🎚 MGMT- Little Dark Age
Per le undici e un quarto circa, il cielo si era calmato: la pioggia cessò di cadere e le nuvole di brontolare. Dietro di se, la tempesta aveva lasciato un'atmosfera uggiosa e spettrale, degna di un film di Tim Burton.
E con il cielo anch'io avevo trovato un po' di quiete, rifugiata sulle scalinate scricchiolanti del portico nel retro della casa, quasi come fosse una piccola zattera in mezzo ad un mare di... gasolio.
Quando il mio sguardo, per puro caso, incrociò la piscina all'angolo del giardino —o meglio, i contorni della sua ombra— pensai che forse, il mio soggiorno lì, non sarebbe poi stato del tutto un dramma.
Insomma, infondo avrei sempre potuto affogarlo.
Tuttavia, il motivo per cui volevo stare da sola non era quello di escogitare un modo per farlo fuori: quella quiete mi serviva perché potessi digerire l'idea di dover convivere con Harry per —almeno— i prossimi due anni della mia vita.
Avrei dovuto nuotare in mezzo a quel mare di gasolio; un mare dalle chiazze iridescenti ma l'odore acuto, dall'aspetto ammaliante ma il tanfo acre.
Ed era proprio così che m'immaginavo essere la vita con lui: semplicemente ingannevole.
Avevo bisogno di raccogliere i miei pensieri, anche per solo una manciata di secondi nell'aria fredda della notte, e avevo bisogno di farlo da sola...
«Per caso hai ritrovato la tua parlantina?»
...ma questo Harry non lo capiva.
La sua voce, profonda e marcata, mi sembrava come un coltello da cucina caldo e affilato che fendeva a metà un panetto di burro.
In quel momento però, mi prese tanto spiacevolmente quanto alla sprovvista: sobbalzai e lo guardai da sopra una spalla con gli occhi sgranati, quasi impaurita.
Se ne stava sulla soglia della porta, con le mani cacciate nei pantaloni neri e un mezzo sorriso sul volto.
Mormorai una piccola imprecazione prima che mi voltassi di nuovo e tornassi a guardare il nulla davanti a me.
Quello sarebbe dovuto essere un invito ad andarsene, ma nonostante lo avesse colto —e sapevo bene che lo aveva fatto— Harry sembrava intenzionato ad ignorarlo.
Sentii i passi delle sue Brogue nere calpestare il pavimento in legno del portico; ad ogni colpo, sempre più vicine.
«Meglio così: non sono uno che ha molta pazienza —riuscivo ad immaginare il ghigno beffardo che doveva avere in volto mentre mi parlava— e certi modi di fare non riesco proprio a sopportarli»
Beh, avrei potuto dire la stessa cosa.
Percepivo la sua figura statuaria vicino a me e fu come se sulle mie spalle vi incombesse un peso scomodo, ingombrante, qualcosa che di certo non riuscivo proprio a sopportare.
E se già allora le mie dita tremavano, dovetti contenermi dal sussultare come un coniglio quando si sedette vicino a me, sulla zattera.
Strinsi le ginocchia al petto e mi scostai di lato; tutto pur di riconquistarmi un po' del mio spazio personale.
Ci furono una manciata di secondi di puro silenzio, in cui io serravo la mascella e lui mi squadrava il viso come in cerca di qualcosa.
Odiavo la sua dannatissima sfacciataggine.
Quando finalmente girò gli occhi altrove, parlò:
«Togliti quel muso lungo dal viso —disse con tono asciutto— non ho nulla da dire a Chelsea»
Con la coda dell'occhio potei vederlo sistemarsi il colletto della camicia a righe gialle e nere; era ovvio che voleva farmi credere che non ci fosse nulla di cui mi sarei dovuta preoccupare.
Di fatti, la sua voce assunse poi una sfumatura particolare nel dirmi che...
«Rimarrà un segreto tra te e me, diciamo così»
Lo diceva così, con noncuranza e disinvoltura. Ma sapevo bene che dall'altra parte del tavolo da gioco, quel segreto, nelle sue mani, era niente di meno che un arma: lo avrebbe usato come una minaccia, un ricatto, qualcosa con cui controllarmi.
Presi una distrazione nel giocare con i lacci sporchi delle sneakers. Tenni le labbra pressate l'una contro l'altra e una bolla di silenzio ci schiacciò nuovamente.
Volevo rivolgergli parola meno di quanto fosse necessario, ma il mio silenzio avrebbe mai potuto scalfire un uomo del suo temperamento?
Ovvio che no.
«Tu non avevi la più pallida idea di chi fossi, quella sera. Non è così?» mi domandò, continuando a far riferimento alla sera dell'Infinite; al nostro secondo-primo-incontro.
Dal suono delle sue parole si capiva quanto già fosse sicuro della risposta.
«Eppure non sono cambiato poi molto dall'ultima volta che mi avevi visto —commentò divertito— non quanto te, almeno»
Mentre lui si ostinava a prendere discorso, mi ritrovai a ripercorrere con la mente tutta la confusione che quell'incontro mi aveva arrecato. Ritornarono le ombre di tutte le domande che mi avevano assalito quando ancora non sapevo chi lui fosse.
Ritornarono e poi, in quel silenzio, le assi della zattera presero a scricchiolare.
Riuscì a darsi da solo una risposta alla domanda sospesa con un sicuro 'come immaginavo', intanto che quelle assi si spezzavano del tutto.
Poi, in pratica, affondai:
«Mi hai rovinato la serata»
Avevo parlato tutto d'un fiato, con fare impacciato. La rabbia mi era salita come una sbronza improvvisa e senza darmi neanche il tempo di rendermene conto, mi aveva già accecata.
Oramai ero caduta in acqua.
«Ti avrei rovinato la serata?»
«E stasera... tu... —mi si annodò la lingua, perché non sapevo neanche da dove iniziare con quella sfuriata —chi sei tu per... senti, non ne faccio un dramma, okay?! Sei tu che ti dovevi fare gli affari tuoi e lasciarmi divertire quella sera»
Intanto che spiegavo rozzamente le mie ragioni, le mie mani gesticolavano qua e là e i miei occhi vagavano d'ovunque eccetto che su di lui.
«E la sceneggiata di poco fa invece... Ma scusa, ma cosa credi di fare? Mettermi paura?» ogni parola che pronunciavo mi scendeva fuori dalle labbra come un soffio d'aria infuocato che si condensava nell'aria fredda.
«Tu non immagini nemmeno quanto sei irritante! Con quel modo di fare, arrogante pallone gonfiato che non sei altro, tu... tu pensi bene di minacciarmi!»
Affondai lo sguardo nel suo solo quando terminai le parole...
«Credi davvero di intimidire una come me?!»
...e lo scontro fu brutale.
Nel volto di Harry non sapevo cosa leggervi: non lasciava intravedere il minimo segno di reazione. Quello che avevo detto non lo aveva fatto arrabbiare, né lo aveva istigato a stuzzicare la mia indole permalosa ancora una volta.
Pronunciò semplicemente due parole, e fu come se gli sentissi proferir parola per la prima volta dopo anni:
«Hai finito?»
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03January2021
Con un ritardo imperdonabile ecco
il 15esimo capitolo
Come sempre, fatemi sapere
cosa ne pensate ✨
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𝐈𝐌𝐌𝐎𝐑𝐀𝐋 𝐋𝐔𝐒𝐓 || 𝒉.𝒔.
Fanfiction| 𝐈𝐌𝐌𝐎𝐑𝐀𝐋 𝐋𝐔𝐒𝐓 | © 𝘍𝘢𝘯𝘧𝘪𝘤𝘵𝘪𝘰𝘯 [Daddy Dearest, dalla storia tradotta da @lollix08] ━ "Ho vissuto nell'istituto fin da quando avevo quattro anni. Le persone che erano lì, sia ragazzi che adulti, erano man m...
