Augustin *Investigation Agency 2*

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Alan aveva fatto chiamare Irvin, e ora questi, mentre stava di fronte all'uomo che gli aveva distrutto gli ultimi dieci anni della sua vita, manteneva la sua solita flemma.
Lo fissava con un sopracciglio alzato, mentre dava ordini ai suoi uomini e al figlio, che invece non lo degnava di uno sguardo.
Lui gli aveva lanciato uno sguardo di sufficienza per poi mettersi a giocare con il telefono, mentre fingeva completo disinteresse alla discussione.
Anche se dentro bruciava dalla voglia di uccidere Alan. Ma dovevano prima scoprire come faceva quell'uomo a tenere in pugno il figlio.
Sapeva che qualcuno era stato mandato in una casa di cura per ricchi, con la speranza di trovare notizie, o di capire cosa in realtà facessero in quel posto.
Il cellulare gli era stato sistemato dai tecnici della squadra Talisman, che ora stavano ascoltando, vedendo e registrando ogni parola che Alan diceva.
Se tutto fosse andato secondo i piani, entro qualche settimana quella storia sarebbe finita.
Non era facile continuare a fingere, ora che sapeva come stavano le cose. Forse era troppo emotivo e Jago lo aveva intuito, per quello non gli aveva detto nulla. Quello che non sapeva però, era se A.J. fosse a conoscenza o meno che in realtà erano dalla stessa parte.
E inoltre se sapesse che lui non era cambiato, che non aveva mai ammazzato nessuno. Lanciò un rapido sguardo verso gli uomini di Alan, studiandoli. Alcuni avevano molta paura di lui e della sua presenza. La fama da killer senza scrupoli serviva a quello. E a poterli osservare anche da molto vicino. E lui conosceva ogni cosa di ogni persona, a differenza di Alan che sapeva la metà delle cose. Ogni tanto gli passava qualche informazione, ma sempre di poco conto.
Ora il suo obiettivo era solo quello di mandare Alan in un carcere di massima sicurezza e che A.J. fosse libero con sua madre.
Lanciò una breve occhiata verso di lui, per poi tornare ai suoi giochi. Non degnando più nessuno di attenzione, almeno così doveva sembrare.
Era attento ad ogni cosa e ascoltava ogni sillaba. Ma non fiatava, né rispondeva.
-Irvin...che dici dei miei soci?-
Distratto dal gioco fece una smorfia infastidita, per poi alzare lo sguardo verso Alan. -Sono ricchi, viziati, e sanno godersi la vita.- Abbassò gli occhi ritornando sul gioco.
Qualcuno emise un grugnito. -Ci servino più notizie...- sibilò quello.
Irvin alzò lo sguardo su di lui e gli lanciò un occhiataccia. -Cosa vuoi sapere? Quante volte vanno in bagno? Se hanno degli "amanti" o se hanno delle mogli, o delle figlie nascoste sotto falsi nomi?- Lo fissò negli occhi comunicandogli qualcosa, che l'altro capì e non fiatò più.
Nessun altro ebbe da ridire nulla, e chiusero l'argomento.
Irvin si rimise a giocare con il suo cellulare e la riunione terminò poco dopo.
-A.J. voglio che ti porti Irvin alla riunione con il colombiano...-
-No! Perché devo portarmelo dietro?- Ringhiò il figlio.
-Perché ho deciso così. Ti farà da guardia... Irvin tu hai nulla da dire?- Alan guardò il giovane che continuava i suoi giochi sul telefono.
-Anche se avessi da dire qualcosa, non te ne fregherebbe un cazzo, quindi accompagnerò il poppante al suo incontro...-
Alan sorrise serafico guardando il figlio. -Vedi? Lui sì che è un bravo cane fedele! Devi circondarti di gente così nella vita, nel tuo futuro. Può essere gente che odi, ma servono allo scopo. E non ti tradiranno mai, se sai come tenerli per le palle.
A.J. sbuffò ma annuì al padre, lanciò un occhiataccia all'altro che non lo degnò di uno sguardo, alzandosi e andando alla porta. -Vado alla macchina...- Disse semplicemente uscendo.
-Non ti fidi di me?- Chiese A.J. al padre.
-Non mi fido del colombiano. Preferisco ci sia Irvin a proteggerti, che altri uomini.- Rispose semplicemente facendo un gesto con la mano perché andasse al suo appuntamento.