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"Ripeti una bugia cento, 
mille,un milione di volte,
diventerà una verità"

JJ se n'è andata, eppure non mi sembrava particolarmente intenzionata a mollare il caso. Sì, certo, era sconvolta, in fin dei conti sta rivivendo ciò che le è già successo. Come uno di quei film che mandano di continuo in televisione, senza mai stancarsi. Parlare con Harris è stata sicuramente la cosa giusta, dio solo sa cosa le avrebbe fatto se l'avesse scoperto da solo. Non dico che l'avrebbe licenziata, ma di sicuro avrebbe reso la sua vita un inferno peggiore del mio. Anche se ultimamente, causa diverbio alquanto violento, io per lui non esisto se non in rari casi in cui non può di certo ignorarmi dal momento che è il mio capo e stiamo lavorando ad un caso. Insomma, fa quel che può.

Ma io, al posto di JJ non mi sarei lasciata persuadere così facilmente ad andarmene. Dovrei chiamarla, chiederle come sta. So che dovrei impiegare il mio tempo nella risoluzione del caso, ma non vorrei che facesse qualcosa di stupido e avventato. Non importa quanto qualcuno possa essere forte, quando ti trovi di fronte a situazioni del genere, non sai mai come una persona potrà reagire. E il più delle volte, assume l'atteggiamento che meno ti aspetteresti da parte sua.

Ma JJ è un'agente di polizia, non una persona qualunque. Saprà gestire la situazione.

Cerco il suo numero nella rubrica e premo il tasto chiama. Il telefono non squilla immediatamente. Dopo qualche secondo risponde la segreteria. Aspetto mezz'ora, poi riprovo, ma ancora nulla. Ancora la segreteria. Eppure dovrebbe essere arrivata a New York da un pezzo.

C'è qualcosa che non va. Cerco di scacciare via immediatamente questa idiozia dalla mia testa. Sono solo stressata per il caso, tutto qui. Non è che se qualcuno non risponde al telefono deve essergli per forza successo qualcosa. Io per prima non rispondo praticamente mai. Ho dovuto cambiare la suoneria appositamente in base alle persone che mi chiamano. Così se mi chiama il mio capo non rischio di essere incenerita non rispondendogli.

Magari ha solo il telefono scarico. Non devo preoccuparmi. Riproverò fra qualche ora. Se ancora non avrò risposta riproverò domani e solo allora, deciderò cosa fare.

È pur sempre un'agente di polizia, non una persona qualunque.

Continuo a ripetermelo come un mantra. Mi sto agitando inutilmente, ma c'è un non so cosa che mi dice che non va tutto bene, che c'è qualcosa che non va in questa situazione.

Decido di rileggere i documenti mentre sono in stanza. Ho chiuso la porta a chiave, non voglio che nessuno mi disturbi. Devo concentrarmi, quei bambini non hanno molto tempo.

Inizio prendendo la copia delle deposizioni dei genitori di Alba Corbero, ma vengo interrotta dal rumore di qualcuno che batte sulla mia porta:

-Amelia, ci sei? -È William. Non ho intenzione di vederlo, né lui, né nessun altro. Rimango in silenzio, sperando che pensi che io stia dormendo, così non dovrò dirgli di levarsi di torno.

-Andiamo Amelia, so che sei sveglia, vedo la luce accesa da sotto la porta. -Cazzo. -Dai apri! -Dice con lo stesso tono che i genitori usano con i bambini piccolo quando si sono chiusi a chiave nella stanza.

-Amelia! -Il suo tono di voce si alza, non è più tranquillo. Ormai il danno è fatto, devo rispondergli e dirgli di andare via.

-Sto lavorando, adesso non posso perdere tempo.

-Ti ricordo che anche io lavoro al tuo stesso caso, potrei aiutarti.

-Ti ho detto di no, adesso per favore lasciami in pace.

Vietato MorireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora