I nostri passi riecheggiavano tra le fredde e spoglie pareti del St. Davis. Lula e io percorrevamo gli alti corridoi dell'istituto con una frettolosa corsa, lasciando dietro di noi gli scalpiccii delle suole contro il marmo.Scartammo subito l'opzione di sgattaiolare fino alla cappella: avremmo solo perso più tempo e ci saremmo fatte beccare fin da subito.
Così afferrai la piccola mano di Lula e le dissi di stare al passo. Non la lasciai neanche quando raggiungemmo la rampa di scale che portava al piano terra.
Eravamo ormai ad un passo dalla nostra destinazione quando incrociammo due sguardi sorpresi, appena avemmo svoltato nel corridoio che conduceva alla cappella.
«Ma guardati !»
Arrestai all'improvviso quella frenetica corsa e quasi non scivolai a terra; Lula, che aveva già il respiro affannato, non fece in tempo a fermarsi per evitare di sbattere contro la mia schiena.
«La vecchia megera ti ha buttato giù dal letto, per caso ?» Eugenia fisso su di me uno sguardo derisorio, incrociando al petto le braccia snelle.
Jole, che le stava accanto, fece una risata; «Starà scappando da lei» affermò.
«Ditemi che non siamo in ritardo» pronunciai appena, a corto di fiato.
«Ma chi c'è con te ?» Jole ignorò totalmente ciò che dissi e increspò le labbra all'angolo della bocca. La osservai inclinare il capo a sinistra, per sbirciare alle mie spalle.
Lula intanto non si era ancora mossa: si massaggiava il naso col palmo della mano, stringendo gli occhi dal fastidio. Doveva aver picchiato il naso contro di me, durante lo scontro.
«Ah ma è Lula !» esclamò la bionda, col tono più alto di un ottava.
Eugenia, prese a farmi un sorriso malizioso, prima che mi facesse un cenno col capo per indicare un punto indefinito alle mie spalle.
A stento tratteneva le risate mentre, finalmente, rispondeva alla mia domanda con fare canzonatorio:
«Siete giusto in tempo per la predica»
Suor Agnes mi afferrò per la spalla con una stretta forte e decisa, girandomi in un sol colpo verso di lei. Le dita tozze delle sue mani avevano arraffato sia me che Lula.
Il suo naso paffuto era arricciato e le labbra sottili pressate con veemenza l'una contro l'altra, in un'espressione furibonda.
«Pensavate davvero di farla franca, voi due miserabili canaglie ?»
E nel mentre che quella grassona mi parlava come un libro stampato -un libro stampato colmo d'ira, per intenderci- io non potei fare a meno di pensare che, di quella sfiga, non mi sarei dovuta sorprendere.
Avevo già sprecato la mia dose di fortuna per non esser stata beccata durante la fuga. Non potevo pretendere che le cose sarebbero andate per il verso giusto durante tutto il resto della giornata.
Era la legge della sorte.
«Avete per caso dimenticato qual è l'ora della sveglia ? Per il demonio, cosa stavate facendo ?» si lamentò.
Con la coda dell'occhio vidi Lula strattonarsi qua e là per cercare di allentare la presa che Suor Agnes aveva sul suo avambraccio -gracile com'era, non sarebbe mai riuscita a scrollarsi di dosso le mani taurine della sorvegliante.
Era ovvio che avesse paura.
Lei non era come me: ai rimproveri e alle sgridate non c'era abituata. E io ovviamente, di guai, non ne avevo mai abbastanza.

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𝐈𝐌𝐌𝐎𝐑𝐀𝐋 𝐋𝐔𝐒𝐓 || 𝒉.𝒔.
Fanfiction| 𝐈𝐌𝐌𝐎𝐑𝐀𝐋 𝐋𝐔𝐒𝐓 | © 𝘍𝘢𝘯𝘧𝘪𝘤𝘵𝘪𝘰𝘯 [Daddy Dearest, dalla storia tradotta da @lollix08] ━ "Ho vissuto nell'istituto fin da quando avevo quattro anni. Le persone che erano lì, sia ragazzi che adulti, erano man m...