11 | Il foglio

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( Venerdì, 28 giugno 1985 )

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L'erba incolta mi solletica le caviglie scoperte, mentre me ne sto seduto a gambe incrociate e lo sguardo fisso in un punto indecifrabile, verso l'orizzonte. Faccio correre i palmi della mano a pochi millimetri dal terreno, lasciando alle foglie appena il tempo di solleticarli e respiro profondamente.

«Figlio di puttana, vedi di funzionare!» di fronte a me, Dustin, da poco tornato dal campo estivo dello Utah, uno stato nel sudovest degli Stati Uniti. Con i capelli ricci che fuoriescono dal cappellino bianco e verde, se ne sta seduto, intento ad assemblare un apparato radio da lui costruito per tenersi in contatto con Suzie, a detta sua, una delle ragazze più belle ed intelligenti che abbia mai conosciuto. E, divenuta da poco, la sua fidanzata. Lo osservo, con l'espressione confusa in volto, smanettare ed imprecare, circondato dai nostri amici.

«Siamo sicuri che esiste 'sta qua?» sbuffa Lucas «Spero tu non ci abbia fatto venire fin qui solo per vederti maneggiare con quel coso!» in risposta riceve un pizzicotto da parte di Max, che gli intima di avere pazienza. Mike è in piedi accanto a Dustin, le dita incrociate fra quelle di Eleven, la quale fa capolino dal suo braccio, con le guance rosse, i capelli sciolti sulle spalle e il capo inclinato. Il mio sguardo cade nuovamente sulla figura di Mike, strizzo gli occhi per via del sole e sento il cuore palpitare, mentre percorro le linee del suo viso, soffermandomi sulle labbra.

«Oh, sta zitto e fammi finire!» risponde Dustin. Con la coda dell'occhio noto Eleven osservarmi e distolgo lo sguardo. Lei però lo sostiene e gli angoli della sua bocca si alzano in un tenero sorriso. Lo faccio anche io, di rimando, un sorriso, per quanto possa sembrare strano, piuttosto sincero. La trovo singolare, gentile e non ha colpe. Tante sono le volte in cui prendermela con gli altri sembra la via più facile per sviare i miei sentimenti, come se dare sfogo al proprio malessere, senza accettarne la causa, possa veramente spingerli sul fondo del barile, indolore. Non è così, più si spingono a fondo, più quest'ultimi sorreggono sulle spalle il peso di tutti gli altri. Ed è proprio in questo modo che una singola, misera e sola goccia, può far traboccare tutto. Sperare in una rottura, oh beh, questo si chiama egoismo e fa schifo pensarlo anche solo per un secondo.

«Ragazzi, mi dispiace ma» proferisce parola Mike, lanciando uno sguardo ad Eleven che si affretta a completare la frase «Devo tornare a casa!»

«Ma ci sono quasi, giuro!» afferma Dustin, indicando l'antenna dell'apparato radio.

«Scusa, il coprifuoco» Mike arriccia il naso e per pochi secondi, il suo sguardo incrocia il mio, stanco, e abbassa il capo. È consapevole del fatto che quando mente per stare con lei, ormai ne sono a conoscenza e, dal modo in cui i suoi occhi si sono posati sui miei, sono piuttosto sicuro del fatto che se ne vergogni. Giornate trascorse ad aspettare il suo arrivo, chiuso in casa, per poi sentire la sua voce, la stessa voce che tanto mi faceva tremare le gambe, scusarsi per un impegno improvviso. Rimanevo così, a fissare il walkie-talkie e con un filo di voce, poi, allungavo la mano per rispondere. Parole indirizzate alle quattro mura, vuote, poiché dall'altra parte, Mike non c'era già più. Uno strano dolore al petto, morirei di nostalgia per qualcosa che non avrai mai. Bruciare e tacere, la violenza che infliggiamo a noi stessi quando abbiamo troppa paura e La Creazione di Adamo al contrario, gli indici troppo lontani solo per sfiorarsi.

Eleven ci sorride, mentre Mike le tiene la mano e si volta per scendere dalla collina «Buona fortuna!» ci augura per poi voltarsi.

Entrambi si allontanano, mano nella mano, i capelli di lei che dondolano e di profilo, il sorriso che Mike le porge. Un'altra fitta allo stomaco. Mi alzo in piedi, imitando i miei amici, pronti a commentare la scena.

➵ | Drawing, ( byler )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora