24. Nuove risposte

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"Ha avuto un ictus" spiega Millie debolmente, "I dottori devono fare altri accertamenti, per capire la causa di questo episodio, ma non sappiamo ancora niente" aggiunge subito.

Luna é immobile, ma non sono io quella che la può aiutare e infatti si fionda nelle braccia della madre.
Il signor. Wilson riposa tranquillo, totalmente ignoto riguardo alla situazione intorno a lui. In realtà mi sembra stanco... non so come mai: forse per le ombre scure sotto ai suoi occhi, o magari per le rughe sottili ed evidenti sull'ampia fronte.

Io qui sono di troppo. Saluto Luna con un abbraccio fiacco, che però dura a lungo. Non si vuole più staccare, le sue unghie si conficcano nella mia pelle con rabbia, ma senza causarmi vero e proprio dolore. So che il dolore che sta provando lei é molto più grande.

Ci stacchiamo, do un bacio sulla guancia alla signora Wilson e me ne vado da questa stanza colma di sensazioni negative.

So già dove andare: stanza 548.
Sento la preoccupazione farsi spazio tra le mie viscere, non perché non ne avessi avuta finora, ma con il casino di Luna mi ero momentaneamente scordata della professoressa.

Mi viene in mente, come in un film, la scena avvenuta ieri, anche se mi sembrano passati anni.
"Hai sentito cos'è successo a Veronica?"
"Sì, veramente una donna forte, mi dispiace molto. Poverina..."

Arrivo davanti alla porta e il mio sesto senso mi dice di andarmene. Questo non fa che aumentare la mia ansia, ma sinceramente non me ne frega niente del mio sesto senso, quindi entro.
Sento un pianto soffocato e sommesso.

Non credo di aver mai avuto a che fare con così tanta paura tristezza come in un questi giorni.

La professoressa mi dà le spalle, la schiena è curvata in avanti, verso quell'orrendo dipinto sulla parete bianca.
Immediatamente sente il cigolio della maniglia e si irrigidisce, merda! Non volevo disturbarla.

Senza neanche girarsi esclama: "Dottore, non voglio niente!"
Ha una voce isterica, al contrario di quella vellutata che utilizza di solito in classe.
"Ehm, veramente sono solo io, mi scusi" rispondo imbarazzata. Mi chiedo cosa può averla portata a piangere così disperatamente.
Cosa è successo? mi chiedo. Vorrei solo domandarglielo, ma non voglio sembrare troppo irruente.

"Lisbeth?" si gira con la testa, strabuzzando gli occhi per lo stupore e asciugandosi rapidamente gli zigomi.
"Mi scusi, prof." ripeto per la seconda volta. Non dovevo permettermi di venire qui, sbucando dal nulla, come se fosse una mia parente.

"Non hai niente" - tira su con il naso - "di cui scusarti..."
"Come mai sei qui?" chiede dopo essersi soffermata su di me per qualche secondo.
"Uh" cerco di trovare un modo per poter spiegare che ho ascoltando una conversazione altrui, da dietro una porta e che non avrei dovuto assolutamente essere lì. Dopotutto rimane una professoressa.

"Praticamente ho sentito accidentalmente una conversazione dove parlavano di lei" spiego titubante.
Non può fare a meno di accennare un sorrisino comico per il mio "accidentalmente" molto sincero.

"E cosa hanno detto, sentiamo..." domanda curiosa, ma mi sembra che nasconda anche un briciolo di paura.
"Che le era successo qualcosa di brutto e che è una donna forte."
"Davvero hanno detto così?" il sorrisino è sparito e al suo posto una maschera di angoscia e depressione.
"Sì... e io mi sono preoccupata e dato che ero qui ho pensato di venire a trovarla, forse non avrei dovuto" mentre parlo mi guardo i piedi, per evitare lo sguardo probabilmente arrabbiato della Brought.

"Non dire così..."
La guardo negli occhi verdi/grigi, attendendo una spiegazione e lei prova a trattenersi.
"Io..." un singhiozzo quasi inaudibile giunge alle mie orecchie, "ho perso il mio bambino."
Le lacrime ricominciano a fuoriuscire numerose. La mia espressione non ha paragoni, una mano copre la mia bocca socchiusa per l'orrore. La mia faccia è scandalizzata.

Questa sono io || Lety&EleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora