🎚 Cavetown- Devil Town
Mi strinsi nelle spalle per via del freddo, affondando le mani nella tasche del giubbotto di jeans alla ricerca delle mie Winstons.
E proprio come cicche di sigarette s'un marciapiede, lo spiazzale difronte all'Infinite era seminato di ragazzi: raccolti a piccoli gruppi, chiacchieravano tra loro passandosi l'un l'altro qualche bottiglia d'alcol o qualche paglia.
Mescolato al loro ronzante brusio, già ad una dozzina di metri dall'edificio, potevi sentire il suono distante e ovattato della musica, quasi fosse un sottofondo cinematografico.
Quando trovai il pacchetto e sfilai via una sigaretta, un urto improvviso mi scosse il corpo. D'un tratto il braccio di Cole fu attorno alle mie spalle, il suo capo poggiato contro il mio; persi quasi l'equilibrio quando mi strinse a se, incespicando nei miei stessi passi.
«Rilassati Amelia... —m'immaginai vederlo fare quel suo sorriso spigliato, nel dirmelo— sei troppo tesa»
Con le dita punte dal freddo, portai la sigaretta alle labbra e ripresi a frugare nelle tasche a caccia dell'accendino;
«Non sono tesa».
Soffocò una risata e sentii il suo petto vibrare. «Contraddici ogni cosa che dico, stasera»
«Non lo st-»
M'interruppi, arrestando la lingua e il passo per scrollarmi Cole di dosso con lo stesso stupore di chi è stato colto in flagrante.
Lui si girò, facendomi un sorriso sardonico.
«Punto per me»
Mi allungò la fiamma sottile di un accendino che stringeva tra le dita pallide.
Con una smorfia, alzai il mento avvicinando la punta della sigaretta alla sottile lingua di fuoco. Feci un tiro, non appena il tabacco si accese.
«Qual è il piano?» il fumo abbandonò le mie labbra insieme alle parole.
Cole smise di premere sulla forcella dell'accendino e con un gesto disinvolto me lo passò in un lancio.
«Vuoi passare l'intera nottata a fare la fila ?» continuai.
Sgranò gli occhi con teatrale sorpresa;
«Non ho mai detto che avremmo fatto la fila, Amelia»
Non attese neanche il tempo di terminare la frase per darmi le spalle e riprendere a camminare verso l'ingresso del club, senza tener conto di me.
Quando finalmente scollai i piedi dal terreno, mi incamminai silenziosamente dietro il suo passo svelto e determinato, sicura del fatto che quella non sarebbe stata una bella serata.
Il gruppo più fitto di persone era ammassato accanto all'ingresso, dal quale sembrava scorrere ininterrottamente un flusso copioso di gente che entrava e usciva dal locale.
Avanzammo verso l'ingresso, sorvolando la fila d'attesa e con essa i richiami e le occhiatacce che ci lanciavano le persone in coda.
Non mi sorpresi quando vidi uno dei buttafuori incollarci gli occhi addosso e non mi sorpresi neanche quando lo vidi venirci incontro con larghe falcate. Mi sorpresi quando lo vidi dare un'acrobatica stretta di mano a Cole, con tanto di pacca sulla spalla, quasi fossero amici di vecchia data.
«Ma guarda, guarda chi si rivede!» potei sentire la voce forte e ridondante di quel tipo alzarsi in mezzo al rumore che gli stava attorno.
Mi arrestai qualche metro più dietro ad osservare la scena e la situazione prese a farsi chiara: quel metro e ottanta di muscoli doveva essere il suo —o meglio il nostro— passe-partout.
Cole alzò il mento e mi trovò con lo sguardo, facendomi segno di raggiungerli.
Non sapevo se la mia fosse più confusione o più sorpresa. Ad ogni modo, feci un altro tiro e gettai a terra la sigaretta ancora nuova. Mentre soffiavo fuori il fumo, acciaccai la cicca sotto la suola consumata delle mie sneakers e dopo averla spenta, mi mossi verso di loro.
«Uh, vedo che sei in compagnia...»
Il ragazzo in questione, moro e dalla carnagione olivastra, mi accolse con uno sguardo sornione. I suoi occhi scuri ruotarono lungo tutta la mia figura, prima che desse a Cole una gomitata come se volesse richiamarlo dalla distrazione:
«Mi vuoi presentare o devo fare da solo ?»
Sorrise; «Darren, lei è Amelia» fece il rosso, poggiandomi una mano sulla spalla.
«Mi faccio chiamare solo Mia» lo corressi.
«Mia, lui è Darren» concluse Cole, scandendo il mio nome con fare canzonatorio.
Con lo sguardo fin troppo incollato al mio il tipo di nome Darren mi fece un cenno, mormorando un 'è un piacere' sulle labbra inarcate in un mezzo sorriso.
«Allora che si dice ?»
La voce di Cole irruppe come lo stridio del gesso s'una lavagna. Si cacciò le mani nelle tasche della tuta lime e Darren si strinse nelle larghe spalle prima di rispondergli;
«Non c'è male»
«Volevamo divertirci un po'. Non è che ci sarebbe posto per noi stasera ?»
«Che domande!» il tono del ragazzo s'alzò improvvisamente di un ottava. Alzò in alto la mano e quella che doveva essere una pacca amichevole, colpì la spalla di Cole come fosse un vero e proprio ceffone; voglio dire, ci mancò poco che lo vedessi cadere.
«Sai bene che c'è sempre posto per te —disse spostando poi lo sguardo su di me— per te e per la tua ragazza».
Ed ecco che successe ancora.
«No, non sono la sua ragazza» la mia voce uscì più alta e decisa di quanto io stessa potessi aspettarmi, più di quanto Darren stesso si aspettasse.
Difatti, il suo sguardo su di me era un ghigno misto ad intesa e stupore.
Inarcai un sopracciglio con un cenno di malizia negli occhi e nella voce:
«Posso entrare lo stesso?»
E mentre Cole, accanto a noi, roteava gli occhi al cielo, Darren non ci pensò due volte a ricambiare quel mio modo con lo stesso tono.
Mi si avvicinò d'un passo; «E come potrei dire no?» la voce lasciva e gli occhi di nuovo incollati ai miei.
Tornò a parlare ad entrambi dicendo che...
«Volevo dire che... c'è sempre posto per Cole e per l'amica di Cole che non è la sua ragazza» rettificò con fare umoristico, prima che venissimo interrotti.
«Grazie Darren, sei un'amico» asserì Cole, cingendomi le spalle.
«Nessun problema. Pensa piuttosto a uscirne camminando in piedi sulle gambe, non so se ci siamo capiti...!» gli ammiccò il moro increspando il viso in un ghigno divertito.
In tutta risposta a quel pessimo qualsiasi-cosa-fosse, Cole ricambiò con un misero sorriso a stento abbozzato.
Quel Darren non doveva essere un tipo molto intelligente e questo mi sembrò chiaro, ma d'altronde, con il fisico che aveva, non gli serviva parlare per far colpo.
O perlomeno a me non era servito.
I suoi occhi tornarono poi sui miei: «Fatti viva più spesso, da queste parti, Mia —mi disse— e passa a salutare prima di andartene».
Prima che potessi scambiar una parola di più col ragazzo, o meglio, prima che potessi dirgli che non mi sarei mai limitata a 'salutare prima di andarmene', Cole ci mosse verso l'entrata come fossimo una cosa sola.
«Certo amico —s'affrettò a dire— abbiamo afferrato»
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18thJanuary2020

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𝐈𝐌𝐌𝐎𝐑𝐀𝐋 𝐋𝐔𝐒𝐓 || 𝒉.𝒔.
Fanfiction| 𝐈𝐌𝐌𝐎𝐑𝐀𝐋 𝐋𝐔𝐒𝐓 | © 𝘍𝘢𝘯𝘧𝘪𝘤𝘵𝘪𝘰𝘯 [Daddy Dearest, dalla storia tradotta da @lollix08] ━ "Ho vissuto nell'istituto fin da quando avevo quattro anni. Le persone che erano lì, sia ragazzi che adulti, erano man m...