo viso. Sentì un'altra stretta allo stomaco e le orecchie di nuovo calde, mentre Yuu lo scrutava negli occhi attento, come se stesse cercando di cogliere qualcosa che non andasse e stesse decidendo come comportarsi. «Posso davvero, Mika?» gli chiese ancora a voce bassa, dolce come lui era di solito.
Mika istintivamente si sentì al sicuro, nonostante fosse molto più vicino di quanto qualsiasi altro essere umano senza intenti violenti gli fosse mai stato. Nonostante non avesse idea di cosa gli stesse succedendo, del perché si fidasse così di lui, di cosa sarebbe successo da quel momento in avanti nel loro rapporto, di cosa significassero quelle strette allo stomaco che sentiva in continuazione o di cosa significasse sentirsi le orecchie così calde...
«Sì.» gli rispose, e sentì la propria voce quasi soffiata fuori per via di tutto quell'insieme di cose che non si aspettava di sperimentare.
Era tutto così strano, così confuso, e non sapeva come comportarsi. Cosa dovesse fare, cosa fosse meglio fare.
Vide Yuu mordersi lievemente il labbro inferiore, prima di avvicinarsi senza chiedere altro.
Non sapeva cosa pensare.
Chiuse gli occhi, aspettando che le labbra di Yuu premessero sulle sue.
Ci volle poco.
Nel giro di un paio di istanti sentì di nuovo la consistenza morbida della sua bocca contro la propria, e un brivido gli corse lungo le spalle e la schiena mentre si beava in quella consistenza e si perdeva di nuovo.
Era piacevole.
Non ricordava nemmeno l'ultima volta che avesse sentito qualcosa di piacevole prima di Amane. Prima di sentire il suo pelo caldo sotto le dita, o di capitare in situazioni strane con lui come cercare di tirarlo giù dalle scale da lupo o mangiarsi del sushi in compagnia di gente che non conosceva, o portargli un pupazzo a casa, o andare alla sua gara e sperare che vincesse perché se lo meritava per tutti gli sforzi che stava facendo...
Non aveva mai sperimentato nulla di tutto quello, prima.
Non ricordava nulla vividamente come ricordava i momenti passati con Amane.
Nulla era più vivido nella sua testa di lui, delle sue labbra sulle proprie, della loro consistenza morbida e piacevole e un po' umida e dolce.
Era tutto così piacevole...
Mika rilassò le spalle dopo qualche istante, mentre Yuu teneva le sue labbra accostate alle proprie e non muoveva un solo altro dito nella sua direzione; solo, a tratti si scostava lievemente da lui, per poi ripescarlo subito dopo con un'altra angolazione della bocca.
Gli piaceva.
Era solo una consistenza morbida e calda, ma era piacevole e dolce e rilassante, per qualche ragione che non capiva.
Voleva capirlo, ma non in quel momento.
Non seppe per quanto rimasero lì, le labbra accostate a quelle dell'altro che si toccavano e cercavano quando si scostavano lievemente; riuscì a sentire i fuochi d'artificio che iniziavano a esplodere nel cielo, e con la coda dell'occhio vide le luci cambiare colore sul mare – ma non riuscì a staccarsi da quella sensazione piacevole, e nemmeno Yuu sembrò volerlo fare.
Poi, successe qualcosa.
Mika sentì qualcosa di più umido e deciso accarezzare le proprie labbra, e per un attimo tentennò e sussultò sul posto.
Non si staccò, confuso ma per qualche ragione convinto che sarebbe andato comunque tutto bene: Yuu gli metteva fiducia addosso... e il suo corpo per qualche ragione voleva crederci, e la sua mente non voleva dare torto al corpo.
Quindi rimase accostato a lui un po' irrigidito e di nuovo pienamente cosciente di quello che stava succedendo, e riuscì a realizzare che quella che aveva appena sentito accarezzargli le labbra era la sua lingua.
Non capiva perché, ma una volta realizzato cosa stesse succedendo non era spiacevole.
Fece per aprire la bocca e portare anche la propria lingua vicino a lui e alle sue labbra, tanto per provare – ma improvvisamente, sentì una vibrazione insistente provenire da poco più sotto, e comprese all'istante che si trattava del cellulare di Yuu.
Lo sentì mugugnare mentre cercava di mandare avanti il bacio solo per un secondo – poi la preoccupazione che fosse qualcosa di importante dovette sovrastarlo, perché si scostò con un mugolio poco soddisfatto e lo guardò negli occhi per un momento.
«Scusa.» mormorò.
Mika notò che era rosso in viso, ma sembrava convinto e deciso di quello che aveva fatto e stava facendo. E sembrava voler proseguire, fino a un momento prima... quindi probabilmente stavolta gli era piaciuto.
Lo osservò mentre rovistava nella tasca dei pantaloni ed estraeva il cellulare che vibrava senza tregua; nella propria testa cercò di fare ordine con le proprie idee su quello che era appena successo, mentre lui sbloccava lo schermo.
Lui aveva baciato Yuu. Yuu aveva baciato lui.
...Ed era stato bello.
Non si aspettava di provare qualcosa del genere. Non si aspettava di provare piacere nel contatto umano e non si aspettava di desiderare qualcosa come quello... era esattamente la stessa cosa che aveva desiderato Amane fin dal primo momento che l'aveva visto forse, e non si aspettava che qualcosa del genere potesse applicarsi anche a lui, che non aveva nulla di normale e non era uno studente liceale come lui.
Ma era successo, e se era successo era perché lui aveva fatto la prima mossa, e se aveva fatto la prima mossa lui era perché lui aveva voluto farla. Il suo corpo si era mosso da solo, e ancora non capiva il motivo... ma una ragione doveva esserci. Il corpo non si muoveva senza un ordine preciso della testa.
Ma qual era stato? Era stato ancora dovuto all'istinto?
«Shinoa?». La voce di Yuu lo riscosse dai propri pensieri. Mika sollevò lo sguardo e lo vide chiaramente perplesso e confuso, mentre accettava la chiamata e portava il ricevitore all'orecchio.
Udì vividamente le parole che Shinoa gli disse non appena rispose.
"Ehi, Yuu, lo so che probabilmente sarai impegnatissimo con Mikaela e avresti voluto non essere disturbato, ma c'è un piccolo problema."
Mika lo scrutò attento, e lo vide tendersi.
Quindi Shinoa sospettava quello che stava succedendo. Probabilmente li aveva anche lasciati rimanere indietro apposta, visto che avrebbe potuto rintracciarli col cellulare.
...E visto lo scambio che aveva avuto con lei la sera della cena a base di sushi, non li avrebbe interrotti se non fosse successo qualcosa di grave.
Era per quello che Yuu si era teso. E in effetti nemmeno il tono di Shinoa, forzatamente sarcastico ma non troppo, prometteva nulla di buono.
«Che succede, Shinoa?» domandò Yuu dopo un attimo di pausa.
Shinoa rimase in silenzio solamente per un momento.
Le successive parole buttarono Yuu in uno stato sconvolto che Mika non gli aveva mai visto, e che era sicuro gli avrebbe visto molto raramente se fosse rimasto al suo fianco. Solo in casi di estrema pericolosità... come si rivelò essere quel momento.
«Yoichi è scappato.»



Una brezza leggera accarezzava piano le fronde degli alberi, muovendole pigramente.
I grilli cantavano e si richiamavano tra di loro, celati qua e là tra le foglie.
Il cespuglio dietro cui si trovava frusciò delicatamente quando si rannicchiò di più su di sé, le gambe contro il petto, il mento sulle ginocchia, le braccia avvolte intorno ai polpacci.
Era tutto calmo e pacifico, in quel bosco.
Tutto così silenzioso, tranquillo, statico.
Avrebbe potuto rimanere lì e non muoversi più.
Addormentarsi e dimenticare quel dolore al petto che soffocava e stringeva fino a fare male...
Non svegliarsi più.
Del resto, non aveva nessun posto in cui tornare.
Non sapeva più nemmeno chi era, ora.
Udì il cespuglio frusciare più vigorosamente alla propria destra. Spostò gli occhi per osservare l'angolo da cui proveniva il rumore, ma non vide nulla per via dell'oscurità.
Ma comunque, non aveva intenzione di muoversi nemmeno se fosse stato un nemico. Non ne sarebbe valsa la pena.
Poi, all'improvviso, dalle fronde sbucò una persona.
Spalancò gli occhi, e osservò quella sagoma che veniva incontro al punto in cui si trovava.
Non gli uscì nessun suono dalla gola, ma vide la sua mano tendersi nella sua direzione; la riconobbe all'istante, e subito dopo riconobbe la sua sagoma.
«I tuoi amici ti stanno cercando.» sentì dire.
Osservò per un attimo quelle dita vicine al suo viso, e poi i suoi occhi rossi che luccicavano sotto i raggi della luna.
Amici...
Ripensò per un attimo ai suoi amici, mentre la guardava.
Il ragazzo coi capelli neri e gli occhi verdi che sprizzava vitalità da tutti i pori. La ragazza coi capelli tinti e piccolina che faceva un sacco di battute a sfondo sessuale. Quella coi capelli biondi che scriveva sempre al cellulare.
E poi, quello coi capelli tinti di rosa e gli occhiali, che...
Si rannicchiò di più su di sé, e nascose la testa tra le braccia scuotendola lievemente in segno di diniego.
Non voleva tornare da loro.
Voleva solo sparire.
Non sapeva più nemmeno chi fosse... non voleva più nemmeno saperlo.
Se l'avesse saputo, se si fosse ricordato per bene chi era... sentiva che sarebbe stato ancora peggio.
Il dolore allo stomaco che già provava sarebbe aumentato a dismisura. La sua testa avrebbe girato e sarebbe stato come se mille spilli la penetrassero. Le ossa e le articolazioni gli avrebbero fatto più male. Il cuore avrebbe battuto fino a esplodere.
«Avanti.» invitò ancora l'altro, con voce dolce. «Va tutto bene.»
Scosse più vigorosamente la testa.
Per un attimo tra di loro vi fu solo silenzio. Un gufo emise il proprio verso poco più in là, tra i rami di qualche albero in mezzo alle montagne.
«Sono preoccupati per te.» lo sentì dire ancora. Sentì un paio di passi lievi che si muovevano calpestando le foglie cadute sul terreno e poi si fermavano.
Quando alzò di poco lo sguardo, lo vide davanti a sé.
I suoi occhi rossi non brillavano più, ora che nascondeva la luna alla sua vista. Riusciva a vedere solamente la sua sagoma e qualche dettaglio del suo viso e dei suoi vestiti; ricordava e intuiva tutto il resto.
«Andiamo.» insistette lui. «Non è la prima volta che ti succede. Va tutto bene.» aggiunse, e tese di nuovo la mano nella sua direzione. «Ti accompagno io. Conosco queste montagne molto meglio di te... Yoichi.»
Sgranò gli occhi, mentre quell'ultima parola passava dalle orecchie fino al suo cervello.
Yoichi.
Era il nome di quel ragazzino insulso e insignificante che non sapeva fare nulla.
Quello che non era né simpatico, né forte, né determinato.
Quello che si piangeva addosso ma non aveva il coraggio nemmeno di tirare fuori le lacrime.
Quello che per quanto si impegnasse non riusciva a fare nulla di buono, e alla fine aveva deciso di non tentare nemmeno più.
Quello che stava come un parassita a casa di un altro e si era illuso anche di poter essere ricambiato nei propri sentimenti.
Quello che creava solo problemi a tutti.
Quello che aveva creato problemi anche ai suoi genitori, quando era stato morso ed era diventato un lupo.
Se non si fosse fermato coi suoi amici in quel parco a quella tarda ora...
Se fosse stato più veloce...
Se il lupo lo avesse morso un po' di più...
Se i suoi amici non avessero avvisato che lui era rimasto indietro e che era in pericolo...
Se i soccorsi avessero tardato un po' ad arrivare...
Ora...
Sollevò lo sguardo verso di lui, e sentì un groppo stringergli la gola.
Per un momento si sentì soffocare. Per un momento sentì il proprio respiro uscire solamente come un rantolo.
Poi, le lacrime iniziarono a scorrergli sulle guance e a bagnargli il collo.
Lo vide sorridere lievemente e chinarsi davanti a lui per accarezzargli la testa, mentre lui la affondava ancora tra le braccia e si sentiva piangere e singhiozzare.
«Va tutto bene, Yoichi. È tutto okay.» lo sentì dire. «Non è la prima volta che succede, no? Lo sai, che quando sei molto stressato ti lasci prendere dal lupo e ti perdi. Va tutto bene.»
Yoichi singhiozzò più pesantemente, e sentì la propria testa che piano piano si svuotava e si alleggeriva mentre piangeva molto più di quanto avesse fatto negli ultimi anni. Non ricordava nemmeno più l'ultima volta che gli era successo; forse era stato proprio quella notte in cui la sua vita era cambiata per sempre, perché il morso del lupo gli aveva fatto male.
Ora, invece, non l'aveva ferito nessuno.
Ma sentiva male lo stesso dappertutto. Alle ossa, al petto, ai polmoni, alla gola...
Ma mentre il dolore altrove si intensificava, la testa sembrava sempre più leggera e iniziava a dolere di meno.
Era assurdo...
«Sono preoccupati per te.» disse ancora lui dopo un po'. «Vorrebbero che tu tornassi a casa, ma non sanno dove cercarti. E non possono certo immaginare che tu sia proprio qui, in mezzo a queste montagne, nascosto in questo cespuglio... Vuoi davvero non farti trovare?»
Yoichi tirò su col naso, e scosse debolmente la testa.
Stava creando di nuovo problemi.
«Avrei... dovuto darti ascolto...» mormorò tra i singhiozzi. «Non avrei dovuto... cercare qualcosa di più...»
Lo sentì ridere. «Oh, no! Invece mi fa piacere che tu abbia trovato qualcun altro che si preoccupa per te.» commentò. «Mi sembra che ti vogliano bene.»
«Non ne hanno motivo...» sussurrò Yoichi. Sentì le lacrime smettere di scendere, e una sorta di stanchezza impossessarsi dei suoi occhi e delle sue membra. «...Non ne hai motivo nemmeno tu.»
Le sue carezze sulla testa non esitarono nemmeno un momento, nonostante con quell'affermazione avesse messo in dubbio il suo affetto. «Ne ho molti, di motivi. Ma forse li capirai meglio tornando da loro, che non stando qui tutto da solo a rimuginare.»
Yoichi chiuse gli occhi, e sentì la debolezza pervadergli tutte le membra.
Si sentiva meglio, e voleva solamente stare lì.
«Non voglio...» mormorò.
«Yoichi...?»
Yoichi sospirò lievemente. «Non voglio tornare lì...»
Per un momento udì solamente il silenzio. Tanto che fu quasi sul punto di cedere a quella sensazione di torpore e stanchezza che stava sentendo dappertutto e dargli non solo il proprio corpo, ma anche la propria coscienza.
Voleva dimenticare tutto, di nuovo...
«Quindi è meglio farli preoccupare?»
Sussultò, e socchiuse di colpo gli occhi.
Debolmente e facendo uno sforzo non indifferente, sollevò la testa verso di lui.
Lo fissò. I suoi occhi rossi lo stavano fissando, e per quanto il tono fosse stato severo loro parevano solamente preoccupati.
Per lui.
Anche lui si preoccupava...
Annaspò per un momento, senza fiato né parole. Lo osservò, mentre cercava di articolare dei suoni.
Scosse piano la testa, e si strinse di più le ginocchia al petto; ma non affondò di nuovo il viso tra le braccia.
Non voleva far preoccupare lui.
Non voleva far preoccupare loro.
Lo vide sorridere. «Ora ti riconosco. Sei più forte di così.» disse, per poi alzarsi di nuovo in piedi e tendergli una mano. «Andiamo. Ti accompagno fuori di qui.»
Yoichi lo osservò ancora per un momento. Non si sentiva minimamente forte come lui diceva, ma forse era meglio non farlo preoccupare e fare quello che gli consigliava.
Prese la sua mano e la usò come aiuto per alzarsi in piedi.
Lo vide sorridere, e dentro di sé provò un lieve sollievo.
Aveva fatto la scelta migliore, a non far preoccupare nessuno.
Quello era sicuro.
Ma si sentiva come se... ci fosse qualcosa di sbagliato in tutto quello.


Shinoa e Kimizuki erano già nel cortile della locanda in cui avrebbero dovuto passare la notte.
Yuu corse verso di loro, preoccupato e infuriato nel vedere che Kimizuki stava lì e non a cercare Yoichi.
«Oh, Yuu!» esclamò Shinoa quando fu abbastanza vicino. «Avete... hai fatto in fretta, dov'è Mi-»
Yuu non la ascoltò. Prese invece Kimizuki per il bavero della camicia e lo tirò con furia verso di sé, riducendo quei centimetri che li separavano in altezza.
«È colpa tua, vero?!» fece. «Te l'avevo detto che non avresti dovuto trattare a quella maniera Yoichi, e guarda cos'hai combinato ora! Che diavolo gli hai fatto?!»
Kimizuki ebbe un attimo di spaesamento – ma subito dopo ringhiò al suo indirizzo, come a voler riaffermare la propria autorità e a non volersi far mettere i piedi in testa. Non rispose però; sembrava ammutolito da quello che Yuu aveva chiesto.
La cosa lo fece infuriare solo di più.
«Kimizuki, cosa hai fatto a-»
«Mika, perché hai in mano un pesce?»
Yuu sussultò al sentire la voce di Shinoa sovrastare la sua nonostante il tono pacato e solo un po' sorpreso; si voltò verso Mika, e vide che li aveva raggiunti con in mano la boccia del pesce che aveva pescato per lui.
Sentì per un momento lo stomaco muoversi come se avesse le farfalle, e allentò la presa sulla camicia del suo Alpha mentre lo guardava.
Era bellissimo. Non poteva fare a meno di pensarlo ogni volta che lo vedeva.
Sentì le orecchie lievemente calde al ricordare quello che era successo neanche un'ora prima – si sentì al contempo in imbarazzo e felice, all'incontrare improvvisamente le sue labbra e desiderarle ancora.
Lo vide guardarlo per un attimo – e poi distogliere gli occhi da lui, apparentemente altrettanto imbarazzato, e rivolgerli al suo fianco, verso...
«Ah-ha, ho capito... Yuu, il fatto che Mika tenga quel pesce è un messaggio subliminale, uh~»
Yuu sussultò – si voltò verso di lei e nel farlo lasciò andare Kimizuki, distratto da quel doppio senso di cui nemmeno si era reso conto – che a livello inconscio la sua stupida testa l'avesse pensato davvero, però?
«Shinoa, non è il momento!» esclamò a voce forse anche troppo alta. «Che è successo?» domandò, tornando a rivolgersi a Kimizuki, e riscuotendosi da quel torpore che Mika gli aveva procurato per un lungo attimo. «Dov'è Yoichi?!» aggiunse, ancora più arrabbiato.
«Se lo sapessimo non saremmo qui!» replicò lui con tono scocciato – ma Yuu lo vide distogliere lo sguardo e assumere un'espressione più preoccupata che seccata.
Yuu lo osservò per un momento, un po' sorpreso che lui si mostrasse così. Aveva sempre saputo che era solo il suo atteggiamento a... essere molto discutibile, e che in realtà Kimizuki si preoccupava per loro come amici, come sua famiglia e come suo branco. Quello che era sorprendente era che lui rivelasse quella preoccupazione: tendeva a essere sempre sulle sue e piuttosto freddo e controllato quando si rivolgeva ad altri, come se volesse far valere una maturità che evidentemente non aveva ancora; e per questo non amava far notare il proprio stato di inquietudine ad altri. Voleva essere un capo, ed evidentemente per lui i capi non dovevano mostrare i propri sentimenti.
Era scemo, ma probabilmente doveva solamente adattarsi ancora a quella posizione e a quella vita che aveva deciso per sé.
«Ci sarà stato un fattore scatenante!» esclamò ancora Yuu, comunque in ansia. Era un Beta, poteva permetterselo secondo la sua logica assolutamente idiota. «Perché è scappato?! Che gli hai detto?!»
«Perché cazzo dai per scontato che la colpa sia stata mia?!» sbraitò Kimizuki tornando a guardarlo, furente.
«Perché Yoichi non ti direbbe mai qualcosa che non va!» replicò sentitamente Yuu, avvicinandosi di più a lui. «Prenditi le tue responsabilità, visto che vuoi tanto fare quello maturo e che sa tutto e invece non capisci un-»
«È colpa tua!»
Yuu sgranò gli occhi, sconcertato da quell'affermazione. Non troppo distante da sé sentì anche Shinoa trattenere il fiato e percepì i suoi muscoli tendersi un po', mentre alternava lo sguardo tra loro due.
Per un momento, Yuu rimase in silenzio e cercò di capire perché fosse uscita una frase del genere dalla bocca del suo Alpha.
Non ci riuscì, perché era assolutamente sicuro di essere stato distante da loro per gran parte della serata.
«Ragazzi, più che litigare, non credete che sia il caso di...» azzardò Shinoa.
«Che vuoi dire "è colpa mia"?» la interruppe Yuu, non per cattiveria, ma perché aveva bisogno di capire, a quel punto. «Ero più o meno dall'altra parte del villaggio rispetto a voi probabilmente, perché io e Mika vi abbiamo cercati e non vi abbiamo trovato, come diavolo sarebbe colpa mia?!»
«Certo, perché pensi che sia stata una cosa maturata stasera!» ribatté Shiho alzando la voce. «Non è una cosa che fai da quando ci conosciamo! Non è una cosa che fate tutti da quando ci conosciamo!» aggiunse, voltandosi anche verso Shinoa. «Andava tutto bene, finché non vi siete messi in testa di dargli delle stupide speranze di poter avere una relazione romantica con me e lui ha finito per pensare che l'attaccamento che prova per me sia innamoramento!»
«Eeeh?!» esclamò Yuu, sconvolto. «Che diavolo dici?! Certo che è innamorato di te, non lo vedi come ti-»
«Non è innamorato di me, cazzo!» urlò Kimizuki; aveva gli occhi che ardevano di furia, e Yuu in mezzo a quella rabbia riuscì a vedere anche una profonda preoccupazione. «Piantatela di dire che quello che prova per me è amore, perché è solamente gratitudine! È normale, quando raccogli una persona dalla strada e la inviti a stare da te e la tratti con un minimo di decenza, e lui è talmente spaventato e fragile che avrà scambiato quella gratitudine per qualcosa di più, anche perché voi gli mettevate delle idee assurde in testa tipo che io avrei potuto essere innamorato di lui o che avrei voluto avere una relazione con lui! Siamo solo... due liceali che abitano nella stessa casa, che si danno una mano e che si preoccupano per l'altro, come due... amici normalissimi!»
«Gli amici normalissimi di solito vanno regolarmente a letto insieme?» domandò Shinoa candidamente.
«Lo sai cosa voglio dire!» sbottò Shiho.
Yuu li osservò discutere per un momento, stordito e incapace di proferire parola.
Tutto quello significava che...
«Hai... raccolto Yoichi dalla strada?» domandò. Kimizuki tornò a guardarlo per un istante – poi distolse lo sguardo, emettendo un suono di stizza.
«Credi che sia normale che io e lui viviamo assieme?! Possibile che non ci fossi arrivato prima?!» sbottò.
«No, io...! Pensavo vi conosceste già, in qualche modo! Magari alle elementari!» fece Yuu. «Non sembri il tipo che prenderebbe in casa chiunque, specialmente un senzatetto...!»
«Oh, beh, certo. Perché tu sicuramente non l'avresti conosciuto, se fosse stato qui alle elementari!» esclamò Shiho.
«Non è che conoscevo tutti...!»
«Certo che conoscevi tutti! E tutti conoscevano te! E per quanto Yoichi sia sempre stato un tipo poco appariscente, tu ci avresti fatto amicizia comunque, perché sei il tipo da farlo!»
Yuu strinse le labbra mentre ingoiava il rospo, e distolse lo sguardo da lui.
Non ne aveva idea.
Si era chiesto da dove venisse Yoichi, perché non l'avesse mai visto prima, e perché fosse finito a vivere con Kimizuki; ma aveva sinceramente trovato come unica conclusione il fatto che loro due si fossero conosciuti in precedenza senza che lui lo sapesse: il suo Alpha non pareva davvero il tipo che avrebbe accolto in casa propria uno sconosciuto, per di più qualcuno di sporco come avrebbe potuto essere un senzatetto – era fin troppo pulito e preciso per farlo davvero.
Eppure, l'aveva fatto. E vivendo con Yoichi, aveva imparato a conoscerlo e a capire, forse anche più di loro, che era fragile.
Kimizuki sapeva cosa Yoichi provasse per lui.
E aveva sempre cercato di non alimentarlo perché... gli sarebbe sembrato di approfittarne.
Yuu si morse il labbro, mentre realizzava la cosa. Era stato decisamente uno stupido. Che razza di amico era, se non si era nemmeno reso conto che Yoichi era così fragile?
«Cos'è successo, Shiho?» domandò Shinoa, rompendo il silenzio e avvicinandosi a lui.
Yuu rialzò lo sguardo proprio nel momento in cui Kimizuki assottigliava gli occhi in un'espressione che definirla irritata era usare un eufemismo, ed emetteva l'ennesimo suono stizzito con le labbra e la lingua.
«Abbiamo... litigato.» disse. Abbassò lo sguardo, ma proprio mentre Yuu stava per dirgli che allora era colpa sua e stava solo cercando di scaricare la responsabilità su altri, lui lo anticipò proseguendo. «Gli ho chiesto... se fosse vero quello che dicevate, che era innamorato di me, visto che mi sembrava che il discorso stesse andando in quella direzione. Sapevo già che probabilmente la risposta sarebbe stata sì, e proprio per quello volevo che andasse in un altro modo, volevo quantomeno tranquillizzarlo e non fargli pesare la cosa... ma lui si è agitato più di quanto mi aspettassi, e non sono riuscito a fermarlo...»
Aveva un'espressione ora più afflitta che irritata, tanto che Yuu non riuscì a contestargli nulla per un momento. Si scambiò solamente un'occhiata con Shinoa, anche lei preoccupata tanto quanto loro, e capì che stava pensando la stessa cosa: Kimizuki voleva prendersi le proprie responsabilità, ma non sapeva cosa fare.
Era strano che Kimizuki non fosse riuscito a fermare Yoichi, ma Yuu ascrisse la cosa al fatto che fossero entrambi molto sconvolti, e che Shiho non fosse riuscito a seguirlo in tempo.
In ogni caso, per il momento dovevano lasciare da parte le discussioni ed essere un branco unito.
«Devi dirci da che parte è andato, Kimizuki.» lo richiamò con decisione.
Shiho alzò lo sguardo, e per un attimo gli sembrò sorpreso. Poi, riprese la sua espressione più seria, e si voltò verso le montagne, indicandole.
Ma non proferì parola.
Yuu vide il suo dito indice puntato verso un punto imprecisato delle alture poco distanti da lì, su cui la strada principale del villaggio finiva per inerpicarsi. Ma altrettanto presto lo vide tremare e abbassarsi.
Si sporse da dietro la sua schiena, chiedendosi cosa avesse visto di tanto sorprendente per non riuscire più a parlare.
E spalancò a propria volta gli occhi, mentre sentiva Shinoa trattenere il fiato un'altra volta.
Davanti a loro, illuminato dalla luce non troppo forte di un lampione poco distante, lo yukata azzurro rovinato e strappato agli orli delle maniche e sopra le caviglie, la pelle delle mani, delle gambe e del viso graffiata e sporca, i capelli in disordine e tra cui erano incastrate ancora delle foglioline, c'era Yoichi.
Lo videro sollevare la testa verso di loro, gli occhi gonfi e rossi di chi aveva pianto, desolati e quasi vuoti come Yuu non li aveva mai visti.
«Yoichi...!» si sentì esclamare – e prima ancora di rendersene conto stava già correndo verso di lui, gli si era già gettato addosso per abbracciarlo stretto.
Yoichi trasalì ed emise un suono sorpreso, che si ripeté quando Shinoa li raggiunse e lo strinse a propria volta.
Kimizuki, invece, rimase al proprio posto; ma il pensiero attraversò e basta la mente di Yuu, che era più concentrato su Yoichi e sul suo stato.
Stava bene. Era solo graffiato e stanco, stava bene...
Yuu aveva la percezione che non fosse propriamente così, ma in quel momento sentiva anche che era ciò che riusciva a vedere, a contare come prima cosa. Tutto il resto sarebbe arrivato dopo... per tutto il resto lo avrebbero aiutato dopo, tutti insieme.
«Stai bene?» domandò quindi, scostandosi da lui e guardandolo attentamente dopo avergli appoggiato le mani sulle spalle. «Sei ferito da qualche parte? Ti fa male?»
Yoichi sbatté le ciglia come se non si aspettasse tutta quell'apprensione, e poi scosse debolmente la testa e abbassò lo sguardo, che divenne ancora più distante e triste. Forse voleva che Kimizuki lo abbracciasse. O forse no. Forse era in imbarazzo per quello che era successo? Non riusciva a capirli... dubitava ci sarebbe mai riuscito bene.
«Sto bene...» mormorò lui con voce flebile. «Mi dispiace di avervi fatto preoccupare... Ah, Shinoa, mi dispiace, lo yukata che mi hai regalato è tutto rovinato...»
«Oh, non ti preoccupare per quello, lo sistemeremo!» esclamò lei, per una volta estremamente seria e preoccupata. «Preoccupati per te stesso, ora! Guardati, sei tutto pieno di graffi!»
«Oh...». Yoichi si guardò i polsi e le mani, con sguardo assente. «Non è niente, si sistemeranno presto...»
«Puoi giurarci!» esclamò Shinoa, prendendolo dolcemente ma con decisione per un fianco. «Adesso andiamo a darci una sciacquata, a pulire quelle ferite e a metterti a posto!»
Yoichi la osservò con un'espressione che per un momento sembrò stupita; poi si fece ancora più abbattuto, e Yuu lo vide tremare.
«Mi dispiace...» mormorò, la voce che era diventata un soffio. «Perfino tu, che scherzi sempre... sei così seria... Non volevo darvi delle preoccupazioni... Non volevo che vi preoccupaste per me...»
«Che vuoi dire, Yoichi?!» sbottò Yuu, sconvolto. Vide una lacrima uscirgli dall'occhio e scorrere sulla guancia, e per un momento rabbrividì, per un momento incapace di essere certo di cosa dire. «Certo che ci preoccupiamo per te, tu sei...!»
Venne spintonato di lato all'improvviso, non abbastanza forte da cadere ma abbastanza forte per indietreggiare di qualche metro.
Kimizuki gli passò davanti, e ritrasse il braccio con cui lo aveva spostato poco delicatamente, per poi portarlo avanti assieme all'altro e prendere tra le mani il viso di Yoichi.
Yuu sentì un brivido scorrergli lungo la schiena per l'intensità che riuscì a percepire in quel gesto di Kimizuki, e ammutolì. Persino Shinoa osservò quei due in silenzio, le mani ancora sui fianchi di Yoichi.
Yoichi stesso, quando incontrò lo sguardo di Kimizuki che, per via di quel movimento, lo aveva anche spinto a sollevare il viso verso di lui, rabbrividì. Non smise di lacrimare, probabilmente più perché il suo corpo non riusciva più a tenersi dentro le lacrime che per un qualcosa di volontario; il modo in cui osservava Shiho era attento, desolato, ma in qualche modo molto più vivo degli ultimi minuti.
Vide i pollici di Shiho muoversi per asciugargli le lacrime, e un paio di dita scostargli dei ciuffi dagli occhi.
Ma solo dopo qualche lunghissimo istante in cui si limitarono a osservarsi, Kimizuki gli parlò.
«Stai tranquillo, ora.» lo sentì dire, e vide Yoichi sgranare di più gli occhi. «Fatti dare una mano da Shinoa, sistemati e mettiti a letto.»
Si allontanò e lo lasciò andare, per poi rivolgere subito un'occhiata a Shinoa – che sbatté le ciglia sorpresa, e poi assunse un'espressione decisa e si portò via Yoichi con delicatezza.
Fu solo dopo che furono spariti dietro l'entrata della locanda, che Yuu ricollegò tutto quello che Shiho aveva detto a Yoichi e si voltò verso di lui, furioso.
«Quale cazzo è il tuo problema?!» esclamò. «È appena tornato da solo dopo essere scappato, tu non solo non lo abbracci nemmeno ma le uniche parole che gli dici sono ordini?!»
Kimizuki si rivolse a lui con un'espressione irritata, gli occhi sottili dalla rabbia.
«Era quello di cui aveva bisogno, ora.» rispose.
«Quello di cui aveva bisogno era che tu lo confortassi e gli facessi sentire che era a casa!»
Shiho emise un suono stizzito, e puntò un piede a terra.
«Se proprio ci tieni tanto, vaglieli a dare tu questi sentimentalismi! Sono sicuro che ne sarà felice!» sbottò, ficcandosi le mani in tasca. «Ma non ti intromettere tra me e lui, Yuuichiro! Lascialo in pace, e lascia me in pace!»
Yuu spalancò gli occhi – ma non fece in tempo a trovare una risposta adeguata, che Kimizuki si voltò prima verso di lui, poi verso Mika, e infine li oltrepassò entrambi e si diresse sulla strada che portava verso il centro.
«Vado a fare un giro alla festa.» disse, scornato. «Non seguitemi; tornerò da solo quando lo riterrò opportuno.»
Yuu voleva rispondergli, lo voleva davvero – ma comprese i sentimenti del suo Alpha non appena lo vide curvare un po' le spalle in avanti e dirigersi verso le bancarelle con falcate ampie e decise, senza guardarsi indietro.
Lo osservò sparire nella notte, sconvolto da tutto quello che era successo.


L'ombra di una figura maschile alta, muscolosa sulle braccia e longilinea su tutto il resto del corpo si stagliava su un albero accanto alla locanda, impossibile da vedersi in faccia perché dava le spalle alla luna.
Ma per fortuna, gli umani avevano inventato i lampioni diverse decine di anni prima.
Shinoa sorrise, mentre intravedeva i suoi occhi rossi che, da una stanza poco più in là dell'albero, si spostavano in basso verso il punto in cui si trovava lei.
«Non sai che è maleducazione sbirciare la gente?» lo redarguì scherzosamente.
Lo vide ghignare con fare divertito; poi saltare giù dal ramo dell'albero – un salto di più o meno tre metri, eppure atterrò come un gatto senza farsi alcun male né dare segni di dolore.
«Avrebbero dovuto tirare le tende. È più prudente.» disse con voce melliflua, avvicinandosi a lei.
«Non è un'attenuante. Potrei denunciarti per vouyerismo~»
Lui si mise le mani nelle tasche dei pantaloni larghi e un po' logori che portava, e sorrise. «Ma ho fatto tornare Yoichi. Prendiamola come attenuante, ti va?»
Shinoa sorrise a propria volta, e portò le mani dietro la schiena.
«Perdonato.» considerò. «Se non ci fossi stato tu non so quanto ci avremmo messo a trovarlo. Grazie.»
Lo vide esprimersi con fare soddisfatto, e rilassare le spalle. «C'è poco da ringraziare. Ti ho fatto venire qui anche per questo, no?»
«Ah, allora sei davvero un vouyeur~»
«Ha parlato l'esibizionista.» replicò lui con una mezza risata. «Ma direi che pagare il viaggio per quei due è valsa la pena.»
«Sei soddisfatto?» domandò Shinoa, mentre lo vedeva avvicinarsi a lei, senza smettere l'espressione compiaciuta in viso.
«No. Per niente, in realtà.» considerò. «Yoichi vive con un tizio alquanto strano, il tuo amico dagli occhi verdi sembra molto affezionato a lui, il biondino è sospetto, e la tua fidanzata è molto carina.»
Shinoa sbatté le palpebre. «Eh... potrei essere gelosa, sai?»
«Ti conosco abbastanza da sapere che non fai altro che vantarti di lei.»
«Non vedo perché non dovrei. Mitsu è fantastica. E non è la mia fidanzata, solo un'amica con benefici.»
«Un po' come il vostro Alpha e Yoichi?» fece lui; Shinoa intravide la sua mascella indurirsi e gli occhi assottigliarsi un po'.
«Più o meno. Ma non trovi che quello che ha detto Shiho di Yoichi e a Yoichi stasera sia stato molto affettuoso e considerato nei suoi confronti?»
L'uomo davanti a lei la scrutò per un momento. Poi, ghignò ancora.
«No, non credo. Credo invece che valga la pena studiarlo molto attentamente.» fece.
Shinoa trasalì per un istante, e lo osservò sorpresa. Certo, aveva organizzato tutta quella gita dopo che lui aveva insistito perché lo facesse e ci portasse Yoichi e Shiho, pagando pure per loro (ovviamente aveva dovuto spacciarle per spese di Mitsu; era una fortuna che lei fosse molto riservata e Shinoa fosse sicura che non avrebbe detto niente a nessuno). E non era assolutamente un caso che fossero andati proprio in quel paesino sperduto, o che Yoichi come prima cosa fosse scappato verso le montagne: quelle alture erano rifugio per uno dei branchi di lupi mannari più importanti del Giappone, di cui lui stesso faceva parte.
«Hai intenzione di lasciare il branco?» gli domandò. «Credevo fossi tornato da poco.»
«Mi piace muovermi.» replicò lui. «Sono sempre stato un nomade solitario, e lo sai bene. Non si opporranno minimamente, ci sono altri molto più capaci di me a tenere insieme le fila.»
«Questo è sicuro, sembri proprio uno che rompe le fila, piuttosto» replicò lei, ridacchiando. Lo vide ridacchiare a propria volta, poi proseguì. «Ma lasciami dire che la definizione di "nomade solitario" non ti si addice più così tanto da qualche anno, Gekkouin.»
Gekkouin si mostrò divertito a quell'affermazione, e la guardò per un attimo in silenzio.
«Ed è proprio per questo, che ho intenzione di studiarlo a fondo e scoprire che intenzioni ha.»
Shinoa sorrise e scrollò le spalle, sistemandosi lo yukata e stringendoselo contro quando un fiato di aria più fresco degli altri soffiò su di lei e si infilò tra il tessuto e la sua schiena.
Lo scrutò per un istante, negli occhi rossi che brillavano divertiti.
E in quel momento riuscì a pensare solamente a una cosa, che trovò opportuno esternare.
«Sarà molto divertente.»


[1] Hokkaido: una delle quattro isole maggiori che compongono l'arcipelago giapponese. Si trova a nord rispetto a quella principale (Honshu, in cui si trova anche Tokyo) ed ha un clima più rigido rispetto alle altre.



L'angolo di madychan
Ehilà gente. ^^
Come state? Il mio ragazzo mi ha fatto notare che, combinazione, volevo pubblicare oggi e oggi c'è la luna piena, quindi è una pubblicazione tematica senza volerlo. In realtà generalmente pubblico questa storia senza una particolare logica se non quella del fatto che magari passo una giornataccia, e dentro di me dico "va beh, magari con uno di quei capitoli posso rendere felice qualcuno o fargli passare dei momenti di stacco dalla realtà, almeno faccio qualcosa di buono". Non lo so, non so spiegarlo benissimo, ma l'istinto è più o meno quello. Ma magari mi metto a pubblicare a ogni luna piena ogni mese, chissà. (Chissà se con una pubblicazione al mese avrete voglia di seguirmi o perderete il filo, boh.)
Comunque, sì, è stata una giornataccia ed è stato un periodaccio in generale.
E siccome è il mio angolino magari vi scrivo qualcosa.
Giusto un accenno. Così, tanto per.
Sapete, ho recentemente accettato un lavoro a tempo indeterminato. E voi direte "woah, figo!". Sì, abbastanza. ^^ Vengo pagata abbastanza bene (e comunque il contratto è un contratto nazionale, quindi le cifre sono prestabilite, non le stabiliscono i miei datori di lavoro), e come lavoro e come ambiente... è okay, ci sono gli alti e bassi, ci sono i momenti in cui il lavoro mi pesa (faccio la farmacista - NB: sono una dipendente, quindi no, non sono una di quei farmacisti che ha un sacco sacchissimo di soldi come opinione comune potrebbe far pensare. XD) e ci sono le soddisfazioni. In generale non è male, e ho accettato il tempo indeterminato è stata una decisione ponderata per un po', anche a fronte del fatto che forse avrei potuto fare altro (tipo la ricercatrice. Ma forse sono troppo vegetariana per riuscire a fare un lavoro del genere, chissà.)
Il punto è che in realtà non avrei proprio voluto fare la farmacista.
Avrei voluto fare la scrittrice. O quantomeno avere un lavoro che mi impiegasse meno tempo, mi desse un guadagno umano con cui poter vivere, e avere il tempo per dedicarmi a ciò che amavo.
Invece questo lavoro mi occupa un sacco di tempo ed energie. Spesso la sera torno stremata e non ho le forze di fare qualcosa.
E anche scrivere è diventato più un dovere che un piacere come quando ero una ragazzina (se mi vedeste non lo direste mai - e lo so perché me lo dicono tutti, madre compresa - ma ho 28 anni. E ormai scrivo da 13.). E' diventato pesante perché spesso solo debole e non riesco a fare altro che scrivere qualche frase o guardare il foglio bianco. Mi distraggo spesso e plotto sempre meno durante la giornata. Giusto a titolo di esempio, siamo al capitolo 16 dei Lupi. Ho ancora due capitoli pronti, e ce li ho pronti da mesi. Sono mesi che non scrivo granché.
E ciononostante, amo scrivere, e amo i miei personaggi. Tutti quelli di tutte le mie storie (ne ho una marea in sospeso, praticamente nessuna conclusa). Me ne sono resa conto in questi giorni in cui mi sono un po' forzata a prendermi una pausa dalla scrittura perché è stato un periodaccio da un mese a questa parte, e non riuscivo a pensare anche di scrivere. Se l'avessi fatto sarebbe uscito qualcosa che non andava. E in effetti l'ho fatto e ho dovuto riscrivere una cosa daccapo. Fortunatamente era una oneshot. (al secondo tentativo però è venuta bene).
Tutto questo per dire... boh. Magari pubblicherò più distanziato un capitolo dall'altro (magari per un paio di mesi farò davvero le pubblicazioni il giorno della luna piena?) intanto che cerco di riprendermi. Così magari accumulo qualche capitolo e non vi devo far aspettare eoni prima di vedere un prosieguo.
Ma anche per dirvi (se siete arrivati fino a qui, chissà) che ogni tanto nella vita c'è bisogno di fermarsi e di fare una pausa.
I momenti di debolezza esistono. E come i momenti di tristezza servono ad apprezzare quelli felici della vita, così anche i momenti di debolezza servono a riprendersi da periodi stancanti.
E fatevelo dire da una che ci è stata pienamente in mezzo e ha a lungo avuto danni da un comportamento del genere: cercare di essere troppo forti, con troppe cose, alla fine vi indebolisce soltanto e non riuscite più ad affrontare adeguatamente le cose.
Perciò sì, se avete le forze per fare mille cose, fatele assolutamente. Vivete al massimo.
Ma se non le avete, anche una sola cosa alla volta va bene. Prendetevi il tempo che vi serve, se potete farlo. Concedetevi una pausa una volta tanto. Dai pensieri, dagli impegni, dalla vita. E ripristinate le energie per affrontare al massimo anche le altre cose da fare. Vi accorgerete che basterà meno di quanto pensiate.
Detto questo, se avete voglia di recensire a me fa piacere. I commenti sono sempre ben accetti, così come il tempo che spendete dedicandolo ai miei bimbi.
E se il capitolo vi è piaciuto e vi ha lasciato qualcosa anche a livello personale mi fa piacere, anche se non recensite. ^^
Alla prossima. ^^
mady

Il Paese dei LupiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora