Emily's pov.
C'è sempre qualcosa che ti fa aprire una voragine nel petto, che ti fa mancare il respiro. E la solitudine era la mia. Lo capivo quando, rinchiudendomi nella mia stanza e iniziando a sentire musica lenta e triste, tutto mi appariva più grigio. Niente aveva più significato. Sedendomi sul letto, posai la maschera che indossavo ogni giorno, sul comodino. Qui, potevo essere me stessa. Qui, nella mia camera, isolata da una madre che mi dice di essere una delusione, da un padre sempre pronto ad attaccarmi, isolata dal mondo intero, posso essere chi voglio. Eppure, quella sera, volevo solo Michael. Sentii dei passi pesanti salire per le scali. Con uno scatto fulmineo, andai verso la porta e la chiusi a chiave. I passi, divennero più veloci e mio padre iniziò a bussare fortemente.
-Emily Grace Green, apri ora questa porta. Non potrai rimanere qui dentro per sempre- urlò. Presi lo zaino di scuola, mettendoci i libri per il giorno dopo e l'intimo. Poi, afferrando il telefono e le chiavi della macchina, uscii dalla finestra. Anche se essendo a due piani, casa mia non era molto grande e per raggiungere terra, bastava un semplice salto. Saltai fuori e facendo il giro della casa, raggiunsi la mia macchina. Feci in tempo a farla partire ed a svoltare verso la strada, che mio padre uscì fuori urlandomi contro. Sei una delusione.
Ero dispersa. Accostai vicino ad una tabaccheria e comprai un pacchetto di sigarette. Fortunatamente, avevo sempre l'accendino di emergenza dentro lo zaino. Era l'accendino che usavo solo per questioni veramente importanti, come quando dovevo parlare con una persona o nei momenti in cui ero molto triste. Stasera, era uno di quelli. Decisi che sarei andata a fumare nel parco giochi abbandonato della zona. Luke mi ci aveva portata un po' di tempo fa, raccontandomi i pomeriggi passati con i suoi vecchi amici, compreso Michael. Chiusi la macchina e salii le scalette che mi portavano alla casa sull'albero. Mi accesi la sigaretta e iniziai a fumare ad occhi chiusi. Amavo il silenzio ed il buio, accompagnato dal tabacco. Provai a ricordare ciò che Luke mi raccontò. Erano tutti flash mischiati, eppure potevo immaginare le loro risate spensierate. Mi affrettai a tornare in macchina. Non sapevo dove andare. Di solito, quando succedevano cose come queste, Calum era sempre pronto ad ospitarmi, ma dopo aver provato a mettermi le mani addosso, avevo paura. Si era scusato, arrivando quasi sull'orlo di piangere ma non avrei avuto il coraggio di presentarmi a casa sua. Così, mentre continuavo a pensare, mi ritrovai a parcheggiare davanti casa del mio ragazzo. Spensi di nuovo il Range Rover. Afferrai il cellulare da dentro la borsa e composi il suo numero.
-Pronto?- rispose dopo due squilli. La sua voce era confusa. Ricordai in quell'istante che lui non aveva il mio numero. Io, il suo, l'avevo preso, a forza, da Ashton.
-Ehi- riuscii soltanto a dire. Ci fu un attimo di silenzio.
-Emily- soffiò. Sorrisi leggermente. Aveva riconosciuto la mia voce.
-Mikey, sono fuori casa tua, non è che mi potresti aprire?- azzardai. Ci fu silenzio e attaccò la chiamata. Mi voltai verso la porta e dopo neanche trenta secondi, si aprì. Afferrai lo zaino al mio fianco e chiusi la macchina. Più mi avvicinavo verso di lui, più il mio cuore aumentava di battito. Mai in diciotto anni della mia vita, mi ero sentita così. Poco prima che fossimo faccia a faccia, lui si mise le mani in tasca e mi rivolse uno dei suoi sorrisi più sinceri. Mi sentii morire. Michael, era tutta la bellezza di questo mondo. E quando mi strinse tra le sue braccia e mi diede un bacio veramente dolce, mi sentii amata e non potei fare a meno di scoppiare a piangere.
-Em, cosa succede?- scossi la testa. Lui mi prese la mano e mi trascinò all'interno. La casa era silenziosa. Ciò, significava che sua madre non c'era e mi sentii più sollevata.
-Ne vuoi parlare?- mi chiese dolcemente. Annuii e mi diressi in camera sua. Mi sentivo al sicuro lì dentro. Lì, in quelle mura che avevano visto crescere l'amore della mia vita. Si sedette sul letto e io feci la stessa cosa. Stette in silenzio, guardandomi semplicemente. Ogni volta che dovevo dirgli qualcosa, lui rimaneva in silenzio, aspettando che parlassi e poi diceva la sua. Rimasi un attimo incerta sul dirgli la verità ma alla fine lo feci.
-Scusa se sono piombata improvvisamente a casa tua, alle nove di sera, ma non riuscivo a stare a casa. Litigo sempre con mio padre, mia madre piange guardandomi e dice sempre che preferiva abortire che tenermi, sapendo che sarei diventata così. Ed in un certo senso, ormai, mi odio anche io. Ho sempre portato la gente all'esasperazione, solo per vedere quanto ci tenessero a me e non ho mai dato niente in cambio. Che poi, la maggior parte delle persone che mi stanno accanto, ci sono solo per la mia popolarità odiosa e che avrei preferito non avere. Vorrei essere semplicemente una ragazza qualunque, con genitori che le dicono di essere fiera di lei e con amici che le chiedono sempre come stai e non si fermano al primo sorriso falso seguito da un "sto bene". Sono solo un disastro- buttai giù. Lui sorrise leggermente e mi prese il viso tra le mani. Mi persi nei suoi occhi chiari.
-È vero sei un disastro. Rispondi male, tratti le persone con superficialità e solo un tuo sguardo sarebbe capace di uccidere qualcuno. Ma io ti conosco, anche fin troppo bene. So che sotto questo c'è una ragazzina insicura di tutto, che vuole solo sentirsi amata e ha paura di fidarsi. E Dio, sono fortunato ad avere come fidanzata, il disastro più bello di questo mondo- sussurrò. Non potei far altro che sorridere e ringraziarlo baciandolo. Lui era tutto ciò di cui avevo bisogno per stanotte. Ringraziai anche me stessa mentalmente per aver deciso di andare da lui. Il bacio si approfondì e in poco, mi ritrovai a cavalcioni su di lui. Mi afferrò la maglietta da sotto e la sfilò con un veloce movimento.
-Quanto sei perfetta- disse tra i baci, capovolgendo la situazione. Ora io ero sotto, ispirando il profumo che proveniva dal suo cuscino. Iniziò a darmi una serie di baci partendo dalla bocca, fino ad arrivare alla coppa del reggiseno. Poi, mi guardò un attimo e posò la mano sul cavallo dei miei pantaloni. Annuii, capendo che voleva sfilarmeli. Me li tolse, buttando a terra con essi anche la sua canotta e le mie mutande. Mi fece aprire le gambe, mettendo la testa tra esse. Mi beai un attimo di quella vista, prima di chiudere gli occhi e sentirmi infinitamente bene.
Mi posò un altro bacio sulla spalla, prima di girarmi verso di lui. Le lenzuola bianche gli coprivano il petto. Era sudato, un leggero rossore a solcargli le guance e il suo sorriso. Era bellissimo. Gli sorrisi di rimando dandogli un bacio sul naso.
-Ti prego, dormi con me stanotte- mi disse. Non potei rifiutare e mi alzai, infilandomi l'intimo che era a terra.
-Vado un attimo in bagno a farmi una veloce doccia- lo informai. Presi l'altro completo intimo dallo zaino e uscii nel corridoio. Aprii porte a caso e dopo averne sbagliate due, lo trovai. Velocizzai i tempi e quando finii, avvolsi il mio corpo in un asciugamano. Mi guardai un attimo allo specchio e vidi il segno di un succhiotto viola sul mio collo. Non avevo mai permesso a nessuno di farlo. Michael, aprì la porta. Sobbalzai leggermente.
-Ti ho portato una mia maglia da notte- chiarì. Lo ringraziai e uscì di nuovo. Finii di asciugarmi i capelli e poi mi infilai la sua t-shirt. Profumava di lui e sorrisi istintivamente. Aveva un profumo così buono. Uscii anche io. L'orologio sul muro segnava le undici di sera. Sbadigliai. Ero molto stanca. Tornai da lui. L'aria mi mancò per un attimo. Michael, era in piedi vicino all'armadio con solo un paio di boxer a coprirgli le parti intime. Solo ora notai vari lividi a fasciargli il busto. Forse si sentì in imbarazzo che, velocemente, afferrò una t-shirt blu e la indossò. Feci finta di non pensarci e mi infilai sotto le coperte, girata verso la finestra. Lui, mi seguì poco dopo e mi attrasse al suo petto, mettendomi un braccio intorno alla vita.
-Mikey- sussurrai. Lui rispose con un "mmh" curioso.
-Tu sei ancora innamorato della Emily del primo superiore, vero?- domandai. Sperai in una risposta positiva. Non volevo che si fosse innamorato della me che ero ormai con tutti.
-Certo, tu sei sempre rimasta quella Emily. Io lo so- affermò. Annuii quasi come conferma.
-Ehi Em- mormorò.
-Si?- risposi.
-Secondo te perché la forchetta si chiama così?- chiese. Sentii la gioia esplodermi in petto. Non potevo crederci. Dopo così tanto tempo, ancora si ricordava attimi delle nostre conversazioni di prima, proprio come me. Mi girai verso di lui e scoppiammo a ridere.
-Non lo so, Mikey, non lo so- risi ancora. E dopo esserci baciati per un po', mi addormentai con il sorriso stampato sul volto, solo grazie a lui.
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Idiot.
Teen FictionQualcuno spinse la mia cartella a terra e uscirono tutti i fogli, la gente intorno a me iniziò a ridere. -Perché lo fanno? E soprattutto, perché non hai reagito?-. -Lo fanno perché da tre anni a questa parte sono la loro preda preferita e non posso...